Era un fresco giorno di fine febbraio e io mi svegliai come sempre alle 7:30, pronta per un nuovo giorno di scuola. Certamente non mi sarei nemmeno lontanamente potuta aspettare cosa succederà, ma nel passato non lo avrei mai potuto sapere. Cavolo, neanche immaginare! Corsi dal tragitto tra i cancelli e la mia aula perché mio fratello Peter si era svegliato in ritardo, quindi avevo dovuto aspettarlo (Ugh, maschi). Entrai in classe col fiatone e sistemai la mia roba sul banco.
"Quindi... oggi hai la partita di scacchi" mi disse Zaira, mia amica dall'asilo nido.
"Già" le risposi con un sorriso. Era così eccitante la sensazione di non sapere cosa sarebbe successo. Avrei vinto? Avrei perso? Con chi avrei combattuto fino alla morte? Passò un'ora e nessuno venne a chiamare me, mentre altri tre compagni erano già andati. Uno aveva vinto e gli altri due perso. Alla lezione successiva c'era un'ora di supplenza. L'ultima volta che era successo era il mese scorso, quindi stavamo tutti urlando di felicità.
La mia contentezza sfumò velocemente, perché proprio cinque minuti dopo entrò la segretaria bionda che tutti i giorni apriva il portone per entrare nella scuola e disse: "Giaci Sarchi." Alzai il braccio. No, no, no. Stiamo scherzando, vero?
"Vieni, è il tuo torno di giocare a scacchi" continuò la grassa signora. Non ci credo! Se questa non è sfiga, non so cos'altro potrebbe esserlo. Mi alzai dal banco e nel percorso verso la porta, alcuni compagni mi batterono il cinque e infine mi dissero in coro "Buona fortuna!" Stavo tremando per l'ansia. Feci qualche respiro profondo e le gambe smisero di tremolare. Camminai verso un'altra classe accanto e la segretaria chiamò un ragazzo.
Poi ci disse: "Andate in biblioteca, tanto sapete dove si trova." Annuimmo e ci arrivammo in un paio di minuti. Vidi un signore dai capelli marroni scrivere nomi in un grande tabellone appoggiato ad un banco blu mare.
"Chi sei?" mi chiese girandosi.
"Giaci Sarchi" risposi osservando lo schema intrecciato di nomi.
"Ok, aspetta un attimo. Il tuo avversario non è ancora arrivato." Aspettai in piedi andando avanti e indietro per la stanza guardando ragazzi e ragazze giocare intensamente a scacchi. Diedi dei piccoli consigli qui e là e spiegai ad una persona che quando il re era in scacco era obbligatorio muoverlo. A un tratto, dopo circa dieci minuti, l'insegnante castano mi fece un segno di avvicinarmi.
"Sei nel tabellone 11" mi disse indicandomelo. In tutto ce n'erano 13, e uno di quelli era il mio. Mi sedetti e notai che accanto a me c'era un ragazzo che conoscevo perché andava con me a una scuola di inglese. Il suo nome era Gabriel. Parlammo qualche attimo, poi la sua avversaria arrivò e iniziarono a discutere del più e del meno. Restai in assoluto silenzio fino a che un ragazzo si sedette davanti a me. Aveva i capelli castani corti ricci a ciuffo, due occhi color caffè e non l'avevo mai visto in tutta la mia vita.
"Ciao" disse lui con la caratteristica voce maschile bassa. Il suo sguardo all'inizio era un po' timido, come se si stesse nascondendo dietro al suo stesso ciuffo.
"Ciao" lo salutai.
"Io mi chiamo Lorenzo" si presentò il ragazzo sporgendosi verso di me.
"Io Giaci. Tu di che classe sei?"
"3C, e tu?"
"2C." Ci guardammo intorno perché comunque eravamo avversari, mica dovevamo sapere tutto l'uno dell'altro. Notai che nei suoi occhi c'era una scintilla di vitalità che mi affascinò eccessivamente troppo.
"Non distrarti. Il tuo scopo è vincere, non fissarlo" ammonì il mio cervello.
"Ma è carino..." controbatté il cuore, onesto come sempre.
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Solo una partita a scacchi...
RomanceStoria "romantica" tratta da una mia vera esperienza. Spero che vi piaccia, ci ho messo tutto quello che potevo umanamente esprimere usando solo le parole.