...till the end

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Thor sapeva che qualcosa sarebbe andato storto.

Era così ovvio, in fondo.

Quando si gioca con le leggi del tempo, raramente se ne esce illesi. A volte, non se ne esce affatto.

Perciò ora era lì, in quell'attico, circondato dai propri compagni distrutti, schiacciati nell'animo, provati dal lutto, mentre lui si guardava intorno e scuoteva la testa, tentando di capire cosa stesse succedendo, rifiutandosi di accettare la realtà per quanto semplice e definitiva essa fosse. Nella sua testa solo un nome, ripetuto come un mantra, come se il solo pronunciarlo potesse risolvere tutto, dare una spiegazione a ogni cosa, illuminare l'oscurità che era improvvisamente calata nel suo cuore:

Natasha...

<Lei aveva famiglia?>

<Sì... Noi>

Quelle parole, l'uso terrificante e definitivo del tempo al passato, risvegliarono in lui una scintilla di protesta.

No... non di nuovo.

Si avvicinò a Tony, ora deciso a farsi sentire, a farli ragionare.

<Ehi, ehi, che state dicendo? Vi comportate come se fosse morta, perché pensiamo che sia morta!? Abbiamo le gemme, possiamo riportala qui. Quindi basta stronzate, niente panico>

Oh, quale dolce follia era il rifiuto della morte! Dopo anni e anni di battaglie, ci si aspetterebbe che un eroe abbia imparato che ad essa non c'è scampo, né avviso, né risoluzione.

In questo caso, semplicemente, Thor aveva avuto modo di capirlo troppe, troppe volte...

<No. Non si può> intervenne la voce di Clint, più salda di quanto tutti si fossero aspettati. L'arciere dava le spalle ai compagni, lo sguardo lontano, al di là dei vetri dell'attico: probabilmente la sua mente era ancora laggiù, in quel dominio di morte, dove aveva appena detto addio alla sua più cara amica. <È irreversibile>

Quella parola in qualche modo gli entrò nel cuore come un ago. La rifuggì, Thor, con tutto ciò che significava.

<Senti, non per offenderti, ma tu sei un essere molto... terrestre, mentre qui si parla di magia spaziale. "Non si può" è molto definitivo...>

<Sì, sì, so che parlo di cose al di fuori.. della mia portata. Ma lei comunque qui non c'è> lo interruppe Clint, nonostante il dolore che pronunciare quelle parole gli stava procurando. La sua voce si alterò, trasformandosi rapidamente in urla. <Non si può. È irreversibile. O almeno, è quello che ha detto... l'Uomo Rosso Fluttuante! Forse dovresti parlare con lui!! Impugna il tuo bel martello, vola via e va' a parlare con lui!!>

Thor si ritrasse, non potendo rispondere in alcun modo. L'ingiustizia degli eventi, fino ad allora non contemplata, di fronte all'evidente sofferenza dell'amico lo avvolse tutto d'un tratto: perché? Perché Nat, perché Clint, perché lui? Perché doveva succedere a loro, che avevano rinunciato a tutto per il bene degli altri, avevano consacrato la loro vita a uno scopo più grande, più altruista, più eroico?

Perché dovevano essere loro a perdere ogni cosa? Perché il prezzo del fare la cosa giusta doveva per forza essere la felicità?

Qui si andava ben oltre l'ingiustizia. Si trattava di un patto sancito con il destino, antico come l'universo stesso, suggellato con l'anima. Ed era semplice e chiaro: un eroe non poteva trovare pace.

Clint deglutì, lo sguardo appannato da lacrime che non voleva più versare. <Dovevo andare io> affermò, la voce che tremava come una foglia mossa dal vento. <Lei ha dato la sua vita, ha messo la sua vita nelle mani di quella maledetta gemma>

I will be with you till the endDove le storie prendono vita. Scoprilo ora