CAPITOLO UNO!

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Era la magica sera dell'ultimo dell'anno, in quell'albergo di montagna. Una bellissima neve bianca e scintillante copriva ogni cosa, le stelle brillavano nell'aria frizzante e limpida, e i villeggianti erano sempre più coinvolti dall'atmosfera di festa. Tutti tranne Troy Bolton e suo padre, Jack, che erano ancora in palestra a giocare a basket uno contro uno. Grondavano sudore, ma si stavano divertendo troppo per smettere. La palla era nelle mani di Troy, che se la stava cavando piuttosto bene nel confronto con il padre. Non per niente Troy faceva della squadra di basket del liceo; anzi, ne era addirittura il capitano. Aveva l'agilità e la potenza esplosiva dei veri campioni. Jack Bolton, però, non era soltanto il padre di Troy, bensì anche l'allenatore della squadra di basket dello stesso liceo, e quindi, mentre giocavano, dava consgli al figlio.
« Continua a girare a sinistra, Troy, » disse Bolton senior. « L'avversario che dovrá curarti nella finale di campionato resterá spiazzato. Lo farai impazzire. » Troy, ansimando, annuì. « Girare a sinistra... »
«Lui tenderà a guardare al centro, e tu, invece, partirai per la tangente, » gli spiegó il padre-allenatore.
Troy annuì nuovamente. «Così? »
Aggiró di scatto il padre, saltò e andò a canestro in sottomano rovesciato. Il pallone si infilò nella retina con un ciuff perfetto. Il ferro non era stato neppure sfiorato!
Suo padre sorrise. «Bello. »
Troy ricambiò il sorriso. Non c'è niente di meglio che giocare a basket quando ci si sente così in forma! Sarebbero andati avanti per tutta la notte, ma proprio in quell'istante entrò in campo la madre di Troy. Indossava un vestito da sera interamente coperto di paillette, e il basket non occupava il benché minimo spazio nei suoi pensieri.
«Ehi, ragazzi, ciao! », disse con voce squillante.
Quando fu certa di a aver ottenuto la loro attenzione, aggiunse: « Siamo davvero venuti fin qui solo per continuare a giocare a basket? »
Troy e suo padre si scambiarono un'occhiata d'intesa. Sapevano che quella domanda non esigeva necessariamente una replica, ma decisero di rispondere ugualmente. All'unisono, stringendosi nelle spalle, esclamarono: « Certo! »
La signora Bolton sospirò esaspera. « È l'ultima sera di queste vacanze. C'è la festa... Ve ne siete dimenticati? »
In effetti, padre e figlio si erano completamente scordati del veglione di Capodanno organizzato dai gestori dell'albergo in cui soggiornavano, ma sapevano bene che non sarebbe stato saggio ammetterlo. «No, no, tranquilla, » disse alla svelta il signor Bolton. « C'è il veglione, lo sappiamo. » Ebbe una breve esitazione e poi aggiunse, un po' intimorito : « Dobbiamo metterci quei copricapo ridicoli?»
«Assolutamente, » rispose lei in tono inflessibile. «E siamo attesi tra mezz'ora. Tu, Troy, potrai andare alla festa dei piccoli che hanno organizzato al Freestyle Club. »
«Festa dei piccoli? » domandò contrariato Troy. Non era mica un neonato!
«Dei giovani adulti, » precisò subito sua madre. «Ora andate a farvi la doccia.»
Benché di malavoglia, Troy e suo padre fecero come lei aveva ordinato.
Rivolgendo un'ultima occhiata al campo da basket, Troy pensò " La finale di campionato si giocherá tra un paio di settimane! Dovrei allenarmi, invece di andare a queste stupide 'feste dei piccoli'! E poi, che divertimento c'è a stare in mezzo a una masnada di ragazzini? "

Nello stesso momento, in un'altro punto dello stesso albergo, un'altra madre stava distogliendo la propria figlia da un'attività diversa, ma altrettanto coinvolgente.
Gabriella Montez era comodamente accoccolata su una poltrona super-imbottita nella zona a giorno nella loro stanza. Si stava godendo la pace e il silenzio - la gente era già tutta alla festa - e si era completamente immersa nella lettura di un volume intitolato Se solo tu mi conoscessi. Era il libro migliore che le fosse capitato per le mani da... Bé, dal precedente che aveva preso in prestito in biblioteca, e non vedeva l'ora di arrivare alla fine.
E invece non riuscì neanche a terminare la pagina che stava leggendo in quel momento. Il libro le fu sfilato dalle mani, e lei, alzando gli occhi, vide sua madre in piedi davanti alla poltrona.
«Gabby, è la sera dell'ultimo dell'anno, » disse la signora Montez. «Non è il momento di leggere. »
«Ma mamma, ho quasi finito e... » obbiettó Gabriella.
La madre scosse la testa. «C'è una festa per i ragazzi della tua età, » rispose con un tono che non ammetteva repliche. «Ti ho preparato il tuo vestito migliore. Va'. »
Gabriella addocchiò lo scintillante vestito da sera che sua madre aveva addosso e sospirò. Non poté far altro che riconoscere la sconfitta.
Annuì, ma domandò: «Posso riavere il mio libro? »
La madre glielo restituì, e Gabriella andó in camera sua a cambiarsi. Non appena si fu sottratta allo sguardo della madre, però, riaprì il libro e si mise a leggere camminando.
Poteva anche rassegnarsi all'idea di andare a una stupida festa di ragazzini, pensò, ma non aveva intenzione di spegnere l'interruttore del suo cervello se non all'ultimissimo istante.

Poco dopo, Troy e Gabriella erano alla festa dei ragazzi, e si sentivano come pesci fuor d'acqua. Quel posto era strapieno di sghignazzanti mocciosi che indossavano ridicoli cappelli e soffiavano nelle classiche trombette di cartapesta arrotolata.
"Gli altri sembrano tutti diversi come matti," pensò Troy, imbronciato. Si era fatto la doccia e si era messo dei bei pantaloni e una camicia stirata, ma l'unico posto in cui sarebbe piaciuto trovarsi era il campo da basket.
In un altro angolo del locale, Gabriella era seduta in disparte con addosso il vestito che sua madre aveva scelto per lei. "Potrei essere nella mia stanza a leggere,"pensò mestamente. "Ero proprio sul più bello..."
Nessuno dei due si stava minimamente divertendo.
La maggior parte dei presenti assisteva a una competizione di karaoke che era in pieno svolgimento su un piccolo palcoscenico rialzato. Due adolescenti finirono in quel momento la loro esibizione, è il presentatore trillò entusiasta: «Niente male per essere due che di solito fanno snowboard,eh?»
Il pubblico applaudì, è il presentatore cominciò a guardare in giro alla ricerca di qualcun altro disposto a cimentarsi con il karaoke in una sala stracolma di persone. Le luci dei riflettori roteavano sopra la gente, mentre la musica risuonava sempre più forte, per far "pompare" altra adrenalina ai partecipanti alla festa.
«Bene, bene...» disse il presentatore al microfono. «Vediamo un po' chi saranno i prossimi a deliziare la platea...»
Era un segnale concordato. La musica tacque. I riflettori scelsero i due nuovi "volontari" del karaoke.
Un occhio di luce si fermò su Troy.
L'altro su Gabriella.
Reagirono entrambi con sorpresa, persino con un po' di spavento. Scossero la testa, ma non ci fu niente da fare. Il presentatore saltò giù in platea e li spinse sul palco.
Troy e Gabriella avevano un'aria mortificata. Senza neppure rendermene conto, si trovarono ciascuno con un microfono tra le mani. Erano in trappola. Sotto le luci della ribalta. E senza possibilità di fuga. Prima che l'uno o l'altra potessero svenire o stare male per l'emozione, la musica ripartì.
"Vabbè,"Pensò Troy, rassegnato. "Converrà farsene una ragione..."
Cominciò a cantare a voce bassa, cercando di concentrarsi, ma le parole gli uscivano a fatica. Non poteva far altro che cercare di seguire le parole sullo schermo, senza stonare, magari.

Livin' in my own world-chiuso nel mio mondo
Didn't understand-non mi rendevo conto
That anything can happen-che tutto può accadere
When you take a chance.-se scegli di rischiare.

Nessuno sembrava prestare loro una particolare attenzione. E questo era un bene, pensò Gabriella. Per il resto se quel ragazzo era disposto a rischiare l'umiliazione in pubblico lei gli avrebbe fatto compagnia e avrebbe a sua volta provato a cantare.
Schiuse le labbra e attaccò.
La sua voce, benché fosse poco più di un sussurro, suonò dolce e limpida.

I never believed in-non avevo mai creduto
What I couldn't see-a quel che non vedevo
I never opened my heart-non avevo mai aperto il moo cuore
To all the possibilities.-a tutte le possibilità.

"Ma si," pensò Gabriella. "Ce la posso fare. Non è poi così terribile."
"Vabbè," rifletté Troy. "Perlomeno, il pubblico non ci sta tirando i pomodori."
Erano sicuramente troppo nervosi per cantare a pieni polmoni, ma continuarono a interpretare quella ballata una strofa per uno.
A un certo punto si voltarono l'uno verso l'altra, in cerca, forse, di una qualche solidarietà nell'imbarazzo. E quando finalmente si guardarono, sperimentarono entrambi una sensazione che non avevano mai provato prima.
Troy sentì come una scossa elettrica a livello epidermico. Gabriella si sentì pervasa da un intenso calore. Si sorrisero, e cominciarono a cantare guardandosi in faccia. Cantarono più forte, con più coraggio e convinzione.
All'improvviso, tutti parvero accorgersene: sul palco stava succedendo qualcosa di speciale!
I ragazzi si affollarono sotto il palco, per ascoltare e muoversi a tempo con la musica. Troy e Gabriella cominciavano anche loro a prenderci gusto. Il nervosismo di poco prima era ormai dimenticato, e i due ora si sorridevano guardandosi negli occhi.
In men che non si dica, si ritrovarono a ballare, facendo avanti e indietro sul palco come se fossero in scena a teatro. Continuando a muoversi al ritmo della musica, non smisero di guardarsi neppure per un attimo.
Quando la canzone terminò, la folla proruppe in applausi e acclamazioni. Troy e Gabriella sorrisero, a corto di fiato, ancora sbalorditi per quel che era appena accaduto.
Troy si avvicinò alla ragazza e le disse: «Io mi chiamo Troy.»
Lei annuì. «Piacere, Gabriella.»
Nessuno dei due riusciva a smettere di sorridere. Provarono entrambi una strana euforia, come se il mondo fosse diventato all'improvviso molto più bello e divertente di prima.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 07, 2016 ⏰

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