Parte senza titolo 3

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Milano. Otto del mattino. Il caldo di inizio estate. Un vento leggero. Il sole che sorge pian pian da dietro le nuvole. I lavoratori che si accingono a dare inizio alla loro giornata lavorativa. La città apparentemente poco affollata: il clima magnifico che accolse Emma.

"Arrivati." urlò con fare stanco Stefano non appena notò che la loro posizione sul navigatore era proprio ferma sulla scritta Milano.
"Come se avessi guidato tu per un'ora." scherzò la madre cambiando marcia.
"Eh beh però avevo il compito di tenerti sveglia." ribadì il ragazzo portando le braccia dietro al collo.
"Non è poi stato così difficile. Abbiamo litigato per tutto il tempo e questo mi ha tenuta sveglia." sospirò Valeria spegnendo il motore della macchina.
"Però per essere la Gran Milàn è veramente morta." notò Stefano guardando fuori dal finestrino. Si trovavano in un quartiere in cui non c'erano abitazioni, nè palazzi, solo giganti strutture. Era una delle zone universitarie e accademiche della città.
"Che ore sono?" domandò Valeria.
"L'ora che svegliamo Emma." rispose Stefano dando un pizzicotto sulla gamba della sorella.
"Ma che vuoi?" urlò la ragazza con fare aggressivo svegliandosi bruscamente.
"Sono le otto e mezzo, fra mezz'ora devi stare in accademia. Vuoi continuare a dormire o vuoi scendere dalla macchina?" commentò Stefano voltandosi in avanti, dando le spalle alla sorella.
"Siamo arrivati?" domandò sottovoce la ragazza guardando con meraviglia fuori dal finestrino.
Aveva subito individuato la sua accademia: era proprio come se la immaginava. Sembrava quasi un college americano. Era gigante. Aveva letto sul sito che era costituita da tre piani. Nella struttura principale si notava subito l'ufficio della segreteria e della dirigenza. Nei due piani superiori, invece, vi erano le aule. In alcune si seguivano i corsi, in altre vi erano delle semplici postazioni alla scrivania in cui si poteva studiare senza recare disturbo agli altri studenti, quasi come se fossero delle biblioteche. Vi erano poi i laboratori di informatica, fisica, chimica, lingue, arte e design. Adiacenti alla struttura principale c'erano altre due strutture leggermente più piccole, una al lato destro ed una al lato sinistro. A sinistra si poteva distinguere la mensa dal gigantesco salotto in cui venivano proiettati dei film a scelta degli studenti una volta a settimana. Invece, a destra dell'enorme struttura erano ben organizzati i dormitori. Se ne potevano contare circa un centinaio. Vi era un massimo di venti iscritti per ogni anno. Emma avrebbe quindi cominciato il terzo anno accademico solo se fosse riuscita a superare la prova di quei sei giorni con i ragazzi del secondo anno. La prova serviva sia agli insegnanti, per comprendere le qualità della ragazza, sia alla stessa Emma, che in quel modo sarebbe riuscita ad ambientarsi il prima possibile.
"Sei pronta?" le domandò la madre mentre chiuse a chiave la macchina.
"Si." rispose la ragazza mettendo dietro le spalle il suo zainetto e avvicinandosi all'entrata.
Se fuori era tutto così calmo e tranquillo, non si poteva dire lo stesso dell'interno. In un attimo avevano assistito ad un via vai di circa quindici ragazzi che cercavano delle informazioni in segreteria. Sembravano agitati e ansiosi. Emma aveva sentito due ragazzi lamentarsi per un certo corso di design. Erano iscritti da due mesi ma non aveva mai avuto inizio e i due studenti avevano perso la possibilità di avere dei crediti per l'esame di fine anno scolastico.
"Emma Marini?"
Una donna dal tacco dodici rosso vernice, un vestitino a tubino nero di seta e un capello biondo appena stirato si avvicinò alla ragazza.
"Si." rispose lei timidamente mentre guardava sconcertata il chiasso in quel corridoio.
"Seguitemi." aggiunse la donna riferendosi ad Emma, Valeria e Stefano.
Li accompagnò nell'ufficio della dirigenza. Emma a quel punto collegò. Era Tamara Serafini, la mente malefica che aveva dirigeva quel luogo. A dirigere l'accademia inizialmente fu il padre, un uomo severo e arrogante. Poi, però, si ammalò di un tumore ai muscoli, atrofia muscolare, e lasciò la dirigenza alla sua amata figlia. La Serafini, così chiamata da tutti, era mille volte peggio del padre. Stava sul collo a tutti i ragazzi. Li faceva studiare, sudare e impegnare fino allo svenimento. Li faceva stancare e intimorire. Ma allo stesso tempo li voleva bene. Ad ogni piccolo timore e bisogno che avevano era pronta a confortarli e aiutarli in seconda persona. Faceva intervenire gli insegnanti laddove vi era un problema o dove, stesso lei, ne riscontrava qualcuno in alcuni studenti. Sapeva quanto era difficile stare lontani da casa a quell'età, ma, se volevano stare lì più di ogni altra cosa al mondo, dovevano impegnarsi.
"Eccoci qui. Innanzitutto ben arrivati. Spero che il viaggio non sia stato molto stressante. So che venite da Bergamo, quindi fortunatamente non è stato tanto lungo."
La Serafini parlava con gli occhi rivolti verso il basso. Infatti stava rileggendo la domanda che Emma aveva spedito.
"Scusate per i ragazzi lì fuori ma erano iscritti al corso di design e questa mattina è stato detto loro che purtroppo non avrà più inizio e ne sono abbastanza dispiaciuti. Altri ragazzi invece non riceveranno dei crediti per il corso di fotografia perchè alcuni durante il corso hanno avuto un atteggiamento scorretto e l'insegnante ha deciso di punirli tutti. Potete immaginare lo stress dei ragazzi."
Perché penalizzare tutti, non è giusto. pensò tra sè Emma, quasi arrabbiandosi. Era come se in parte il discorso la toccasse e non le sembrava corretta una punizione collettiva.
"Bene, detto ciò cara Emma i tuoi compagni ti aspettano. Questo è il programma che dovrai seguire oggi. Adesso una ragazza, Valentina, ti porterà nella tua camera dove potrai lasciare la tua valigia."
La Serafini parlava con voce pacata in modo da potersi far capire. Emma, dal canto suo, annuiva ogni tanto col capo in modo accondiscendente.
"Farai questa prova per questi due giorni. Rimarrai qui in questi sei giorni. Dovrai cercare di metterti al pari passo con i tuoi compagni."
Stefano e Valeria se ne stavano con gli occhi sbarrati e in silenzio. Cercavano di capire tutte le informazioni che la dirigente stesse dicendo.
"I tuoi familiari purtroppo li dovrai salutare adesso... E, quasi dimenticavo. Ovviamente, nel caso in cui tu venga presa, da settembre avrai i week-end lunghi. Quindi il venerdì, il sabato e la domenica sono giorni liberi. Potrai uscire, fare una passeggiata, con un coprifuoco al rientro, o potrai tornare a casa, dalla tua famiglia, per due giorni."
La Serafini si alzò dalla sedia e strinse la mano a Valeria e Stefano, invitandoli poi ad uscire dalla presidenza. Li accompagnò fuori alla ricerca della famosa Valentina. Intanto Stefano e Valeria abbracciarono Emma uno alla volta.
"Mi sarebbe piaciuto salutarti in altro modo. Di darti un in bocca al lupo migliore. Di dirti di essere forte e di credere sempre di farcela. Ti amo bimba mia." sussurrò la madre nell'orecchio di Emma mentre l'abbracciò.
"Tieni, questa è tua. Voglio che tu la legga non appena sarai in camera tua stasera, dopo aver concluso questa prima giornata qui. Non farlo prima se no poi la magia della lettera svanisce." disse in modo affettuoso Stefano dandole una busta bianca.
"Vi adoro." disse Emma poco dopo sorridendo ad entrambi, quasi emozionata.
La guardarono con soddisfazione per alcuni secondi per poi avvicinarsi all'uscita. Valeria le soffiò un bacio con le mani mentre Stefano aprì la porta.
"Ciao, fate buon viaggio." disse sussurrando Emma mentre una piccola lacrima le scese sul viso.
"E' brutto la prima volta."
Una voce sbucò dal nulla rovinando quel momento magico.
"Sono Valentina." disse una ragazza dai capelli biondo cenere, gli occhi castani e una statura minuta.
"Ah, ciao. Sono Emma." rispose la ragazza stringendole la mano.
"Sarai la mia compagna di camera. Sappi che con me non la passerai liscia. Dovrai combattere col diavolo."
A saperlo che le spettava una compagna di stanza così. Ma era tutto così improvviso. Era tutto così insolito e bizzarro ma allo stesso tempo magico e perfetto. Forse realmente le sarebbe spettato l'inferno, ma se Dante era riuscito ad arrivare al paradiso, forse c'era una piccola possibilità anche per lei di vedere la luce.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Dec 08, 2020 ⏰

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