DAY 1

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Era notte. Gli altri erano nelle proprie stanze a ca**eggiare. Io invece stavo di sotto. Nella hall dell'hotel. Avevamo la prima gara contro la Campania. E arrivasti tu. Ci eravamo incontrati in stazione, avevi il borsone della tua società di Modena.

Mi hai sorriso, salutato e ti sei presentato. Ricordo ancora che indossavi la maglietta delle kinderiadi di qualche anno prima. Da lì avevo capito che eri forte. Dopo un po' mi hai chiesto: "Emozionato per domani?" e io ti risposi di si. Mi hai sorriso un'altra volta. Arrossii, probabilmente. Ti chiesi: "e tu?" Mi risposi che avresti giocato dopo di me ma che eri abituato perché ormai era la terza volta che partecipavi alle finali nazionali. Eri contento più che emozionato. Ti invidiavo un pochino. Io ero emozionato ma forse perché sarebbe stata la prima volta. Prima gara, prime finali nazionali.

Ci mangiammo un gelato. Ricordo ancora il gusto. Fragola. Ma ricordo meglio ancora quando prima di andare a dormire ti girasti e mi lanciasti un altro sorriso. Quello fu diverso. Perché mi rimase impresso per tutto il resto della notte. Non vedevo l'ora che fosse il giorno dopo.

[...]

Erano le 5. Scesi dal letto e incominciai a prepararmi. Ero solito iniziare questo "rito" pre-gara, almeno 3 ore prima dall'appuntamento in campo. Dopo essermi lavato i denti, presi il mio borsone. All'improvviso sentii il mio battito accelerare. Ero emozionato. Lo stavo realizzando solo in quel momento. Ero in procinto a giocare la mia prima gara delle finali nazionali a salsomaggiore terme. Mi sono sempre immaginato una scena simile. Un sogno realizzato. Continuai così a preparare le cose con un sorriso in faccia che difficilmente qualcuno mi avrebbe tolto. Presi quindi le mie ginocchiere, le scarpe, i calzettoni, la divisa e i pantaloncini da gara e il mio laccetto per i capelli, reduce di moltissime gare, vittorie e sconfitte. Insomma una specie di porta fortuna. Senza quello non avrei mai potuto giocare. Nel frattempo Daniele si svegliò. Lui preparò le cose già dal giorno prima. Quindi si lavò solo i denti e scendemmo per colazione.

Erano le 6. Matteo, il ragazzo che conobbi nella hall la sera prima, era già là. Sorrideva e rideva con i suoi compagni di squadra. Il suo sorriso era contagioso. Sorrisi anche io. Senza rendermi conto che mi vide e continuò a sorridermi facendomi morire dall'imbarazzo. Andrai dritto alla macchinetta del caffè e mi feci un cappuccino, due bustine di zucchero, una ciambella e la colazione era pronta. Arrivarono anche gli altri miei compagni di squadra. Come al solito Tommaso era mezzo addormentato. Non si sa come mai ma prima di ogni gara sembrava sempre che fosse appena sceso dal letto. Era il mio compagno di regia. Ci supportavamo a vicenda e quelle finali nazionali se le era meritate a dovere. Subito dopo di lui arrivarono Francesco, Andrea e Michelangelo, i centrali; Edo N, Edoardo D, Simone, Michele, gli under 17 rispettivamente martello,centrale, palleggiatore e libero e Luca arrivò per ultimo con il nostro allenatore.

Eravamo una piccola famiglia. Eravamo tutti diversi. L'uno dall'altro ma la pallavolo ci aveva unito. E come succede molto spesso, la palestra diventava la nostra casa, passandoci la maggior parte del tempo. Avevamo iniziato a sognare le Nazionali quando ci rendemmo che bastava volerlo e lavorare al dettaglio. Il nostro allenatore, Federico, era molto bravo in questo. La sua passione ci travolse dall'inizio e fu questo che ci portò fino a quel punto. Federico lo conoscevo da quando era piccolo. Eravamo amici e avversari. Finché un giorno non mi presentai in una palestra di roma nord e ci fu lui. Dopo alcuni anni di lontananza l'uno dall'altro, ci ritrovammo insieme. Questa volta nella stessa squadra, ma lui come allenatore e io come suo giocatore.

[...]

Ci facemmo riconoscere subito. Eravamo dei casinari assurdi. A Tommaso cadde il cappuccino due volte, di cui la seconda rompendo la tazza. Daniele prese 10 bustine di fette biscottate. Due delle quali mangiò a colazione e le altre otto da portare in campo come merenda. Gli under erano super eccitati all'idea di fare il riscaldamento in palestra e la loro adrenalina era già in circolo. Si lanciavano i mandarini come se non ci fosse stato un domani. Federico lanciò uno di quegli urli che ti avrebbero svegliato anche dall'aldilà. Girai lo sguardo dall'altro lato, come per dire: "Che vergogna, ma guarda te oh, sempre a farci riconoscere". Incrociai lo sguardo di Matteo che sembrava non aver mai smesso di guardare verso la nostra direzione, verso di me. Sicuramente esagerato eh, però mi piaceva pensare che mi guardasse, forse perchè in fondo, dentro di me, mi ero preso una cotta per lui, e come ogni "hopeless romantic" sognavo una storia come Step e Babi (3MSC di Moccia) o qualcosa di simile. Indossava la sua tuta di rappresentanza societaria e devo ammettere che era proprio bello. Era proprio il mio tipo. Alto più di me, e sicuramente ci voleva poco, quindi 1 metro 85 circa, moro con gli occhi verdi, e uno sguardo che ti ci potevi perdere per ore. Al fisico non avevo mai dato così tanta importanza, ma devo ammettere che l'occhio ha fatto la sua parte, nonostante io sottolinei sempre che "DE GUSTIBUS NON DISPUNTANDUM EST". Ma erano due le cose che mi piacevano di lui. Le mani e la sua voce. Le mani erano mani ma le trovavo belle. Ma la voce era un qualcosa di diverso. Era, per me, come il canto delle sirene. Lui parlava e io diventavo il suo pirata.

Mi alzai dal tavolo e andai in camera per finire di preparami e portare giù le mie cose. Una capatina al bagno, sempre parte del mio rito pre-gara ed ero pronto per la battaglia. Nel mentre aspettavo gli altri appena fuori dall'hotel, c'erano delle panchine, Matteo era seduto a fumarsi la sigaretta e stava insieme ad un suo compagno, Luca, e condividevano insieme le cuffie dell'Ipod. Non ci trovai nulla di strano, ma in ogni caso mi fece alzare il sopracciglio. Mi vide e si avvicinò: "Noi giochiamo dopo di voi, ma partiremo più tardi. In bocca al lupo e mi raccomando in gamba eh!" Io gli risposi: " Certo certo, vediamo come va ma non vedo di giocare!" Finì la sua sigaretta e mentre si avviava all'ingresso si girò e mi disse: "a dopo allora!" Dentro di me, fui in un brodo di giuggiole e pensai: "Eddaje! Che carino!!!!" Probabilmente avevo gli occhi a cuoricino. Nel frattempo uscì Daniele che guardò Matteo mentre entrava e voltatosi verso di me mi vide con quell'espressione felice: "Che hai? Tutto ok? Che t'ha detto?" Io: " Nulla nulla, ci ha fatto l'in bocca al lupo! Perchè?" e lui: "No niente, è che sembravi felice". Io: "ah si? ahah Ok!"


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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 13, 2020 ⏰

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