Questo racconto, scritto per il "Concorso del Camminatore di Sogni" (che trovate sul profilo di Gli_Arcadi e a cui vi consiglio col cuore di partecipare) parte dalla trama assegnata dalla ninfa Nefele (ThEfOxSoUL) per riflettere sui temi della necessità e dell'onniscienza, portando avanti il messaggio che ciò che differenzia un dio da un essere umano non è la vita immortale, ma la fiducia in un ordine delle cose che la nostra mente si rifiuta di comprendere.
Alcuni dicono che fu un soffio a dare origine all'universo; altri una grande esplosione, feroce e indomabile come le numerose creature che presto quel mondo lo avrebbero abitato. Altri ancora, infine, confidenti di poter cucire insieme mistero e ragione, logica e miracolo, sostengono che necessariamente il creato dev'essere sempre esistito, poiché affermare il contrario non è possibile senza incorrere in assurdità.
Io, di quel tempo, ricordo solo un grande freddo. Incapace di muovermi o di aprire gli occhi, attendevo in silenzio, mentre nient'altra copertura che gli oscuri veli dello spazio vuoto ricoprivano la mia pelle traslucida, nuda e tremante nel profondo buio all'origine di ogni chiarore.
"Parla" disse allora la Voce. "Ti ordino di articolare sillabe e suoni, di chiamare le cose alla vita pronunciandone il nome per la prima volta."
È così semplice? Pensai tra me. Possibile che basti un nome, una sola parola, per strappare un concetto all'assoluto vuoto della non esistenza, e dargli consistenza, e forma e significato? Ma la Voce insisteva, e così parlai.
"Luce" dissi. E Luce fu.
Per sei giorni (dopo aver creato i pianeti, i periodi di rotazione e gli insiemi numerici con cui tener conto di tale misura) mi lasciai andare a questo piccolo passatempo. Da suoni in immagini si trasformavano le mie parole: da melodia in un gioco infinito di ordine e disordine, da ritmo in perenne moto.
Il settimo giorno, infine, spinto come da un vago prurito sul fondo della mente, decisi di lasciare a sé stesso il mondo di mia creazione. Immune al passare dei giorni e dei millenni, mi sarei ritirato in un desolato angolo dell'universo, così da poter assistere, inosservato, alla maturazione dei frutti (e di tutte le occulte e impreviste conseguenze) dei semi che avevo piantato.
"Di certo hai un bel coraggio a sperare che tutto funzioni senza un tuo diretto intervento" mi disse un giorno la Voce.
"Non lo direi coraggio, quanto più semplice curiosità. Che interesse potrei avere in un mondo in cui ogni istante è perfettamente scritto, ogni variazione dalla norma prevista, ogni possibile effetto collaterale accuratamente studiato? No, ciò che mi interessa fare è limitarmi a stabilire le condizioni al contorno, lasciando che poi l'immenso sistema del mondo si evolva da sé, portando alla luce tutte le implicazioni che dall'inizio conteneva implicite, ma mai sicure."
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Sogni Lucidi [raccolta di oneshot]
General Fiction"𝑄𝑢𝑒𝑠𝑡𝑜 𝑙𝑖𝑏𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑠𝑜𝑔𝑛𝑖, 𝑐𝒉𝑒 𝑖 𝑙𝑒𝑡𝑡𝑜𝑟𝑖 𝑡𝑜𝑟𝑛𝑒𝑟𝑎𝑛𝑛𝑜 𝑎 𝑠𝑜𝑔𝑛𝑎𝑟𝑒, 𝑐𝑜𝑚𝑝𝑟𝑒𝑛𝑑𝑒 𝑠𝑜𝑔𝑛𝑖 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑛𝑜𝑡𝑡𝑒, 𝑠𝑜𝑔𝑛𝑖 𝑑𝑒𝑙 𝑔𝑖𝑜𝑟𝑛𝑜, 𝑐𝒉𝑒 𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑢𝑛 𝑒𝑠𝑒𝑟𝑐𝑖𝑧𝑖𝑜 𝑣𝑜𝑙𝑜𝑛𝑡𝑎𝑟�...