Stava. Era lì da un po'.
Non aveva altro da fare, altro da guardare; ciò che aveva davanti gli bastava.
Quelle linee morbide lo facevano viaggiare ed arrivare in Asia; assaporava spezie ed osservava i colori dei tappeti esposti.
Poi tornava, ma comunque stava; poi magari andava in Egitto e in Marocco e in Alessandria.
Poi tornava e ancora stava.
Era una statua immobile, di quelle che vengono illuminate da un piccolo fascio di luce penetrante da una finestra lontana e che poco lo faceva risaltare.
Ma era bello comunque, forse più del Discobolo di Mirone. Non aveva muscoli tesi né un volto fiero: era un semplice ammasso di marmi sospeso, immobile, che stava.
E continuava a guardare, continuava ad immaginare.
A volte ricordava di battere le palpebre, di riprendere fiato, di leccarsi le labbra. Altre volte doveva tornare dai suoi lunghi viaggi per ricordarsene, per capire, per comprendere.
Ma no: lui semplicemente stava e non gli interessava altro.
- Sei lì da un'ora, quasi. -
Yoongi lo raggiunse dalla fine del corridoio e lo guardò con sguardo indecifrabile, solo un po' confuso. E solo allora Jimin smise di stare e si voltò, di soprassalto, guardandolo con i suoi occhi curiosi.
Gli regalò un sorriso, un sorriso ampio, come quello che non si può trovare nei quadri: perché nei quadri nessuno sorride.
Non le modelle, non le statue, non i dipinti: non sorridono, sono seri, sono fermi. Stanno.
Jimin tornò di nuovo a guardare ciò che stava appeso alla parete per qualche istante e Nevio alzò un sopracciglio interessato; guardò anche lui in quella direzione e, riconosciuto il suo quadro, smise di accigliarsi.
Tornò serio, impassibile, tutto prese un senso, ed un sospiro lasciò le sue labbra accompagnato dallo sguardo del ragazzo di fronte a sé, ancora sorridente.
- Non lo avevo mai notato. -
Esordì quasi con un filo di voce, come se qualcuno gliel'avesse prosciugata: ma tanto le statue non parlano.
Yoongi lo osservò serio, da testa a piedi, e lo esaminò come se fosse stato un critico d'arte, un collezionista.
Era bello, era una scultura in rame, poi in avorio, poi in marmo. E poi diveniva morbida, e poi ruvida, e poi ancora sembrava fatta di pietra. Prima era immobile, poi in movimento, poi l'immagine si fermava e si contorceva su sé stessa.
Ma quelle cose le vedeva solo lui.
- È lì da mesi. -
Yoongi rispose, con tono duro, come se gli stesse dando al disgusto quella constatazione. Come se Jimin non si fosse mai accorto in quei mesi che quel quadro fosse appeso lì, in quel corridoio, a casa sua.
Jimin annuì e riprese a guardare quel quadro, ricordandosi stavolta di sbattere le palpebre e di respirare regolarmente.
Non stava più come prima, ma inclinava di tanto in tanto il capo, incrociava le braccia al petto ed esaminava ciò che stava guardando.
E Yoongi stava; lo guardava, ma stavolta stava.
Non lo comprendeva, perché le statue di solito non si sarebbero mosse; ma Jimin si muoveva, di movenze fluide e armoniose, che stonavano con le pareti spoglie e consumate della casa.
Che cadeva a pezzi come il suo mondo.
E quindi Yoongi stava ma barcollava, crollava, e dietro con sé trascinava il suo mondo e la sua arte, o forse solo una tra quelle due cose.
STAI LEGGENDO
Tergicristalli Su Occhi Appannati || yoonmin os
Short Story[ YOONMIN ONE SHOT ] - Continuo di "Cervelli Riciclati" - Jimin non riesce a capire che dietro la bellezza si nasconde solo qualcosa di fasullo, fallace, mediocre, qualcosa che non ha importanza. Yoongi cerca di farglielo capire, ma alla fine si r...