CAPITOLO 1

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Ho provato ad annegare i miei dolori 

ma hanno imparato a nuotare.

-Frida Kahlo


Megan


Uno, due, tre. Respira.
Uno, due, tre. Respira.

Sferro pugni come in un combattimento, li sferro per accorgermi di quanto faccia male. Uno e un altro ancora. Continuo così fino a che la vista non si annebbia, fino a che non sento più niente. Nemmeno le mie nocche sentono alcunché, sono talmente abituata a questo dolore ed il vuoto che ne segue che non ci faccio quasi caso.

«Meg, mi senti?»
Una voce mi fa risalire dall'abisso e io sbatto le palpebre furiosamente per guardare la ragazza che mi sta chiamando.

«Carol?» Assomiglia molto più ad una domanda. Continuo a guardarla e mi appoggio con la testa delicatamente al sacco caldo.
La mia valvola di sfogo.
L'unica cosa che non mi fa andare fuori di testa.

«Datti una calmata, ti stai facendo male. Non vuoi che lei ti veda così» mi ricorda lei inarcando un sopracciglio tatuato.
Schiocco la lingua spostandomi dal sacco appeso e mi dirigo verso la bottiglietta d'acqua che giace su una sedia vuota.

Certo che non voglio che mi veda così.
So anche che è l'unico modo per restare connessa con il mio cervello è con l'ambiente circostante.

Se solo mi lasciassi andare, forse l'unica cosa che sentirei la necessità di fare sarebbe bere un litro di whisky mischiato con dello xanax.

Distendono le labbra per simulare un sorriso che non sento più mio da due anni.

Forse da molti di più.

La bionda dagli occhi azzurri mi fissa quasi incuriosita dalla mia reazione. Inarca la schiena per una postura più eretta e il suo metro e sessantacinque si nota tutto.

L'abbigliamento da fashion blogger mi fa quasi roteare gli occhi al cielo, per un solo istante. Maglia nera a maniche lunghe, con farfalle dipinte e colorate. Leggins colorati di spruzzi di viola e verde fanno intravedere le sue gambe snelle e toniche.

Senza dare troppo peso al mio sguardo di ghiaccio scuote la chioma ondulata e trattenuta in una coda di cavallo, mi sorride mostrandomi i denti bianchi e scintillanti.

«Sono calma» borbotto tagliente ma ovviamente non si fa scalfire ed alza gli occhi al cielo.

La palestra di Roy non è enorme ma è della dimensione giusta per avere qualche sala per attrezzi e questo stanzone per gli incontri, dove lui allena i suoi campioni.

Le mura sono dipinte di un color crema fino al soffitto e disegni di attrezzi vari, tutti di colore rosso.
Al centro della sala ring, questa, in mezzo vi è un quadrato rialzato e contornato dalle corde in un quadrato perfetto.

La palestra è all'altezza giusta e sulla strada giusta, piena di uffici e persone che nella loro pausa pranzo passano il tempo ad allenarsi e a rimpinzarsi di barrette proteiche.

È passato qualche anno da quando ho incontrato Roy, con il mio volto tumefatto e i capelli tagliati male.
Ha voluto allenarmi come uno dei suoi campioni ed ha provato molte volte a farmi combattere ma io non posso dare spettacolo e le mie mani servono in perfetta forma, quasi, per il mio lavoro.

Mentre sto ancora bevendo l'allenatore entra con un paio di ragazzi e le loro borse sulle spalle. Dopo una rapida occhiata butto la bottiglietta nel cestino, mi sistemo le fasce sulle nocche e mi posiziono ancora davanti al sacco.

Legame- oltre l'attrazione Vol.1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora