Caduta del cielo

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Questa storia appartiene a me, @CupidaGranger e a Wattpad. È protetta da copyright, quindi la copia parziale e/o totale è un reato punibile per legge nel mio Paese.

Scommetto che tutti voi vorreste essere dei semidei.
"Ma certo, Percy! Voi combattete mostri, avete incredibili poteri soprannaturali e soprattutto passate le estati in un magnifico campo dove potete ordinare qualsiasi cibo solamente pensando ad esso!"
Tutto vero, ma: 1) combattere mostri può farti ammazzare; 2) non tutti i semidei hanno poteri soprannaturali e 3) il cibo... okay, sulla mensa non posso dire nulla di brutto.
Ma fidatevi di me: non volete essere semidei.
Specialmente se un dio minore dal nome impronunciabile fa esplicitamente il vostro nome dicendo che voi sarete l'unica persona che gli farà decidere se stare dalla parte dell'Olimpo durante la guerra che avrà luogo entro il prossimo mese.
In pratica è come darvi in mano una bomba ad orologeria e chiedervi di disattivarla nonostante non siate un artificiere, sapendo però che, quando questa esploderà, sarà colpa vostra.
E vi sorprenderà sapere che non era la prima volta che il destino del mondo fosse nelle mie mani.
La guerra che ho citato prima?
Ecco, secondo una piccolissima e per niente terribile profezia sarò io a decretare come andrà a finire e se l'Olimpo si salverà o no.
Ma comunque niente pressione.
Trittolemo – credo sia questo il nome corretto – era il dio in questione che aveva richiesto di parlarmi e capire che tipo di eroe fossi.
Di sicuro questo non aiutava a calmare i miei nervi: non ero di sicuro il migliore in quanto oratore.
Per questo Chirone, il centauro maestro d'eroi che era il mio mentore, aveva suggerito alla mia amica Annabeth di venire con me.
Essendo figlia di Atena, aveva una parlantina molto sciolta ed era solita ottenere quello che voleva, perciò era la scelta migliore.
In realtà le avrei chiesto lo stesso di venire con me, perchè io e lei avevamo già vissuto un sacco di avventure insieme in passato e formavamo davvero una bella squadra.
Forse per un periodo avevo addirittura pensato che saremmo potuti essere...
All'improvviso Annabeth uscì dalla casa sei, dove la stavo aspettando, e mi ritrovai ad osservarla come un idiota, i miei pensieri ormai interrotti.
Si era legata i capelli biondi in una coda, ma alcuni riccioli le ricadevano sul viso.
Perchè avevo voglia di scostarglieli?
"Percy?" la sua voce mi riportò alla realtà "Ti sei incantato?"
I suoi occhi grigi brillavano.
"Cosa?" risposi "Ehm no, no. Andiamo?"
Lei mi guardò inarcando un sorpacciglio ma non disse niente, quindi annuì.
Argo ci avrebbe dato un passaggio fino a Brooklyn, dove Trittolemo aveva fissato il luogo dell'incontro.
Durante il tragitto non parlammo molto, forse perchè ognuno era perso nei suoi pensieri.
A dire la verità era la prima volta che stavamo da soli da mesi: durante tutto il mese di giugno eravamo stati occupati con missioni di ricognizione per cercare i punti deboli dell'esercito di Crono e non c'era molto tempo per parlare.
In più nei momenti in cui non ero al Campo Mezzosangue mi ritrovavo sempre più spesso a chiamare la mia amica mortale Rachel, perchè quando ero con lei riuscivo quasi a sentirmi un normale adolescente newyorkese.
Parlare con lei era molto più facile che con Annabeth, anche se non sapevo perchè.
Era come se le cose tra me e lei fossero diventate improvvisamente strane dall'anno prima quando nel Labirinto... be', Annabeth mi aveva baciato.
Nessuno dei due aveva fatto più parola di quell'avvenimento, tanto che mi era quasi sorto il dubbio di essermelo immaginato.
Eppure me la ricordavo benissimo la sua espressione accigliata e poi le sue mani che mi attiravano a sè.
E le labbra...
Argo frenò di colpo, facendoci capire che eravamo arrivati.
Dopo averlo ringraziato, scendemmo dal furgoncino bianco e ci guardammo intorno.
"Okay" fece Annabeth "dove dobbiamo incontrarlo?"
Misi la mano in tasca e tirai fuori il bigliettino su cui mi ero scritto l'indirizzo.
"A Prospect Park, nel giardino botanico di Brooklyn" risposi.
Lei annuì.
"Ha senso" disse "Trittolemo è il dio dell'agricoltura"
"Ma non c'è già Demetra? E Persefone?"
"Secondo le antiche leggende quando Ade rapì Persefone, Demetra vagò per tutta la Grecia alla sua ricerca. Ad un certo punto si fermò in una piccola città, Eleusi, fingendosi una signora anziana e qui la famiglia reale l'accolse con tutti gli onori dovuti. Si offrirono di aiutarla nella ricerca della figlia scomparsa e così, una volta ritrovata Persefone, Demetra rivelò la sua vera identità e per ringraziarli trasformò il figlio maggiore, Trittolemo, in un dio minore"
Mi resi conto un po' in ritardo che aveva smesso di parlare e che probabilmente dovevo avere un'espressione strana in faccia, ma era sempre così: il modo in cui Annabeth raccontava le storie mi lasciava affascinato.
Sapeva quando fare le pause giuste e come tenere l'attenzione su ciò che diceva.
"Dovresti davvero leggere qualche libro di mitologia" mi disse, un po' accigliata.
"Ma così poi tu a cosa mi serviresti?"
Lei rise, dandomi una gomitata.
"Quindi è a questo che ti servo, Testa d'Alghe?" ribattè "Me lo ricorderò la prossima volta che mi verrà in mente di salvarti la vita"
"Ma se non succede mai"
Annabeth alzò gli occhi al cielo, scuotendo la testa.
Probabilmente stava pregando sua madre sperando mi desse un po' di buon senso in regalo, ma dubitavo sarebbe mai accaduto.
Cominciammo a camminare diretti verso Prospect Park e avrei potuto giurare di aver visto un animale molto simile ad un grifone con una specie di barca legata alle sue zampe artigliate librarsi da un edificio al confine con Manhattan.
Sinceramente non aveva nessuna intenzione di pormi la domanda, perchè dubitavo che combattere contro un grifone si sarebbe rivelato divertente.
In più era pieno luglio e si moriva di caldo, tanto che quasi nessuno era in giro per le strade.
Tutti erano in casa con l'aria condizionata e magari a guardarsi un film in tv: li invidiavo da morire.
"Ieri non ti ho visto al Campo" disse Annabeth, dopo un po' "sei stato con i tuoi?"
Non riuscii ad impedirmi di arrossire e mi maledissi per questo.
"Sì e no" ammisi "mia madre e Paul si sono offerti di portare me e Rachel a passare una giornata al mare a Montauk"
Lei rimase in silenzio per qualche istante.
Le lanciai un'occhiata e mi sembrò avesse le spalle rigide.
"Come sta Rachel?" chiese, in tono secco "Ancora dipinta d'oro?"
"Annabeth..."
"Ti ha voluto ridare di nuovo il numero di telefono per paura che l'avessi perso? Come se fosse un modo per ancorarti a sè e-"
"Perchè fai così?" sbottai, voltandomi verso di lei.
Annabeth incrociò le braccia sotto il seno, guardandomi con un'espressione impassibile.
"Così come?" chiese.
"Come se Rachel fosse la persona che ti sta più antipatica sulla faccia della terra"
Si voltò di scatto e aumentò il passo, proseguendo impettita.
"Magari è davvero così" disse a bassa voce.
Probabilmente sperava non la sentissi, ma invece la udii.
"Non la conosci nemmeno" ribattei "forse dovresti smetterla di giudicare le persone senza conoscerle"
"Conosco abbastanza"
"Oh ma davvero?"
Annabeth si voltò di scatto e mi puntò un dito contro.
I suoi occhi grigi lampeggiavano pericolosamente.
"So che è lei il motivo per cui ultimamente non sei mai al campo. Ci stai abbandonando, Percy. Per colpa sua stai diventando un codardo che scappa dalle sue responsabilità! Sei l'eroe della Grande Porfezia ma non stai facendo un bel niente di eroico!"
La rabbia mi fremeva nel petto, facendomi stringere i pugni.
"Ma lo sono davvero? Perchè nessuno qui mi ha ancora rivelato per intero la profezia"
Lei scosse la testa, come se non riuscissi proprio a capire una cosa semplicissima.
E questo mi fcee infuriare ancora di più.
Ritornando indietro con la memoria a quel pomeriggio, ora so che non avrei mai dovuto dire ciò che avevo detto.
Allora non sapevo tutta la storia.
"Perciò vuoi dirmi che, se tu fossi al posto mio e Luke fosse l'unica persona che ti permette di sentirti una ragazza normale senza il peso del mondo sulle spalle, non correresti da lui ogni volta che ne hai la possibilità?"
I suoi occhi divennero tempestosi ad una velocità incredibile.
"Davvero, Percy?" disse, con voce glaciale "Credi davvero sia la stessa cosa?"
Improvvisamente sembrò che una mano invisibile mi avesse dato un pugno in pancia, perchè mi mancò l'aria.
Non mi ero reso conto di ciò che avevo detto.
Per un sacco di anni Luke era stato l'unica cosa vicina ad una famiglia per Annabeth.
E ora lui aveva dentro di sè l'anima del re dei Titani, Crono in persona, ed era irrimediabilmente perduto.
Sapevo che il più grande desiderio di Annabeth era che Luke tornasse ad essere buono, tornasse ad essere il Luke che le aveva promesso che non l'avrebbe lasciata mai.
Mi resi conto che aveva gli occhi rossi.
La sua espressione... era come se si sentisse in colpa, come se ci fosse qualcosa che non voleva dirmi ma che la stava torturando.
Ma era una cosa ridicola, perchè non era di certo colpa sua se Luke aveva scelto di aiutare Crono.
All'improvviso si sentì un tuono rimbombare e io alzai lo sguardo verso il cielo terso sopra di noi.
Il sole che splendeva fino a cinque minuti prima sembrava del tutto scomparso.
"Muoviamoci" disse Annabeth, in tono burbero.
Aveva le braccia strette intorno al busto, come per impedirsi di crollare a pezzi.
Non sopportavo di vederla così, per di più sapendo che era colpa mia.
"Ehi, ascolta..." iniziai, affiancandola.
Ma lei scosse la testa.
"Hai già espresso molto bene ciò che pensi di questa situazione" mi interruppe "quindi ora sta' zitto"
Sembrava si stesse forzando davvero molto per impedire alla propria voce di tremare.
Mi sentivo un verme.
Poi iniziò a piovere: in principio cadde solo qualche goccia, finchè poi non cominciò a diluviare sul serio.
Qui c'è una cosa che dovrei dirvi: mio padre, Poseidone, non l'aveva presa molto bene quando Zeus mi aveva accusato di essere il ladro di fulmini, qualche anno prima.
Ma non è che potesse sfidare così apertamente il fratello, che era il re dell'Olimpo, perciò gli era venuta questa idea: con la sua benedizione, quando pioveva non mi bagnavo proprio come quando entravo in acqua e i miei vestiti rimanevano asciutti.
Non sapevo se questo bonus potesse essere esteso, ma potevo provarci.
Annabeth avave cominciato a correre alla ricerca di un riparo, ma ci trovavamo in pieno parco ed eravamo circondati dal nulla.
Di sicuro i fiori non ci sarebbero stati d'aiuto.
La sentii imprecare in greco antico, spostando la sua borsa sopra la testa per bagnarsi di meno.
Mi rivolse uno sguardo irato, quando si accorse che ero completamente asciutto.
Mi avvicinai e lei si voltò dall'altra parte, ancora imbronciata.
"Forse se ci teniamo per mano potrei riuscire ad estendere l'incatesimo anche a te" suggerii.
Annabeth fece un mezza risata ironica, borbottando qualcosa.
"Oh andiamo, smettila di fare la difficile e lasciami darti una mano"
"Letteralmente" borbottò.
Anche se le mie guance si stavano tingendo di rosso, tesi la mano e intrecciai le dita con le sue.
Odiavo quella situazione: ogni volta che io e lei rimanevamo da soli finivamo per litigare, però se eravamo lontani mi mancava.
Per allontanare quei pensieri la guardai e notai che aveva funzionato: ora non si stava più bagnando.
"Meglio, no?" dissi.
Forse non l'aveva fatto apposta, ma mi strinse di più la mano.
E seppi che avevamo fatto pace, un po' come facevamo sempre: senza chiederci realmente scusa.
Perchè?
Perchè Annabeth abbassò la testa, come per nascondermi la sua espressione.
Ma io feci in tempo a notare che le sue labbra si erano incurvate in un sorriso.
Improvvisamente la speranza mi avvolse come un sorso di acqua frescca dopo che si ha camminato a lungo nel deserto.
Forse anche l'incontro con Trittolemo sarebbe andato bene.
Forse avremmo vinto davvero la guerra contro Crono.
Forse saremmo riusciti perfino a salvare Luke dal suo terribile destino.
Ma per ora, in quel momento, in quella piccola bolla che si era letteralmente creata tra di noi, mi fece sorridere a mia volta.
Non l'avrei mai ammesso — specialmente non in sua presenza — ma il sorriso di Annabeth mi rese felice.

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