Dove finisci tu

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Solo ora, in realtà, mi rendo conto che forse, non era colpa di nessuno.

Quella sensazione, alla bocca dello stomaco, quel bruciore, quella voglia di catturarti, strattonarti, afferrarti, stringerti, tenerti stretta a me. Non era colpa di nessuno. Non mia. Non tua, nonostante abbia provato a convincermene e convincertene per così tanto.

No, non era proprio colpa di nessuno.
Era solo l'inevitabile conseguenza del sentire il tuo respiro, dei tuoi occhi su di me, e ancora di più, dei tuoi occhi altrove. Del tuo sorriso sincero e delle gote rosse. Anche del ridicolo batuffolo sulla testa, ma questo non lo ammetterò mai davanti a te.

Era solo l'inevitabile conseguenza della mia anima a contatto con la tua. O anche della loro semplice vicinanza. Anche del loro semplice vedersi da lontano.

Anche del loro semplice non vedersi, ma cercarsi.

Però era più facile, sai?
Credere che fosse colpa tua. Che quel dolore, quello strappo forte al petto, quella tua ombra lontana da me, fossi tu che mi lasciavi indietro, e non io che mi rifiutavo di avanzare. Non io che ti costringevo ad andare via, non io a stropicciare, stordire, ferire quella magia.

Resta.
Resta resta resta.
Adora, resta.

Era più facile chiederti di fermarti, che non imparare a camminare.

E, disperata, ho strisciato.
Ho cercato di seguirti, raggiungerti, senza provarci davvero. Mi sono allungata per raggiungerti e tutte le volte che ti ho avuta vicina, ti ho spinto più in là. E poi te ne ho dato la colpa.

Come ti ho dato la colpa di quella tachicardia, del sudore alle mani, del nodo allo stomaco, del desiderio del tuo calore.

Colpa tua, Adora.
Colpa tua colpa tua colpa tua.

Però non andartene Adora. Resta con me, Adora. Fammi battere il cuore e fammi sudare le mani e annodami lo stomaco e fammi bramare il tuo calore.
Fammi soffrire e fatti amare e fammi soffrire.

Ti domandavo l'impossibile, non ti permettevo di decifrarmi, e intanto anche tu ti scheggiavi, graffiavi, scorticavi. Aspettavi di poterlo sentire, il battito del mio cuore, di poterle stringere quelle mani tanto sudate, liberarlo insieme al tuo quello stomaco sofferente e donarmelo quel tuo calore. Aspettavi che io te lo lasciassi fare, che io non avessi paura del realizzarsi di ciò che desideravo così tanto da star male.

E non mi hai mai odiata.
Come, Adora?
Come hai potuto non odiarmi?
Come ha potuto vincere tutto questo?

Oh, perché vedi, Adora, non è colpa di nessuno.
Siamo solo l'inevitabile conseguenza delle nostre anime legate, cucite, innamorate.

E forse quello che mi ha riempita e annientata più di tutto era proprio il non sapere dove finissi tu e dove cominciassi io.
Dove finisse il tuo toccarmi e dove iniziasse il mio essere toccata, dove finisse il tuo guardarmi e dove iniziasse il mio essere guardata. Dove finisci tu. Dove finisco anche io, perché sei finita tu.

Oh, Adora, mostramelo, indicamelo.
Dov'è che finisci?
Dov'è che comincio?

No, anzi no. No no, Adora, non voglio saperlo. Non dirmelo.

Fonditi, fondimi, fondiamo.

D'altronde era già così, era sempre così, sarà sempre così. Non puoi liberarti di me, non vuoi non puoi non vuoi. Io non voglio.

Vieni, vienimi vicina. Mostrami come siamo, cosa siamo, come nasciamo, viviamo, moriamo. Insieme.

Perfavore, solo questa volta, resta.
Non perforza ferma con me. Solo a fianco a me. Resta a fianco a me.
Resta con me.
Avanza con me.
Cammina con me.

Restami vicina.

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