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“Meno sessanta, cinquantanove, cinquantotto…” il fatidico conto alla rovescia, tra meno di un minuto sarebbe finito, finirà un anno e ne verrà uno nuovo. Non volevo finisse, volevo tornare indietro.

“cinquantuno, cinquanta, quarantanove” erano tutti ansiosi, tutti volevano festeggiare, mentre nella mia mente riaffioravano tutti i ricordi, tutte le risate, le delusioni, il divertimento, i pianti, le nuove amicizie e le amicizie perse.

“Trentotto, trentasette, trentasei…” stava per finire il conto alla rovescia, una strana mancanza mi prese lo stomaco e la mente, mi sentivo un vuoto esattamente al centro dello stomaco. Rimasi impietrita a pensare e a fissare i grande orologio.

“Diciannove, diciotto…” Pensai alle persone che mi sono state vicine.

“Diciassette, sedici…” A tutti quelli che ho lasciato o viceversa.

“Quindici, quattordici…” A tutti quelli che hanno sopportato i miei sfoghi e le mie paranoie.

“Tredici, dodici…” A tutti coloro che rimangono accanto a me.

“Undici, dieci…” Alla mia migliore amica, che nonostante tutto, è ancora qua.

“Nove, otto…” Ai miei genitori, che nonostante tutto mi rimangono accanto.

“Sette, sei…” A mio fratello e a mia sorella.

“Cinque, quattro…” Alla musica e ai libri, che mi fanno staccare un po’ da questo mondo.

“Tre, due…” “gli ultimi secondi sembrano interminabili” -pensai-

“Uno, zero.” A lui, che è tanto distante ma allo stesso tempo vicino, che mi ha fatto passare notti insonni, pianti, risate, giravolte, con cui ho guardato tanti tramonti.

Nella mia mente risbucarono questi ricordi, non sentivo nemmeno gli schiamazzi della gente intorno a me. Ero persa nei pensieri, nei ricordi. Mi mancava ma lo odiavo.

Lo odiavo per non aver pensato a me, per essersene andato quella notte, e odiavo anche me stessa, non solo perché l’avevo lasciato andare, ma perché se io fossi stata davvero importante, lui non avrebbe avuto nessuna voglia di andarsene. Non so nemmeno perché se ne sia andato, mi manca terribilmente, provavo qualcosa per lui e lui qualcosa per me, ma evidentemente il suo sentimento si spense prima. Certamente, quel sentimento non era amore, io, Margot, ho 15 anni e il mio tanto atteso lui (Luke) anche. Per quanto mi riguarda, a quindici anni l’amore non esiste, esiste la passione, l’interesse, ma non l’amore, no! Mia madre mi diceva che l’amore è trovare un punto calmo anche quando il mare è in tempesta. E io e Luke, questo punto calmo, non l’abbiamo trovato, è finito tutto quella notte, la nostra storia era una storia di alti e bassi; il grande orologio posto in piazza a Berlino segnava mezzanotte e quindici, erano già passati quindici minuti dalla mezzanotte, siamo nel nuovo anno da ben un quarto d’ora. “Margot! Margot quando ti deciderai ad ascoltarmi?!” Scossi la testa e vidi che era mia madre, mi stava chiamando e io, come al solito, non me ne resi conto, ma non per via della gente, ma per via dei pensieri. “Sì mamma, scusa ti ascolto.” Dissi con un filo di voce nella speranza che sentisse. “Ogni giorno sempre la stessa storia, ti chiamo e non ascolti, arriverà il momento dove scoprirò cos’hai in quella testa.” La ascoltai a testa bassa in segno di scuse. “Senti Margot –riprese il discorso- volevo solo dirti che io e tuo padre andiamo a casa, tu vieni? O stai in giro?”

“No tranquilli, andate, io resto un po’ in giro, dovrebbe arrivare Silvia” risposi

“Va bene tesoro, a dopo” mi lasciò un umido bacio sulla nuca e poi si diresse verso mio padre.

Rimasi lì in piazza a fissare il cielo ormai nudo, senza più un fuoco d’artificio, rimasero le stelle, ed erano bellissime. Mi decisi a chiamare qualcuno, così presi il telefono e scrissi a silvia di raggiungermi al solito posto tra dieci minuti.

Iniziai ad incamminarmi e arrivai di gran lunga prima della mia amica, mi sedetti sotto il grande albero e resistetti al freddo che provocava l’erba. Dopo circa cinque minuti arrivò silvia “Scusa il ritardo – prese fiato – ma ho corso da casa – prese fiato un’altra volta – mia fin qua.” Si buttò per terra e poggiò la sua testa sulle mie gambe, io scoppiai a ridere. “Dai alzati!” dissi ridendo. E così fece, iniziammo a camminare per il centro, c’era ancora gente in giro, nonostante fosse l’una e mezza di mattina. “Senti Margot, ho un’idea” disse tutto d’un tratto, io annui in segno di proseguire il discorso “Facciamo iniziare bene quest’anno, da buone amiche.” La guardai confusa e chiesi “Cosa intendi?”

che n'è stato delle frasi "ci sarò comunque vada"?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora