Era un giorno come tutti gli altri, come ogni giorno di quella estate: il sole caldo si era alzato placidamente da qualche ora e brillava biondo come le spighe di grano, un leggera brezza spostava le chiome degli alberi e il buon Pietro, postino del quartiere di quella città che contava ottantamila anime circa, andava in giro fischiettando un motivetto simile a quello dei pochi uccellini rimasti. L'ultima busta nella sua sacca era destinata ad un giovane di diciassette anni: Derrick Black. Una volta ricevuta la busta il ragazzo e sua madre Rosa, visibilmente agitata, mentre il giovane era impassibile, la aprirono. Era un giorno particolare per entrambi perché: diciassette anni prima, in una periferica stradina di Chicago, papà Derrick perse la vita in un incidente d'auto; quando sua moglie stava partorendo: per quello il figlio portava il nome del padre. La famiglia si era trasferita in Italia (paese materno di lei) quando il giovane aveva solo nove anni. Derrick aveva ereditato la carnagione chiara della madre anche se il motivo per cui si contraddistingueva dagli altri erano i suoi occhi: neri come il suo nome, profondi, che non lasciavano trasparire altro che serietà e la sofferenza della sua infanzia. La busta conteneva un foglio intestato riportante uno scudo rosso, diviso da una croce bianca e quattro leoni dorati ruggenti: era stato ammesso a frequentare un anno di studi alla università di Cambridge. Rosa iniziò a piangere e a congratularsi col figlio che però non mostrò alcuna emozione: pensava solo a non deludere suo padre, a finire gli studi, e concentrarsi su una delle sue passioni: la pallacanestro o le scienze.
Due settimane più tardi, valige alla mano, Derrick sbarcava all'aeroporto di Londra, dove lo attendeva un taxi per portarlo a destinazione. Primo giorno di studi, 4 settembre, la sveglia trillava, molesta come sempre, nel dormitorio del ragazzo che si vestì velocemente con quel poco che aveva disfatto della valigia: un paio di jeans neri e una maglietta, anch'essa nera con due strisce rosse sulle spalle e il muso di un toro rosso e bianco stampato sul cuore: era appartenuta al padre. Dopo quelle che sarebbero dovute essere delle interessanti ore di lezione, Derrick passeggiava per il campus, quando, sul campo da basket, notò quello che pensava fosse un miraggio: una lunga chioma di lisci capelli ramati, che si muoveva placida cullata dal vento e incorniciava due occhi azzurri, freddi come il ghiaccio a cui dovevano il loro colore, che si stagliavano sul viso angelico di una ragazza di diciassette anni intenta a giocare. Erano passati forse dieci, quindici minuti, o tutto l'anno, Derrick non ricordava da quanto tempo la stesse fissando, lei alzò gli occhi: il ghiaccio venne invaso dall'oscurità del nero e una luce invase per qualche attimo quegli occhi cupi, facendoli brillare come mai prima. Si guardarono come nessuno dei due aveva mai fatto verso un'altra persona, qualche parola bisbigliata, in quello che voleva essere un buon inglese, e quegli sguardi, fecero arrossire la ragazza che ormai era arrossita a tal punto che assomigliava al sole che stava per tramontare, insolitamente presto.
<< Ciao, sono Derrick ti andrebbe di fare una passeggiata domani? E come ti chiami?>> disse Derrick tutto d'un fiato, senza pensare a niente, avendo ormai in testa solo lei. << Ginny >>, disse lei con la voce stranamente tremante, emozionata, dimenticando anche lei di parlare normalmente << certo, domani pomeriggio dopo l'ora del professor Winchester >>. Improvvisamente, tutto d'un tratto, si resero conto di essere nella stessa classe, ma non si resero conto che era già scattato qualcosa, che li avrebbe destinati a stare assieme.
La notte fu agitata per entrambi, non pensavano ad altro che a quell'incontro, specialmente Ginny: era convinta di avere trovato finalmente una persona su cui contare, una persona che non la avrebbe trattata come le era successo in passato. Finalmente il momento tanto atteso arrivò, le quattro di un caldo pomeriggio inglese, sferzato dal solito venticello che si divertiva scompigliarle i capelli, Ginny arrivò davanti all'enorme portone della scuola: era di cedro, ricco di intarsi dorati di leoni e altri animali simbolo di potere e nobiltà, lì la attendeva Derrick, che indossava una camicia a maniche corte, bianca che creava un lieve contrasto con i suoi occhi neri e il pesante maglione bordeaux di Ginny.