La privacy è sopravvalutata

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La privacy ormai è un sogno che appartiene al passato, da quando ho sentito quel "410" e mi hanno consegnato le chiavi di quella stanza.

La camera è abbastanza grande, due letti, due persone, ma il livello di intimità che implica vivere con una persona ventiquattro ore su ventiquattro, con un estraneo per giunta, quello non l'avevo messo in conto.

Era stato tutto molto graduale a dire il vero, c'è stata quella volta in cui Gaia, distratta dai suoi pensieri post-puntata e senza rifletterci, si era tirata via il top e l'aveva scaraventato sul letto e io avevo immediatamente distolto lo sguardo, o quella volta in cui lei mi chiese ripetutamente se in serata sarei rientrata da casa di mia zia o meno, lo fece con parecchia insistenza e io le avevo risposto che "No" non sarei rientrata e ci saremmo viste direttamente la mattina seguente, ignorando completamente il motivo della sua curiosità, per poi rientrare a casa intorno alle 23, aprire la porta convinta che le voci che venissero da dentro fossero solo la sua e quella di uno degli altri ragazzi della scuola per trovarmi invece davanti agli occhi una scena che tutt'ora vorrei dimenticare.

Inutile specificare che sono fuggita immediatamente e mi sono rifugiata in camera di Nyv per ben due notti di fila solo per evitare di guardarla negli occhi dopo averla beccata a cavalcioni sopra un tipo di cui non ho mai visto il viso, fortunatamente.

Non ne parlammo mai.

Pian piano i confini tra noi andavano sgretolandosi, lei non si faceva più problemi a cambiarsi davanti a me e io non sempre distoglievo lo sguardo in preda al panico.

Lei che quando tornava ubriaca mollava tutto sul pavimento davanti la porta, borsa, giacca, scarpe, buon senso e faceva solo quei tre passi necessari per spiaggiarsi sul mio letto, senza dire nulla io le scostavo i capelli dal viso un po' appiccicaticcio dopo una serata passata a ballare, le premevo un bacio contro il lembo di pelle a me più vicino e poi tornavo a dormire.

Non parlammo mai neanche di quello.

Tutto questo non avrebbe dovuto essere un problema.

Ma lo era.

Era diventato un gran bel problema.

Non ero ceca, e neanche stupida. Gaia era bellissima.

Incredibilmente bella.

Era il tipo di ragazza talmente bella che faceva tremare anche l'autostima di roccia della egoriferita più umile del gruppo, ovvero la mia.

Aveva un modo di fare ipnotico, il suo senso dell'umorismo ti metteva spesso al tuo posto senza troppi problemi, cosa non da poco per una come me.

Era proprio il tipo di ragazza per cui mi sarei presa una sbandata, con cui ci avrei provato spudoratamente e che mi sarei portata a letto. Quindi vivere con lei, beh, non era poi la situazione ideale. Sarebbe stata la mia coinquilina per un bel po' di tempo, non era una tipa a caso. Non aveva importanza quanto fosse bella o quanto a volte avessi la sensazione che anche lei ci provasse con me. Non era nulla di serio, qualche commento ambiguo, qualche sguardo strano, una tensione che si poteva tagliare con un coltello ogni volta. Sorrisetti tutto fuorché innocenti, zigomi a fuoco, il suo continuo inumidirsi le labbra in modo non poco esplicito e non abbastanza buonsenso per smetterla.

Non poteva succedere nulla.

Non doveva succedere nulla.

Dunque, stavo facendo del mio meglio per evitarla, anche quando vagava per la stanza con l'avambraccio stretto sul petto per reggere il telo e con l'altro braccio rovistava in giro per decidere cosa mettere. Ormai avevo la sensazione che lo facesse a posta a non prepararsi i vestiti prima di entrare in doccia. Infilavo il naso nel libro che avevo davanti a facevo finta di niente.

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