Capitolo 1

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VENUSIA

Mani.

Quelle che da tanto tempo desidero su di me.

Le sue.

Sembrano conoscere il mio corpo come se fosse il loro.

La sua bocca che si unisce alla mia.

Il suo sapore è cento volte meglio di quanto abbia immaginato.

Il suo profumo mi avvolge.

Lo desidero così tanto.

Mi aggrappo alle sue spalle gemendo nella sua bocca, cercando il contatto con i suoi fianchi.

Lui mi vuole quanto lo voglio io.

È puro fuoco.

Biiiiiii bip biiiiiiiiii bip biiiiiiiiii bip

La sveglia suona.

No, per favore, no.

E invece sì: è solo un sogno.

Non c'è la bocca di Lorenzo sulla mia, non ci sono le sue mani vogliose su di me, non sto per fare sesso con l'uomo che desidero con tutta me stessa. C'è solo la mia dannatissima immaginazione.

Gemo di frustrazione.

Sospiro di vergogna. Non posso averlo davvero sognato di nuovo. Di solito, se sono fortunata, mi sveglio così una volta a settimana. Questa, però, è già la seconda volta e siamo solo a mercoledì.

Lui mi aveva spinta sulla scrivania, incurante dei documenti e delle penne, ficcandomi la lingua in gola, incapace di resistere un solo istante di più alla passione che provava per me. Aveva perfino detto di desiderarmi dalla prima volta che ci siamo conosciuti e che era stanco di starmi vicino senza saltarmi addosso.

Sogna ragazza, sogna.

L'idea di incontrare di persona l'oggetto delle mie fantasie erotiche, come del resto succede ogni mattina, mi manda una fitta di desiderio tra le cosce e mi fa sprofondare nella vergogna.

Lorenzo...

Il mio capo.

Non dormo mai con le imposte chiuse e il sole del primo mattino filtra attraverso le tende beige della mia camera da letto, irradiando soffici bagliori dorati.

Allungo la mano verso il cellulare: le sei e trenta.

Accarezzo l'idea di infilarmi una mano tra le cosce e portare un po' di sollievo al mio corpo eccitato.

A volte lo faccio quando sogno Lorenzo, poi arrivo in ufficio e mi sento una ladra, una stalker perversa, e non mi piace convivere con il senso di colpa.

Più passa il tempo più mi sento vicina ai maniaci sessuali che sottraggono oggetti personali per farne un perverso uso privato. Effettivamente, il fermacarte d'avorio sulla scrivania di Lorenzo ha una forma che potrebbe essere interessante...

Mio dio, Venusia, va' a farti una doccia fredda.

Mi trascino sotto la doccia e procedo con il mio rituale mattutino consolidato alla perfezione da quando vivo da sola nel mio appartamento, senza mia sorella che occupi il bagno all'infinito, mamma che mi faccia trovare la colazione pronta ogni mattino o papà che corra per casa perennemente in ritardo. Doccia. Denti. Viso. Crema idratante. Pappa a Sole, il mio gatto persiano. Poi vado, in vestaglia, a fare colazione: fiocchi d'avena e latte di mandorle, e, se sono particolarmente frustrata, un pezzo di cioccolata fondente.

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