Me lo dai un bacio, Nic?

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-È assurdo che per una volta sia io a doverti tenere su e non tu.- disse con un sospiro Nicolas, mentre scendeva dalla macchina e correva ad aprire lo sportello del passeggero, sul quale era seduto (o meglio dire, stravaccato) Cesare.
Erano rientrati dalla festa di compleanno organizzata da lui e Nelson e il palestrato, una volta tanto, aveva deciso di mettere da parte i suoi principi salutisti per darsi all'alcool e all'ebrezza, sotto lo sguardo preoccupato di Nicolas, ben consapevole del fatto che l'amico, nonostante la stazza, reggesse ben poco.
Aiutò Cesare a slacciarsi la cintura di sicurezza, prese un suo braccio e si circondò con esso le spalle graciline, mentre iniziava a camminare lentamente verso il portone dell'edificio.
Nicolas aveva deciso di trasferirsi con dei coinquilini da poco, ma in quel momento era da solo e non se la sentiva di riportare a casa Cesare in quelle condizioni.
-Nicolas, smettila di farmi da madre, sto benissimo.- sbiascicò, a proposito, il ragazzo, provando a vincolarsi da quell'abbraccio un po' "forzato" e tentando di camminare dritto, senza successo.
Anzi, a momenti poco ci mancava che inciampasse nei gradini dell'entrata. Fortunatamente il più piccolo riuscì a prenderlo su in tempo, mentre cercava le chiavi con una mano in tasca.
-Benissimo, certo. Sei il solito zuccone, non mi ascolti mai. Te lo avevo detto che quello shottino era di troppo. Ma tu "no, no, non è vero, gne gne, quando sarai più grande capirai". Come se due anni facessero la differenza.- continuò Nicolas mentre armeggiava con la serratura in un finto tono di rimprovero, fregato da un debole sorriso dolce.
Fortunatamente l'appartamento di Nicolas era al primo piano. Questo permise ai due ragazzi di fare solo un paio di rampe di scale, senza che Cesare si potesse in qualche modo fare male.
Una volta entrati in casa, Nic accompagnò il ragazzo nella sua camera da letto, facendolo sdraiare.
-Niiiic, smettilaaa, ce la faccio da solooo- disse in una cantilena Cesare, mentre l'amico gli toglieva le scarpe.
-Oh, mio, dio, taci.- ridacchiò l'altro, anche se questa volta in maniera imbarazzata. Nicolas aveva infatti iniziato a spogliare Cesare, per liberarlo da quegli abiti stretti, con non poco disagio. Aveva iniziato ad armeggiare con la cintura, quando si sentì una mano calda e grande sul viso.
-Nic, te lo hanno mai detto che sei proprio bello?- disse in maniera dolce.
Nicolas lo guardò deglutendo. Iniziò a sentire il fiato corto, nel mentre che Cesare iniziava a tirarsi su con i gomiti per guardarlo meglio.
-G-grazie.- sussurrò il più piccolo, tornando ad armeggiare con la cintura, fino a riuscire a sfilargliela. Cesare continuava a fissarlo, in un modo con cui non lo aveva mai guardato prima.
Nicolas si morse le labbra, per trattenersi ancora di più dal disagio, mentre iniziava a sfilargli e pantaloni, facendoli scendere lungo le gambe muscolose del più grande.
Cercava di non guardare verso i boxer dell'amico, ma fu inevitabile buttare un occhio e constatare che sì, Cesare stava avendo una erezione.
"Oh, dio, aiutami." pensò Nicolas, nell'imbarazzo più totale, mentre sentiva il sudore farsi spazio.
Non stava vivendo davvero quello che era da sempre il suo più grande sogno erotico, giusto?
Sì, perchè se c'era una cosa indubbiamente nota, tant'è che pure i muri se ne erano accorti, era che Nicolas aveva una cotta assurda per Cesare. E non solo perchè dal punto di vista estetico era uno dei ragazzi più belli che avesse mai visto, ma anche per la sua personalità, il suo modo di essere apparentemente stupido e giocherellone, la sua mente in realtà profonda ed empatica, il suo pensiero, i suoi libri.
Nicolas si tirò in piedi di scatto, sotto lo sguardo interrogativo di Cesare.
-Io vado di là. Se hai bisogno chiamami.- disse velocemente.
Cesare, con solo addosso la camicia bianca sbottonata fino a metà da inizio serata, ridacchiò.
-E se io avessi bisogno ora?- disse, cercando di essere provocante, nonostante la sbronza piuttosto evidente.
Nic avvampò di nuovo.
-Cosa c'è?- chiese, esasperato.
A quel punto Cesare si fece serio.
Gli fece cenno di avvicinarsi, facendogli un pochino spazio in quel piccolo letto a una piazza singola, indicandogli dove sedersi.
Nic seguì le sue istruzioni con il cuore in gola. Si sedette accanto a lui.
Cesare lo fissò, accarezzandogli di nuovo la guancia. Nic cercava di non guardarlo, per non trovarsi anche lui con altri problemi, e la vista di quel petto mezzo scoperto dalla camicia bianca lo metteva estremamente in soggezione.
-Perchè non mi guardi? Sono brutto?- domandò Cesare in un tono da bambino offeso, che fece sciogliere il cuore del ragazzo accanto a lui.
Stringendogli la mano che teneva sulla guancia calda, Nicolas sembrò ritrovare l'uso della lingua e alzando lo sguardo sussurrò un tremante:
-Sei la cosa più perfetta che abbia mai visto.-
Lo disse talmente piano che Cesare non era sicuro di averlo sentito.
Riabbassò lo sguardo, desideroso di scappare via.
-Dimmi, di che cosa hai bisogno?- chiese, cercando di mantenere un criterio di serietà.
Cesare sorrise.
-Voglio un bacio. Me lo dai un bacio, Nic?-
Nicolas, che ormai aveva deciso di salutare la sua dignità per quella sera, con il cuore in gola, avvicinò le sue labbra sottili alla fronte scottante dell'amico (seppur non sicuro di poterlo definire oramai tale).
-No, Nic, il bacio non lo voglio lì.- disse Cesare, facendo il broncio.
Il più piccolo rise di fronte a quel tono. Si chinò allora per lasciargli un piccolo bacio sulla guancia. Di nuovo, Cesare sbuffò.
-Noooo, neanche lì!- disse.
-E dove, allora?- chiese Nicolas perplesso.
Ora però i loro visi si trovavano a una distanza ravvicinata. Troppo ravvicinata.
Le dita di Cesare iniziarono a studiare il viso dell'amico, carezzandogli il naso e le sopracciglia, come a volerle disegnare (tutto questo con il ragazzo davanti a lui con gli occhi chiusi), poggiando poi il pollice sulle sue labbra sottili.
-Io lo voglio qui. Cioè, sulle mie. Cioè, hai capito.- disse piano.
Nicolas riaprì gli occhi. Guardò Cesare. Si perse in quegli occhi stupendi tra il verde e il caramello. Senza pensarci due volte, gli stampò un bacio sulle labbra, veloce, casto e puro.
Si staccò, appoggiando la sua fronte su quella di Cesare, che teneva gli occhi chiusi e sembrava rilassato.
-Nic, ne voglio un altro.- disse in una sorta di cantilena.
Nicolas sembrava non avere più il controllo del suo corpo. Spinse le sue labbra verso quelle di Cesare ancora una volta, in maniera più approfondita e spinta.
Le mordicchiò e assaporò. Voleva sentirlo suo, voleva sentire quel sapore che tanto sognava.
Un pensiero improvviso però balenò nella sua testa.
"Per lui è soltanto una sbronza."

Nicolas si staccò improvvisamente, nel momento in cui Cesare lo stava tirando a sè con la camicia.
Si drizzò in piedi.
-Io, io vado di là. Se hai bisogno chiamami.-disse solo, mentre correva in salotto, sul divano, su cui avrebbe dormito, sotto lo sguardo perplesso dell'amico.

Il ragazzo passò una notte infernale. Non riusciva a dormire. Si girava e rigirava nel divano. Il cuore a mille. Il pensiero di essersi immaginato tutto. Il pensiero che per Cesare tutto ciò non sarebbe contato a nulla. Le lacrime che presto iniziarono a scivolare lungo il suo viso provocandogli una tristezza infinita. I singhiozzi che presero spazio a tutto.

Nicolas non dormì praticamente niente e quando si alzò erano solo le sette del mattino e la luce filtrava attraverso le tende della sala.
Affaticato per la notte insonne, si diresse verso la cucina, nel tentativo di prepararsi un caffè.

Un paio d'ore dopo sentì dei rumori provenire dalla sua stanza.
Nicolas pregò che Cesare si stesse preparando per andarsene. Voleva correre in camera, cambiare le lenzuola, per non doversi crogiolare nel dolore del palo che stava per prendersi anche in mezzo al suo profumo. Sarebbe stato abbastanza comico.
Mentre con questi pensieri tentava invano di aprire la moka per inserire la polvere del caffè, Nic sentì qualcuno entrare nella stanza. Si girò appena, trovandosi inaspettatamente a breve distanza da Cesare, il quale continuava ad avvicinarsi verso di lui con passo lento, ma deciso.
Nessuno dei due disse nulla. Nic appoggiò la moka sul lavello e si girò completamente verso il ragazzo, che indossava i pantaloni della sera precedente e una felpa trovata chissà dove.
Cesare appoggiò le mani su quelle di Nicolas, sorridendo e facendo avvampare l'altro.
-Ma questa che indosso, sbaglio, o è la felpa che ti avevo prestato mesi fa quando avevi freddo a dormire sul divano?- ridacchiò.
Nicolas desiderò morire di nuovo. Abbassò lo sguardo. Ricordò quel pomeriggio di gennaio, quando il riscaldamento si era rotto e lui stava provando a dormire sul divano, coperto da mille strati di coperte.
Cesare, senza che gli chiedesse nulla, gli aveva dato quel suo felpone grigio scuro, che ora indossava di nuovo, con la scusa che "tanto lui aveva sempre caldo".
Ritrovato l'uso della lingua, sempre con il capo chino, Nic sussurrò un debole "scusa".
-Ma di cosa devi scusarti, esattamente?- domandò il ragazzo più grande, che ora teneva le mani sulle sue braccia, quasi come se avesse paura che Nicolas potesse scappare via da un momento all'altro.
Quest'ultimo aveva alzato appena lo sguardo e, con gli occhi pieni di lacrime che minacciavano di uscire di nuovo, riuscì a dire:
-Perchè mi piaci tanto e volevo avere qualcosa di tuo.-

Ormai aveva parlato. Non sarebbe più potuto tornare indietro.
Nic iniziò a mordersi il labbro nel tentativo di non scoppiare in singhiozzi.
Le mani calde di Cesare si posarono sul suo viso, come aveva fatto la sera precedente.
-Nic.- lo chiamò.
Il più piccolo lo guardò intensamente.
-Me lo dai un bacio, Nic?-

Non ha un senso, tra due giorni ho un esame e voglio morire. Vi bacio tutti,ciao.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 13, 2020 ⏰

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