Il gioco della rinuncia

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Non c'ha mai capito nulla, di amore. Non ci ha mai capito nulla, a tal punto che non sa manco se l'abbia mai provato, se quell'emozione, quel sentimento – come lo definiscono le persone? - sia esistito concretamente, abbia abitato davvero il suo corpo. L'ha ricercato nei libri, in quei romanzi esistenzialisti che lo raccontano come qualcosa di struggente e terrificante al contempo, qualcosa di incredibilmente simile all'odio per la sua forza annichilente, eppure diametralmente l'opposto di esso.

Ma lui lo sa, che chi non è capace di amare non sa odiare.

Levi non sa cosa significhi odiare, anche se quelle farfalle-spasmi-vuoti nello stomaco, come tanti scrittori definiscono con la licenza poetica quel senso di nulla, di fame e nausea insieme, è più che certo di sentirli. È sordo al loro richiamo, non ha voglia di ascoltarli, mentre cammina a passo lento sul marciapiede sozzo del suo palazzo, Lilo che alza la gamba per urinare vicino alla campana dell'immondizia. Eren sta arrivando, come ha fatto poche sere prima, e poi una settimana fa, e quella ancora precedente.

Ha voglia di parlargli e dirgli che ha sbagliato, ad invaghirsi di lui. È trascorso solo un minuto ed ora non vuole più, non vuole più dirgli nulla, se non "Torna a casa, dai. Non è cosa stasera." Fa troppa paura confessare, quando sa che essere corrisposti sia un'utopia campata in aria. Chissà perché, poi, sia divenuto soggetto di una maledizione che lo veda protagonista di fallimenti sentimentali. Eren è l'ennesimo, ed è difficile comprenderne il motivo.

Giura di averci provato, come col ragazzo prima di lui, e quello che ha frequentato a dicembre dell'anno precedente, perché si è fatto incantare da farfalle-spasmi-vuoti, ha ascoltato il richiamo, ha acconsentito consegnando la fiducia. L'hanno masticata la prima, la seconda e la terza volta, e ora anche lui, prima di incontrare qualcuno, la nasconde perché timoroso di vedersela consegnare a brandelli. Vorrebbe odiare, e invece l'amore diventa rancore e ristagna in quello stadio, si accuccia e non vuole sentirne, di andare oltre. Maledetto il rancore, che è la versione mutata di un sentimento genuino e sfiduciato, uno piangente e respinto. Pensava di esserne scevro, e invece ha sbagliato i suoi calcoli, ed il nervo pudendo fa male se sollecitato di continuo da mani indelicate.

Eccolo, Eren. Avrà voglia di fare sesso in quell'auto stretta ma non troppo, adatta per ospitare i loro corpi smaniosi di toccarsi, aversi, lasciarsi, per poi bere una birra che non è più fredda come quando l'hanno comprata nel minimarket all'angolo della strada. È innamorato, Eren, e di qualcuno che non è lui. Di qualcuno che l'ha tradito, di qualcuno che non l'ha amato a sua volta, e gli viene la nausea al pensiero che il suo, di amore, quello sincero e che desidera essere accolto, non sia sufficiente.

Forse è per questo, che non c'ha mai capito nulla di amore. Ma da quando conosce Eren, comprende la natura di quel sentimento, di quell'emozione dagli occhi cerulei, e sente ogni fascio di muscoli fremere dalla voglia di fondersi con chi ama.

"Allora, porti su Lilo e andiamo?", gli domanda sorridendo, circondandogli i fianchi per baciarlo. Accetta, si arrende e lo bacia, il guinzaglio celeste stretto nella mano e le braccia che si allungano per posarsi sulle sue spalle, mentre la lingua di Eren dal retrogusto di menta incontra la sua. Se lo domanda, il motivo per cui non gli vada bene, e poi riflette sulla ragione per cui Eren lo cerchi: perché si sente solo.

Ha gli occhi della solitudine, lui, anche se si illuminano soltanto in sua presenza. Forse è proprio quella la ragione per cui si frequentano. Come il peggiore dei rimpiazzi e il più fiero dei chiodi, il suo affetto è stato trasformato in strumento per edulcorare il vuoto lasciato dal precedente fidanzato di Eren. Che male che fa, ripensandola così, ed il bacio si interrompe in quel momento, il suo corpo si ritrae dinanzi alla consapevolezza che quel ragazzo sia l'ennesimo che gli ricordi di non essere abbastanza.

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