" first petal "

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Mercoledì 14 Luglio ; ore 17:32

Profondità,

vuoto,

silenzio, 

oceano. 

Come sarebbe se lo navigassi? per poi immergermi una notte sotto quell’acqua così misteriosa, e non sentire più nulla? L’oceano. Oceano. Mi diverte scrivere questa parola. Sempre visto come un sinonimo della mia vita, un qualcosa, un qualcosa che continua e continua, immenso, senza un senso, e più lo navighi e più si disperde; più ti immergi, più è buio e non trovi via d’uscita. Mi son sempre chiesto se, un giorno, potrò mai trovare questa via e vedere della luce, dei coralli colorati che mi facciano sorridere, qualche pesce che non sia uno squalo, qualche vita per darmi altra vita. Perché ora son  qui, a soli dodici anni, in una casa totalmente vuota. Mia madre se n’è andata quattro anni fa. Tutti penseranno che sia stata uccisa, che sia scomparsa, crepata, ma in realtà si trova solo in una comunità. Mio padre la giustifica ancora dicendo che non l’ha fatto apposta. La mia monotona risposta è:  “Ma ci si può drogare per sbaglio, papà?”
Le mie sorelle? Se ne fregano. Loro non danno peso a questa cosa,  sembrano totalmente ignare del fatto che nostra madre non ci sia più ad accudirci. In casa, loro, non ci sono mai. Non si sa nemmeno, quello che possano fare tutto il giorno fuori. Mio padre ed io ne abbiamo fatto un’abitudine, ormai; se tornano a casa la notte, ancor più tardi del solito,  è indifferente. Forse, per mio padre un poco di più.

Ho dodici anni,
e spesso sono in casa, sempre solo.

Ho dodici anni, e spesso evito il pranzo, perché non è mia madre a prepararlo.
Ho dodici anni, e passo le mie giornate a riflettere, passeggiare, scrivere. Mamma mi ha sempre detto che sono un bambino intelligente, ma credo che tutti i genitori lo dicano ai propri figli. 

Ho dodici anni, e non vorrei averli.
Forse, non vorrei proprio avere degli anni.

Penso spesso a come sarebbe stato aver un grande appartamento tutto mio, poi mi metto a ridere, perché è come se lo avessi già. Ho parlato di mio padre, ma in realtà è come se non lo conoscessi. Mi sento quasi in colpa d’averlo fatto.
Alla mattina, vado a scuola a piedi, poiché lui esce presto per lavoro e torna la sera tardi.  Non saprei di preciso a che ora, io mi addormento alle 23:07; sette minuti per lasciar spegnere la mente senza fretta. Non so nulla di lui, neanche quando è il suo compleanno vuole festeggiare, è così da quando mamma non c’è più. Personalmente, la trovo una cosa davvero stupida, io ho sempre amato i compleanni. Quando ero ancor più piccolo e mia madre sedeva in quel divano, la vita era diversa.
Fino agli otto anni, ogni estate, passavamo le giornate piene di spensieratezza, tutti insieme. Stavamo mattinate, se non giornate intere al mare, sotto il sole che picchiava violento, mentre il profumo della sabbia calda accompagnava le nostre voci. Al parco, vicino casa, il solito giardino pubblico del paesino, dove ci son tanti bambini proprio come me, o quasi. Ed io, io avevo tanti amici con cui stare, perché li conoscevo continuamente in giro per le strade del condominio. Quando ero ancor più piccolo e mia madre c’era, la vita era una vita d’emozioni.
 La cosa che mi manca di più, è la compagnia dei miei coetanei. Certo, a scuola li ho, ma posso solo ed unicamente considerarli compagni di classe; loro mi prendono in giro perché vivo da solo e si viene ovviamente suddivisi in base a scale economiche. Mi ricordo che, una volta, andammo con la famiglia in una città bellissima e grandissima, di cui però non ricordo il nome. Mamma diceva: “Questa è la città dei ricchi, non ti senti più grande, Loulou?”, e poi mi scompigliava i capelli. E poi, ricordo ancora il tocco delle sue mani dolci. In effetti era vero: ogni casa era illimitata, sembravan tutte ville, ed i ristoranti, i negozi, costavano tremendamente. Mamma e papà ci portarono perché avevano degli amici, in quella grande città. Una dimora, abnorme sia fuori che dentro, tutta decorata in ogni angolo, stanza e parete. Eran due piani, ricordo bene questo. Quella che ci abitava era una famiglia felice, ma felice davvero, ed io me ne posso ricordare solo ora. Una madre, un padre, e due figli. Sorridenti tutti e quattro, non sembravan aver nessun tipo di problema. Credo di aver giocato parecchio con loro, ed ora penso sia strano che io possa ricordare così tante cose di quando mia madre c’era (e dico parecchie perché in testa ho ogni singola gita, parola, persona, o persino gioco. )

Mosca cieca.

Sì, ora ricordo! Giocai a mosca cieca con quei due bambini, ed erano così divertiti nel vedermi inciampare in ogni dove. Sento di nuovo le loro risate entrare con prepotenza nella mia testa. Io mi mettevo a piangere, ero un bambino permaloso. Ad essere onesto, lo sono tutt’ora, ma ormai riesco a ragionare, prima di piangere. Mi chiedo spesso come facciano i più piccoli a non pensare, e dare importanza a cose inutili, come il riso divertito di due bambini che continuano a chiamarti, prenderti in giro quando cerchi di acchiapparli. Ma inciampi, sui tuoi stessi piedi, e cadi. Penso che un piccolo riassunto della mia vita sino ad ora, sia questo stupido gioco.
Capelli ricci. Sentii dei capelli così morbidi, quel giorno. Li vidi, con due paia di occhi chiari e sorrisi immensi, ingenui, di due fratelli, figli di genitori di una famiglia ricca. Io piangevo, ma credo di non aver mai pianto così tanto come quando non sentii più la presenza di mia madre, in quella casa. In questa, casa. Beh, parlo di “quella” perché ora sono fuori, in questa sorta di giardino che ci ritroviamo. L’erba è così secca che l’odore riesce a darmi il voltastomaco. Abito in un condominio a tre piani, con vari appartamenti. Il mio è al terzo, ovviamente, e non esiste neanche l’ascensore. Ora è estate, il 14 Luglio di preciso, ed ho passato un mese a far niente, se non pensare al passato ed al presente della mia vita. Quasi spaventoso per un bambino della mia età. Solo oggi, però, ho deciso di scrivere, tanto per cambiare. Mi aiuta a liberarmi; chissà se un giorno comincerò a pensare al futuro. Per quello, credo ci voglia un aiuto. Un aiuto un po’ speciale, un mio sforzo un po’ speciale.

Ho voglia anche di viaggiare. Magari, mi informerò sulle “città dei ricchi” da poter visitare nuovamente, ma non da solo. Troverò compagnia? Per ora, posso solo proseguire la mia vita da fanciullo, grazie a quella piccola forza che ho acquistato nel corso di quest’ultimi quattro anni. Non ho mai pensato potesse esistere uno ‘stop’. Stop. Stop. Mi diverte scrivere questa parola. Il momento in cui devi cominciar a camminare da solo, senza scusanti. Perché poi, chi ti rialza, se cadi?

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