4.
Nella realtà delle cose, spesso, ci sono dei retroscena di cui i protagonisti sono inconsapevoli. Solo chi scrive e crea sa, e a mio dire, non poi mica tanto. Inventa, certo, rubacchia come Birdie dalla realtà, poi modella il tutto sulla base di un'idea che si sviluppa pian piano.
Eppure, quando è la realtà che si sta vivendo, quando la mano che scrive non ci appartiene, è difficile scoprirne il retroscena.
Noi che siamo "da questa parte", io che scrivo, voi che leggete, potremmo forse sapere piccoli dettagli sconosciuti a loro, loro che stanno dall'altra parte.
Potrei dirvi che, contrariamente ai pensieri di Namid, Birdie sapeva della sua esistenza, allo stesso modo in cui si sa dell'esistenza delle cose che ci stanno attorno. Per Birdie non serviva sapere il nome di quella ragazza (nome che noi sappiamo essere quello di Namid) per sapere che lei esisteva. Solo che, in un punto ben lontano da quello in cui è iniziata questa narrazione, Birdie aveva immaginato che la ragazza fosse lì per Diego, perché fra i retroscena c'è quel dettaglio che l'ha portata a fraintendere la presenza di Namid nella caffetteria: dal momento che molte ragazze frequentavano il luogo per il bel banconista, lei aveva immaginato che anche lei fosse lì per quello, e della timidezza di Namid ne aveva fatto una virtù per cui faceva il tifo e, quando ci scherzava con Raphael, la chiamava in quel modo, seguendo quell'unica deduzione plausibile che l'aveva portata a una serie di conclusioni su cui, di tanto in tanto, fantasticava.
Raphael, d'altro canto, nutriva una strana simpatia per lei, data dall'affinità che sentiva per gli animi pacati e quieti, quelli dentro cui c'è una tempesta placida che scuote ma non distrugge, onde che s'impennano verso il cielo senza emettere il benché minimo rumore. Forse, pensava, anche lui si stava facendo trascinare dalle fantasie di Birdie.
Noi che siamo da questa parte, a differenza loro, abbiamo sempre una visione più completa ed esaustiva, come adesso.
Forse sarebbe bastato che Birdie e Namid s'incrociassero sull'uscio della caffetteria, che Birdie le domandasse della sera prima, che Namid s'accorgesse che loro sapevano dalla sua esistenza, perché la storia prendesse una piega diversa.
Un paio di chiacchiere adesso, un altro po' la volta successiva, una conoscenza senza impegno, poi un'amicizia pacata, poi chissà.
Eppure, anche adesso, ogni cosa sembra proprio esser stata messa al posto giusto in cui avrebbe dovuto essere.
Se solo Birdie, per esempio, avesse sentito il sussurro di Namid, chinata sulle ginocchia, il muso della gatta di Leah fra le mani, una confessione silenziosa fatta contro due baffi lunghi, una confessione tenuta al sicuro, al di là di qualsiasi orecchio indiscreto, una confessione che pareva più una domanda... forse, in quel caso, ogni cosa avrebbe preso una piega differente e l'intera storia si sarebbe capovolta, magari mi sarebbe sfuggita di mano, o forse ne avrei visto ancora più dettagli di quanti mi siano permessi adesso.
Nell'attimo in cui Raphael infilava il cappotto e spegneva le ultime luci della cucina, Birdie controllava il profilo Instagram di una ragazza dal nome che mai aveva sentito prima che le aveva appena messo il follow ma non aveva nessuna foto del proprio viso; c'erano foto di libri e di paesaggi, animali e cibo, nessun volto, mai. L'ultima foto postata era di qualche minuto prima della richiesta; c'era l'interno del Morph da sfondo e tre drink in primo piano. Quasi le venne da sorridere, e pensò fosse della ragazza della caffetteria. Raphael le cinse il fianco con un braccio e le schioccò un bacio sulla tempia.
In quell'attimo, un'altra persona sorrideva.
Era Leah, chiusa in bagno, col cellulare rubato a Namid fra le mani. Le aveva sempre detto che mettere una password era fondamentale. Sperava solo che l'amica, una volta scoperto ciò che aveva fatto, non avrebbe dato di matto.
Sempre nell'attimo in cui Leah sorrideva immaginando quella Birdie a chiedersi che origini avesse il nome Namid, quest'ultima, distesa sul divano di Leah, coccolava la gatta e, nel silenzio dei loro pensieri, le confessava qualcosa che suonava più come una domanda, quasi le stesse anche chiedendo il permesso di fare o pensare qualcosa: «Luna, Luna... pensi che sia mai possibile prendersi una cotta per una coppia? Cosa si fa in situazioni come queste?»
Luna, la gatta, non sapeva che quella Namid dagli occhi più grandi dei suoi l'aveva perfino cercato su internet, senza trovare alcuna risposta, nemmeno un misero Wikihow.
Noi, noi sappiamo tutto questo solo perché stiamo dall'altra parte. Milioni di piccoli retroscena che sostengono l'impalcatura di una storia a cui, però, ancora manca il finale, qualsiasi esso sia.
Ed è per questo che la storia così com'è raccontata è finita prima ancora che vi accorgeste che stava per finire, ma non è finito il proseguimento delle loro vite. Solo, non ci è raccontato. Un po' come non ci è raccontato il nostro.
E così, non ci resta che accontentarci di un finale che non c'è.
Non ancora.
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When birds sing under the dancing stars {LGBT+ 🌈} [OneShot]
Short Story«Fece per pronunciare il suo nome, ma quello le rimase ingabbiato fra le labbra.» O voi che sostate davanti questa storia, entrate, prego, accomodatevi pure...