1. La partenza

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Carolina

L'orologio segnava le 5.00 e, puntuale, la sveglia che avevamo programmato sui cellulari parecchie ore prima incominciò a suonare nella stanza a volume particolarmente alto, in modo tale da essere sentita anche dalle orecchie più pigre (come le nostre). Dopo qualche minuto da sotto le lenzuola di uno dei due letti spuntò un viso ovale, dagli occhi semichiusi: aveva un naso poco pronunciato, le labbra erano carnose e nei giorni in cui frequentava l'università erano devastate da dei taglietti provocati dai denti che per il nervoso le mordicchiavano, la pelle era olivastra e d'estate si scuriva ancora di più ricalcando la progressione di colore dei capelli che, dalla radice di colore castano, si scolorivano fino ad arrivare alle punte, ormai bionde.
Si stropicciò gli occhi che finalmente si aprirono: erano grandi e marroni e di giorno venivano messi in evidenza dal mascara nero che allungava le sue ciglia tanto da renderli grossi come quelli di un gufo notturno. Una volta presa coscienza del luogo in cui si trovava, si tolse le lenzuola che ancora le ricoprivano il corpo e mettendo i piedi nudi a terra si diresse, ancora mezza addormentata, verso il bagno; durante il tragitto portò con se le lenzuola del letto distante parecchi centimetri dal suo, scoprendomi così del tutto. Mi rannicchiai a causa del quasi impercettibile cambio di temperatura ed emisi un verso rauco di odio nei confronti della persona, per me ancora sconosciuta, che mi aveva disturbato. Solo dopo qualche minuto per i continui incoraggiamenti provenienti dal bagno, mi alzai: avevo i capelli bruni arruffati e gli occhi quasi del tutto addormentati. Appena mi accorsi del bagno libero mi ci catapultai per sistemarmi e vestirmi meravigliandomi della velocità con la quale invece, la mia compagna di stanza si era già preparata: indossava una t-shirt bianca seguita da degli short di jeans che prima della metà coscia avevano subito un risvolto, tutto completato da delle scarpe da ginnastica molto in voga tra i giovani, in quel periodo. Eccetto il mio cardigan grigio, che avevo messo nel caso avessi avuto freddo, quel giorno ci vestimmo nello stesso modo. Appena ebbi finito di prepararmi ci ritrovammo in cucina e con gli occhi ancora assonnati preparammo un'abbondante colazione, al termine della quale ci sentimmo entrambe sazie, ma senza la forza di parlare dato il trauma del risveglio(avuto solo quindici minuti prima).
Finita la colazione, andammo in camera e, prese le valige, preparate la sera precedente, le mettemmo fuori dalla porta d'ingresso che chiudemmo accuratamente dopo aver controllato che gas, acqua e luci fossero spenti. Scendemmo le due rampe di scale con le valige abbastanza pesanti, contenenti il cambio per circa due settimane, tra le mani, per poi raggiungere due vetture posteggiate nel parcheggio adiacente all'abitazione. Alla guida delle due macchine vi erano rispettivamente due ragazzi: uno dai capelli scuri, non molto alto, dal viso ancora mezzo addormentato e malinconico, si chiamava Bernardo, l'altro di altezza media, dai capelli castano chiaro e gli occhi verdi vispi, di nome Edward, era, invece, emozionato all'idea di partire, glielo si poteva leggere in faccia. Solo quest'ultima era al completo mentre l'altra lo sarebbe stata solo dopo il nostro arrivo. Accennato un saluto alla macchina piena, posammo le valigie nel bagagliaio dell'altra vettura con l'ausilio di Bernardo che, una volta finito di aiutarci, si rimise al posto di guida, rimanendo dall'inizio fino alla fine del viaggio alquanto taciturno e concentrato in modo quasi ossessivo sulla strada, mentre noi ci sedemmo negli ultimi due posti disponibili posteriori: a me capitò il posto centrale accanto ad una persona piuttosto particolare, dai capelli biondi e gli occhi azzurri, viso tondo e paffuto costellato da acne, con labbra sottili e naso a patata che mi fecero sorridere e provare contemporaneamente una sensazione di disgusto. Si chiamava Luigi, era un amico d'infanzia: lo conoscevo piuttosto bene, meglio di chiunque altro fosse stato in quella
macchina e, per questo motivo, evitai qualsiasi contatto e parola con lui, dato il suo carattere burbero e a volte aggressivo. Così fece anche la mia compagna di stanza, seduta accanto a me. Il ragazzo al posto del passeggero, davanti, era concentrato sul telefonino e a malapena si accorse della nostra presenza: aveva i capelli castani, gli occhi scuri, alto e dal viso allungato, si chiamava Giovanni. L'altra macchina invece era occupata, oltre che dal guidatore, dalla sua ragazza, Clarissa, dal suo migliore amico, Tommaso, dalla rispettiva fidanzata di quest'ultimo, Cristina, e dall'unico single, Riccardo. Le due ragazze erano pressochè simili: entrambe bionde, la prima dagli occhi marroni e la seconda dagli occhi azzurri, fisico asciutto, della stessa statura, viso leggermente solcato, forse a causa delle continue diete, con pelle pallida che se non fosse stata resa olivastra, in particolare sul viso dal fondotinta si sarebbe pensato appartenessero ad una combricola di zombie. Tommaso invece era diverso dal suo migliore amico, anche se solo nel fisico: mentre Edward era piuttosto magro e dotato di pochi muscoli, lui era massiccio e muscoloso, più alto, dagli occhi e capelli marroni. Infine Riccardo, l'ultimo dell'elenco, era il più grassottello delle persone in entrambe le macchine: aveva gli occhi verdi e i capelli castani, viso tondo e pelle chiara costellata da nei.
Erano le 5.45 quando il motore venne messo in moto e finalmente partimmo. Il viaggio prevedeva una crociera di due settimane (dal 7 al 22 luglio) decisa e prenotata con il consenso e l'esaltazione di tutti; saremmo dovuti arrivare per le 7.00 al porto dove, una volta imbarcati, ci avrebbe aspettato una vacanza all'insegna del relax e del divertimento.
Il tragitto in auto durò all'incirca un'ora e fu pervaso da un forte silenzio che provocò sonnolenza. Arrivati al porto con quindici minuti di anticipo ci mettemmo in coda per parcheggiare la macchina sulla nave: passarono due ore e finalmente ci imbarcammo, posteggiammo la macchina, e correndo emozionati, dimenticando la stanchezza e il trauma del risveglio, ci dirigemmo verso le cabine assegnate sul biglietto.
Prima di proseguire però: io sono Carolina e la ragazza che, fin'ora,è stata conosciuta con lo pseudonimo di "compagna di stanza" si chiama Blair e questa è la nostra storia.

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