Eve non aveva mai sofferto di vertigini, ma dovette ricredersi quando i suoi piedi scivolarono a contatto con la roccia nuda, lungo un sentiero largo meno di un metro, con le scapole inchiodate alla parete naturale. La stradina percorreva a spirale i muri della voragine e discendeva verso quel maelstrom di buio senza fondo.
Difficile quantificare il tempo che avrebbero impiegato per arrivare a terra. Ore? Giorni?
Le viverne mandate in ricognizione erano tornate entrambe, ed era stato subito chiaro a tutti che avessero fatto un buco nell'acqua. Se fossero tornate indietro perché avevano toccato il pavimento, o perché si erano stancate di cercarlo, era stato impossibile capirlo.
Hotys aveva buttato un sasso di sotto, in quell'oscurità senza tempo, e tutto ciò che aveva ottenuto era stato un'eco impercettibile e lontanissima. Sulle prime, quel rumore l'aveva scoraggiata, ma l'aveva anche resa consapevole di una cosa: esisteva una fine.
Pertanto ognuno di loro si era avvolto la medesima corda attorno ai fianchi e, armandosi di rampini, avevano iniziato la discesa.
Eve guardò in alto. Il cielo era un disco grigio imprigionato tra le fauci naturali della voragine, che si rimpiccioliva ora dopo ora. Fitti anelli di roccia più chiara, fessure di non deposizione, si disponevano secondo una precisa dendrocronologia seguendo l'andamento del sentiero. Un po' come quando si contavano gli anelli degli alberi per scoprirne l'età, era sicura che se avesse fatto lo stesso con quelli che marcavano la pietra ne avrebbe trovati a migliaia.
I membri del gruppo avevano preso l'iniziativa di riempire il silenzio con chiacchiere che potessero aiutarli a distendere i nervi, ma a quel punto del percorso avevano rinunciato, cedendo il passo a un silenzio angosciante. C'era puzza di morte, in quell'immenso pozzo.
Eve non fu in grado di capire quanto tempo impiegarono prima di toccare terra. Il disco di cielo si era fatto minuscolo, così tanto che le fu impossibile capire se fosse calata la notte o se fosse sorto un nuovo giorno.
Perse interesse nel momento in cui la pietra che Vasilis teneva in mano si illuminò di verde. Il bagliore investì l'intera cava circolare in cui erano approdati. C'era una sorta di cupola traslucida, al centro, di vetro naturale. Le pareti della fascia più bassa della voragine erano rivestite da una specie di pietra brillante.
Theo blaterò qualcosa a proposito della percentuale di silice che rendeva vetrosa la lava a contatto con l'aria, ma le sue considerazioni sulla chimica si dispersero nell'eco della grotta nel momento in cui la cupola si accese del medesimo colore della pietra. La proiezione del cuore pulsante fremette ed esplose in una miriade di particelle che andarono a tuffarsi nella dunetta traslucida.
«Merda...» mormorò Hotys.
Kytos, i gardrosiani e i suoi fratelli tennero alte le spade, ma Eve avvertì un'energia frizzante nell'aria, uno scorrere di atomi sottopelle surriscaldate da una corrente che gli altri non sembrarono percepire. Non seppe perché, ma si sentì più forte. Scrutò Vasilis di sottecchi. Il principe si tenne in disparte, le mani guantate intrecciate in grembo. La guardò di rimando.
Non le piacque il modo in cui sorrise. Anche lui sentiva quel flusso invisibile.
«Sta respirando» disse Kytos.
Eve si riscosse e impiegò qualche istante di troppo per comprendere che suo marito si stesse riferendo alla cupola. Aguzzando la vista, nel bagliore verdastro notò che pulsava a un ritmo regolare. Come la proiezione.
Come un cuore.
«Quindi è vero» soffiò Theo. «Il Dorso è... vivo.»
«Ma certo che lo è.» Vasilis diede una spolverata al mantello e lo squadrò con sufficienza. «Lo aveva dedotto la nostra cara regina: nulla nasce da qualcosa di morto.»
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Bianca come il gelsomino
FantasyCOMPLETA | La principessa Eve è affetta da albinismo. Per questo, suo padre la condanna a una vita di clausura in un monastero affinché sia al riparo dai raggi del sole e dalle tentazioni. Durante il viaggio che la conduce a destinazione, però, la s...