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(T/n) guardava impazientemente fuori dal finestrino

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(T/n) guardava impazientemente fuori dal finestrino. Il paesaggio lontano e distante aveva ormai assunto le sfumature blu dell'oceano. Se non si fosse trovata così distante da esso, avrebbe avuto lo spiacevole presentimento di sentirsi inghiottire dall'oscurità che si estendeva a molti chilometri di distanza da dove si trovasse lei. Quanto mancava ancora prima di raggiungere il Giappone, prima di raggiungere lui? Distingueva chiaramente l'avvicinarsi al suolo, secondo dopo secondo, l'avvicinarsi delle luci della città, del chiasso mondano che ancora non era grado di udire, ma che l'avrebbe immediatamente accolta una volta atterrata all'aeroporto della città di Tokyo.

Chiuse gli occhi. Una sensazione spiacevole le attanagliò il petto. Avrebbe potuto giustificare ciò che provava con il fatto che non fosse abituata a tragitti così lunghi, eppure sapeva bene quale fosse il motivo della sua agitazione. Si trattava dello stesso motivo che l'aveva spinta a raggiungere il Giappone così precipitosamente.

Era bastato un singolo messaggio, inviato da una persona in particolare, a sconvolgere il piccolo mondo in cui aveva vissuto negli ultimi quattro anni.

Era bastato quel singolo messaggio a spingerla a prenotare frettolosamente un biglietto, così da poter raggiungere quanto prima la sua destinazione.

Continuando a tenere i suoi occhi chiusi, riusciva a ricordare ancora chiaramente quei luoghi  in cui aveva trascorso gli anni della sua adolescenza, distinguendone le strade ed i luoghi a cui avrebbero condotto. Si trattava di Yokohama, una città composta di luci e di ombre, di cui lei aveva imparato a conoscere entrambi gli aspetti durante la sua permanenza.

A riaffiorare con ancora maggiore precisione alla sua memoria era però un volto. Un volto che il tempo non sarebbe mai riuscito a distorcere nei suoi ricordi. Ricordava il calore di un paio di occhi castani, ogni volta che questi guardavano lei. Ricordava quelle mani, sempre ricoperte da bende, ed il modo in cui l'avrebbero stretta in caso di pericolo. Ricordava quelle parole, un addio, che mai l'avrebbero abbandonata, l'ultima notte che trascorse a Yokohama, poche ore prima che il suo aereo partisse, in direzione di luoghi che aveva smesso di considerare casa.

Erano già trascorsi degli anni dall'ultima volta che lo aveva visto. Il pensiero di avere la possibilità di rivederlo le faceva palpitare il cuore. Aveva atteso impazientemente un qualsiasi segno di vita proveniente dal ragazzo, preoccupata riguardo la sua incolumità. Odiava il non poter fare nulla al fine di accertarsi che stesse bene, eppure non aveva scelta, se non quella di aspettare.

Il tempo le aveva dato l'opportunità di concentrarsi sulla propria vita, stringere rapporti duraturi con persone che avrebbe potuto definire "amici", continuare i propri studi, costruirsi un percorso solido, senza un ragazzo come lui a rischiare di distruggere tutto come se si fosse trattato di un castello di carte sottoposto alla forza del vento.

- Un giorno ci rivedremo. - le aveva sorriso, pronunciando sottovoce quelle parole. Nonostante quanto detto, (T/n) non poté fare a meno che leggere ciò che lui intendesse davvero con quella frase. Con le luci dell'alba ancora lontane, la (c/c) si ritrovò a piangere di fronte a quell'addio così velato.

Non erano bastate la dolcezza negli occhi del ragazzo, né quelle mani fasciate strette alle sue a rassicurarla del contrario. Non le aveva detto altro, prima di scomparire in mezzo ai vicoli bui di Yokohama, mimetizzandosi con l'oscurità, per poi svanire completamente dalla vita della ragazza, lasciandole come una traccia della sua esistenza una fotografia che si erano scattati assieme, una delle giacche nere che era solito indossare, di cui le aveva fatto dono quella notte per proteggerla dal freddo, e i soli ricordi, che la (c/c) aveva custodito gelosamente con la consapevolezza che un giorno tutto ciò che avevano sviluppato sarebbe andato in frantumi.

Erano un rapporto basato sulla loro reciproca e cieca dedizione. L'unica cosa in grado di rischiarare anche la notte più buia e di rendere le loro ferite meno dolorose. Non c'era altro che fosse abbastanza potente da continuare a renderli umani, se non l'amore che nutrivano l'uno nei confronti dell'altra. Si trattava di un filo invisibile che aveva collegato i loro destini e che avrebbe potuto spezzarsi senza che loro potessero prevederne il momento, nonostante la certezza che sarebbe arrivato quel momento.

Quando riaprì gli occhi si rese conto di quanto le sue fantasie non fossero distanti dalla realtà. Mancava sempre meno al momento in cui avrebbe rimesso piede sul suolo della capitale giapponese. Non riusciva a non pensare a come sarebbe stato rivederlo dopo così tanto tempo. Le luci dei grattacieli erano sempre più visibili. Si sporse verso il finestrino con maggiore pressione, sforzandosi si vedere quanto più possibile dello scenario che si estendeva molti metri più in basso.

Si domandava se, nello stesso modo in cui lei aveva conservato nella sua memoria ogni singolo dettaglio di quei luoghi, Dazai Osamu avesse fatto lo stesso, rivedendo nel mare che bagnava la riva di Yokohama ciò che avevano vissuto, senza lasciare lo stesso oceano come unico testimone dell'adolescenza di due ragazzi che non ne avevano avuto la possibilità di vivere quell'adolescenza.

Fu quando una voce femminile avvisò i passeggeri a bordo dell'imminente atterraggio dell'aereo, che (T/n) si permise di allontanarsi dai pensieri che l'avevano perseguitata durante le ore trascorse in direzione di Tokyo.

Fece fatica a trattenere il proprio entusiasmo anche una volta scesi i gradini che la separavano dal suolo. Fu costretta a scusarsi più volte, dopo aver involontariamente urtato altri passeggeri, non riuscendo a nascondere l'emozione che provava in quel momento. Erano passati quattro anni dall'ultima volta che poté affermare di sentirsi realmente viva. 

Si guardava intorno, alla ricerca di quel volto, unico tra le centinaia di persone che si trovavano in quel luogo. Trascinando la sua valigia, si muoveva, rassegnata, alla ricerca della chioma mora e spettinata di Osamu, benché non fosse certa di considerarlo un particolare riconoscibile e a cui fare affidamento.

Il suo sguardo si spostò in direzione di una delle vetrate, che le permettevano di visualizzare quanto ci fosse all'esterno della struttura. Sbatté le palpebre, insicura di fronte alla vista di una silhouette a lei famigliare. Dovette fermarsi per qualche secondo, alla ricerca disperata di aria.

Si trascinò versò l'uscita, tenendo saldamente la propria valigia. Nuovamente si ritrovò a dover chiedere scusa alle persone contro cui si era scontrata, a causa della sua mancanza di attenzione.

Illuminato dalla luce di un lampione, un Osamu più alto e rilassato di quanto lo ricordasse, la attendeva, con un lieve sorriso nostalgico tinto sulle labbra.

Finalmente era casa.

Una lacrima le solcò il viso, mentre la sua valigia cadde al suolo e le sue gambe si mossero istintivamente in direzione dell'unica persona senza di cui non avrebbe potuto considerare la propria vita completa.

no time to die | dazai osamu x readerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora