Capitolo 3

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Nel buio sentì di arrossire violentemente, avrebbe voluto sprofondare. 

«Oddio, non ti avevo sentito» sbottò. «Credo sia il momento di rientrare» disse imbarazzata da quel silenzio. 

Jordan le bloccò il passo, le si mise davanti. Teneva le mani in tasca in una posa indolente, si era avvicinato tanto, da sentirne il calore del corpo, al di là del tessuto degli abiti. 
«Quali sono queste condizioni?» le chiese piano vicino all'orecchio.
«Non voglio legami...» rispose lei balbettando.
«Ottimo, nemmeno io» le disse sfiorandole i capelli con le labbra. «Poi?»
«Non voglio interferenze nella mia vita. Non voglio che conosca la mia famiglia e nemmeno parlare di lavoro.» Fece un respiro profondo: l'aroma del dopobarba di Jordan le invase le narici inebriandola ed eccitandola. «Ho un'agenda fitta di appuntamenti e di impegni, viaggio spesso e solo nei miei momenti liberi ci si può vedere per stare insieme. Non può pretendere il mio tempo.»
«È tutto?» le chiese lui. Tolse una mano dalla tasca e gliela appoggiò sulla schiena. A quel contatto la pelle di Barcellona ebbe un brivido di eccitazione che la mandò in confusione.
«Forse, non saprei, alcune condizioni verrebbero con il tempo...» balbettò la donna.
«E se io ti dicessi... che a me vanno bene?» La mano cominciò una lenta carezza sulla schiena.
Sempre più confusa, Barcellona non capì subito cosa volessero dire le parole di lui. 
«Cosa?» Il suo corpo tremava dall'eccitazione per quella situazione e riusciva a stento a seguire le parole di Jordan.
«Sì o no, Barcellona?» Il viso di Jordan era vicinissimo al suo, le labbra, mentre parlava, sfioravano le sue.
«Sì o no?» ripetè.
Barcellona aveva il cuore a mille e lo sentiva pulsare nelle orecchie. Mai nessun uomo le aveva fatto quell'effetto erotico. Lo fissava negli occhi con le labbra leggermente aperte e il respiro corto. Sapeva che stava per imbarcarsi in qualcosa che avrebbe potuto distruggerla completamente, ma non le interessava. In quel momento voleva solo che lui la baciasse, voleva sentire le sue mani sul corpo. 
«Sì.» 
Lo aveva appena sussurrato che le loro labbra erano già allacciate in un bacio sensuale e profondo. Lui la strinse a sé anche con l'altra mano, iniziando a cercare ogni centimetro di pelle nuda, con le lingue che giocavano fra le loro bocche, in un bacio sempre più profondo. 
Si staccarono da quel bacio solo per un secondo, ansimanti e pieni di passione. Lei sentiva il sangue pulsarle nelle vene come se fosse un fuoco, consapevole del corpo di Jordan eccitato e stretto contro il suo.
Erano rimasti fermi, ansanti e si fissavano, Jordan cercava di trattenersi per non esplodere. Barcellona spostò una mano sulla sua camicia e lentamente gli aprì un bottone e poi un altro e un altro ancora, lasciandolo con il petto completamente nudo. Poi vi posò la mano e lo accarezzò lentamente, lui chiuse un attimo gli occhi e la fermò. Quando li riaprì, fu di nuovo sulla sua bocca, a baciarla con foga come un assetato in mezzo al deserto. Le mise le mani sui fianchi e la premette contro di sé per farle sentire quanto era eccitato. Lei sorrise e fece un movimento con il bacino per strusciarglisi addosso. Jordan mugolò di piacere e le calò le spalline del vestito, mettendole a nudo i seni sodi e perfetti, con i capezzoli turgidi rivolti verso di lui. La strinse a sé di nuovo, sul suo petto, per un contatto pelle con pelle. Le passò una mano su un seno, sentendo il capezzolo indurirsi tra le sue dita. Lei emise un lungo sospiro tremante buttò la testa indietro, offrendogli i suoi . Lui ci  tuffò il viso, la leccò, la baciò. Succhiò e morse quei delicati fiori che si mostravano a lui.
Una curiosità a cui aveva pensato per tutta la sera lo fece tremare di eccitazione. Si avvicinò a una colonna lì vicino e poggiò Barcellona con la schiena nuda sul marmo freddo. Le prese le mani e le portò sopra la sua testa. La teneva con una mano, mentre l'altra scendeva in una carezza lenta fino ad arrivare poco sopra il ginocchio, dove finiva il vestito. Lo tirò lentamente su, accarezzandole le cosce. E finalmente arrivò alla sua femminilità, senza barriere, senza nulla. 
Gli sfuggì un gemito roco, eccitato e ripresa a baciarla. Iniziò a giocare con la sua femminilità: era calda, umida, morbida. Barcellona abbassò le mani sul suo petto e prese ad accarezzarlo scendendo sempre di più, arrivando al bottone e alla zip dei pantaloni. Glieli aprì e infilò la mano dentro gli slip, iniziandolo a toccare e ad accarezzarlo intimamente. Jordan si bloccò un secondo per riprendere fiato. Le toccò un punto preciso e lei emise un gemito di piacere.
Continuò a muovere le dita su quel punto facendola gemere ancora, mentre anche lei lo toccava e muoveva la sua mano. All'improvviso, in un impeto di eccitazione, la prese per i fianchi e la tirò su, lei incrociò le gambe dietro la schiena dell'uomo e incurvò la schiena quando lui la penetrò in un colpo. Si mossero veloci, eccitati come non mai, ed esplosero insieme in un orgasmo intenso.
Si guardavano negli occhi, lui ancora dentro di lei, ascoltando i loro corpi che si rilassavano. Sorrisero.
«Mi sembra di essere tornato adolescente» Jordan la guardava senza sosta, pensando che mai aveva avuto una compagna di sesso così eccitante, così sensuale, così... lei.
Barcellona sciolse le gambe dalla sua schiena posandole a terra. 
«E adesso?» chiese lei: erano entrambi scompigliati e mezzi nudi.
Lui rise. 
«Torniamo alla festa». 
La baciò sulle labbra, mentre lei si sistemava il vestito con movimenti rapidi, la baciò di nuovo ridendo come un ragazzino. «E dopo, quando avremo dei ritagli di tempo, ci vedremo per il resto.»
«Il resto?» chiese lei non capendo.
«Questo, mia cara, era solo l'antipasto. Un piccolo assaggio.»
«Io dovrò lasciare la festa, però.» Guardava Jordan che si riabbottonava i pantaloni, aiutandolo con la camicia.
«E perché mai dovresti farlo?» chiese sbalordito.
«Tua sorella mi conosce troppo bene e in dieci, anzi cinque secondi capirebbe subito cosa è successo.»
«E allora?» le chiese lui.
«Niente famiglia in mezzo, ricordi? Meno sanno meglio è».
Lui annuì. 
«Allora concedimi solo un ultimo ballo. Rientro io e poi fra un po' rientri anche tu. Dopo, come Cenerentola, potrai lasciare la festa poco prima di mezzanotte». 
Rise con lui. 
«E va bene, un ballo. Prima però devo passare in bagno a sistemarmi.»  Aveva i capelli arruffati, il vestito leggermente stropicciato e voleva guardarsi in faccia per capire se gli altri avrebbero capito cosa era successo.
«Anche se...» La guardò famelico. «Ricomincerei tutto di nuovo.»
«Rientra!» esclamò lei ridendo e spingendolo leggermente.
Barcellona rientrò veloce come un fulmine e svelta si rifugiò dentro la stanza  da bagno. Si guardò allo specchio preoccupata, ma, a parte un leggero rossore alle guance, non si capiva nulla di ciò che aveva fatto nel giardino con Jordan. Il corpo le tremò a ripensare cosa era successo. Anche se era stato tutto così veloce, era ancora presa dal turbamento. 
Si sistemò il vestito, controllò la schiena, passò le mani fra i capelli pettinandoli e  uscì camminando a passo svelto diretta alla sala da ballo. Jordan la vide e fece un cenno all'orchestra, lei si mosse arrivando al centro della sala. La musica scemò e lui la raggiunse guardandola fisso negli occhi.
Le prime note di una kizomba suonarono e un sorriso seducente le esplose in viso mentre cominciava a muoversi con Jordan, sulle note di quella musica sensuale, ricordando ai loro corpi, che continuavano a toccarsi e a sfiorarsi, la loro danza in giardino di poco prima. Lui la guardava affamato del suo corpo, la stringeva, poi la lasciava e la riprendeva, facendola piroettare.
«Non è molto saggio ballare così... dopo l'altro ballo» gli disse sensuale vicino al volto.
Altre coppie si unirono in pista e loro continuarono a muoversi in quella danza che li eccitava e torturava a ogni movimento.
Quando la musica finì, lui le baciò la mano elegantemente con un mezzo inchino e lei scivolò via dal centro della sala, andando verso la porta.
«Barcy? Che succede?» La voce di Jessy la bloccò mentre stava per uscire. 
Non si voltò subito, ma girò la testa e la guardò da sopra la spalla. 
«In che senso?» La sua faccia tosta, nell'esprimere una finta indifferenza in quel momento, era alle stelle.
Jessy alzò un sopracciglio e le si parò davanti. La guardò da capo a piedi  con un sorrisetto inquisitore. «Barcy, c'è qualcosa che devi dirmi, su di te e mio fratello?»
Barcellona sorrise e arrossì.
«Lo sapevo!» esclamò Jessy. «Avete fatto sesso!»
Arrossì ancora di più. 
«Abbiamo solo ballato».
Jessy si mise le mani sui fianchi e alzò entrambi i sopraccigli. 
«Ma per piacere, Barcy. Per chi mi hai preso?»
Barcellona si guardò la punta dei piedi.
«Ora devo andare, Jessy. Ci sentiamo presto, saluto tuo padre e vado a casa che sono stanca».
Jessy si spostò, sorridendole sorniona e la lasciò andare. 
Barcellona trovò Tony: parlava a bassa voce con un ragazzo che aveva già notato in azienda un paio di volte, lanciando di tanto in tanto occhiate in giro, per paura che i figli si accorgessero che, anche quella sera, parlava di lavoro. Le venne presentato da Tony come Arturo Prentini e si accorse di aver già sentito parlare di lui. Salutò entrambi e si accomiatò,  scappando da quella festa.

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