Immaginare può far male.

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Piccole gocce d'acqua si posavano delicatamente su quella barchetta che era distante pochi metri da me. Chissà da quanto tempo era ferma lì, chissà quando fu abbandonata.

L'abbandono: qualcosa nasce dentro di te, qualcosa che ti porta a non voler più quella determinata cosa o persona e così la lasci andare. In questo mondo dove tutto è abbandono, ci sono anch'io. Mi chiamo Sophie, ho da poco compiuto diciasette anni e la mia vita è un grosso punto interrogativo. Ho sempre avuto il compito di occuparmi di tutto, sin da piccola. Sono cresciuta in una casa di campagna, dove il sole era l'unico capace di illuminare le giornate. Facevo in modo che tutto andasse nel verso giusto, che ai miei genitori non mancasse nulla e ho sempre fatto attenzione a come comportarmi. Sono sempre stata rispettosa di tutto e di tutti, ma a quanto pare non ho fatto abbastanza.

Ero lì ferma, su quella spiaggia, in attesa di qualcosa o, magari, di qualcuno che avesse fatto della mia vita un'avventura indimenticabile.

 Aprì ad una nuova pagina bianca il mio diario dalla copertina nera e iniziai a scrivere. Scrivevo di me, di loro, di quello che sarebbe potuto accadere se li avessi trattenuti con me. Scrivevo delle mie mancanze, mancanze che non potevano più essere colmate; scrivevo del mare, degli alberi, di ciò che mi circondava ed era pieno di vita. Mi son sempre chiesta perchè Dio ci abbia creati se poi prima o poi arriva la fine e tutto ciò da noi fatto non sarà servito a niente, andrà perso, tutto. La vita è come noi la vediamo, non ci sono regole da seguire o persone a cui dover dar conto. Tutto ciò accade per merito nostro e ognuno di noi dovrebbe fare il meglio per se stesso e non per gli altri.

Un soffio di vento scombinò i miei capelli rossi, rossi come il sangue, il quale smise di scorrere nelle vene dei miei genitori e, si può dire, anche nelle mie. Mi persi nei miei pensieri fin quando qualcuno, da lontano, catturò la mia attenzione. Un ragazzo, sulla mia età, camminava a testa bassa sulla riva. Aveva qualcosa di misterioso, qualcosa che mi portava a paragonarlo al mare. Portai le ginocchia al petto, le circondai con le mie fragili braccia e restai a fissare ciò che c'era difronte a me: una distesa d'acqua immensa, infinita. Con le mille bufere non perde mai la forza di buttarsi contro gli scogli, ci riprova ogni volta. Io ho sempre trovato la forza di rialzarmi da sola, ma  tutto il mondo crollò su di me, schiacciandomi. Non avevo più spazio, non avevo più tempo, non avevo più niente. C'era solo un piccolo e fragile cuore, il quale fu trafitto da schegge, schegge troppo affilate che avrebbero fatto paura a chiunque.

Alzai gli occhi e notai che il ragazzo non c'era più. Come se non ci fosse mai stato, come se fosse stato tutto frutto della mia immaginazione.

Immaginare, sognare. Le uniche due cose che mi rimanevano.

Bufere nel cuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora