Maschera di seta

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Quando Angel si assicurò di essere nuovamente solo, si lasciò cadere con il capo sul cuscino sospirando con pesantezza. Nella stanza illuminata debolmente dalle luci della grande specchiera, il demone si volse alla parete alla sua destra per controllare l'ora.

    Le sedici e quindici precise. Mancavano esattamente quarantacinque minuti e lui era ancora in quelle condizioni. Doveva prepararsi, se non voleva fare tardi – e lui non poteva permetterselo nella maniera più assoluta.

    Già sapeva come sarebbe stato, se lo immaginava benissimo. Il palco, la passerella, la platea – gli sembrava di vederli, proprio come per tutte quelle paia di occhi puntate su di lui che non perdevano un singolo movimento, quelle bocche che ridevano mentre lui lavorava. E che razza di lavoro, poi.

    Valentino sarebbe stato accomodato in prima fila con le gambe accavallate, una sigaretta in mano e il solito, inquietante sorriso a inghiottire metà del suo volto. L'avrebbe guardato, sgridato con la sola potenza degli occhi se avesse sbagliato, studiato nel minimo dettaglio come se non lo conoscesse già a memoria. Come se fino a quarantasei minuti prima non fosse stato con lui, a fargli il suo «personale augurio di buona fortuna».

    Angel puntò lo sguardo in basso e scostò il lenzuolo. Si guardò, sollevando le gambe, e si trovò ripugnante eppure perfetto. Quello stronzo non si era neppure preso il disturbo di spogliarlo come si deve: gli aveva sollevato la gonna con un gesto veloce e privo di cura e calato la biancheria intima fino alle ginocchia. La camicia era stata aperta con violenza, e come ogni volta Valentino se ne era fottuto di quello che il suo sottoposto pensasse. Aveva pensato a sé stesso, aveva finto di non leggere il dolore negli occhi dell'altro, l'aveva percosso in un momento in cui «non aveva collaborato».

    Angel si diede una sistemata e si mise seduto, gli occhi vitrei scesero ad esaminare le mani. Strinse le dita sottili e smaltate di rosa attorno alle proprie braccia e scese lentamente fino ai polsi che, fino a qualche minuto prima ammanettati alla testiera del letto, erano leggermente segnati. Ma nessuno lo avrebbe notato, e anche se così fosse stato, nessuno si sarebbe posto domande. Era una pornostar, dopotutto – chissà cosa avrebbero potuto pensare, magari pure che si fosse divertito con qualcuno prima dello spettacolo.

    Quanto si sbagliavano. Ecco cosa succedeva, quando si giudicava a prima vista: la maggior parte delle volte si prendeva un granchio, e anche bello grosso. Nessuno avrebbe mai potuto dire che prima di andare a ballare lassù per compiacerli, Angel Dust fosse stato aggredito, abusato, stuprato da chi, proprio lì davanti a tutti, stava esibendo senza vergogna un sorriso lascivo ma cordiale – puramente di circostanza – e muoveva il capo a ritmo di musica senza perdersi un passo.

    Avrebbero potuto aspettarselo, dal tizio losco che dirigeva i Porn Studios, che sfruttasse il suo attore migliore in quel modo... ma comunque nessuno sarebbe andato oltre l'apparenza.

    Angel si mise definitivamente in piedi e sentì le guance bagnarsi senza che potesse farci nulla. Si portò le mani al viso per fermare quel fiume in piena che sentiva innalzarsi dal petto, ma gli argini ormai erano andati distrutti, trascinati via dalla potenza dirompente dell'acqua. Sentì la rabbia iniziare a montare dentro di sé, costringerlo a serrare i pugni contro le tempie per evitare di strillare a pieni polmoni.

    Iniziò a scaraventare i cuscini per terra, affondandoci le unghie. Poi si voltò verso il carrellino fermo di lato alla specchiera, quello che Valentino aveva fatto portare perché bevessero qualcosa insieme prima dello spettacolo. Angel vi si avvicinò a grandi falcate e iniziò a lanciare contro le pareti le bottiglie ancora piene.

    E ad ogni oggetto tirato pronunciava qualcosa, in un crescendo di insulti indirizzati al suo capo. Lanciava le bottiglie di vetro e sentiva pian piano che la rabbia stava sbollendo, almeno per quel momento. Poi fu la volta dei trucchi presi dalla specchiera, che uno dopo l'altro finirono dall'altro lato dell'ampia stanza, fino a che anche l'ultimo cassetto non fu aperto con violenza e svuotato. Le lacrime continuavano a scendere, e tracciavano con prepotenza il loro passaggio – venivano giù pesanti come perle.

    Angel si trovò davanti il bicchiere da cui Valentino aveva sorseggiato un po' di Cosmopolitan prima di uscire dalla camera.

    Si era leccato le labbra come se avesse appena assaggiato il nettare degli dèi e lo aveva guardato da dietro le lenti a forma di cuore. Lo aveva squadrato con occhio critico mentre lo osservava in ginocchio sul materasso, sfinito e provato. Poi, abbandonando il bicchiere ancora pieno per metà sulla toletta di lato a un rossetto, gli aveva detto: «Vedi di darti una sistemata, prima di scendere. Non vogliamo terrorizzare nessuno, Angel-cakes.» Ed era uscito, sogghignando nel chiudersi la porta alle spalle.

    Il solo ripensarci fece ribollire il sangue nelle vene di Angel, che con la mascella contratta e la vista appannata dalle lacrime, prese quel bicchiere e lo scaraventò contro la parete opposta, mandando a quel paese Valentino e tutti quelli che al piano di sotto lo attendevano per vederlo ballare.

    Perché nemmeno uno tra loro lo avrebbe guardato in viso, quella sera, o negli occhi. Non si sarebbero soffermati a studiare la sua espressione, a scavare a fondo nel suo sguardo per ricavarne qualche emozione. Quello che avrebbero guardato – quello di cui si sarebbero interessati – sarebbe stato solo il suo corpo che si muoveva a ritmo di musica, e nulla più.

    E nessuno avrebbe visto il suo volto contratto in un sorriso forzato. Nessuno avrebbe fatto caso alla maschera che gli copriva la faccia e rendeva invisibili i segni lasciati dalle manette sui polsi e il turbinio di emozioni che si riversava nei suoi occhi diversi.

    Sconfitto, Angel Dust si lasciò cadere seduto con la schiena contro un mobile, e tornò a portarsi le mani davanti al volto, dando libero sfogo al se stesso represso che, da dentro, domandava conforto – un conforto che però non avrebbe mai ricevuto.









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Appena ho visto il video musicale di Addict, il mio cuoricino si è spezzato più di quanto non avesse già fatto quando ho capito in grandi linee quale fosse il rapporto Angel/Val dopo aver letto il comic prequel. Fin dall'inizio il personaggio di Angel è stato uno dei miei preferiti, perché già nel pilot avevo notato, in lui, qualche segno di bontà – direi inusuale, visto l'ambiente in cui vive – che mi aveva affascinata, e dopo aver conosciuto il suo passato non ho potuto fare a meno di innamorarmi completamente di questo lil' spider boy che, benché abbia sofferto e soffra molto, riesce ad essere comunque un fantastico amico per Cherri, un ottimo padrone per Nuggs e sono convinta anche una buona spalla per Charlie e tutti gli altri.

Anzitutto, con questa one shot desidero sondare il terreno: essendo la prima volta che scrivo di tematiche del genere, voglio vedere come mi ci trovo, e soprattutto se il risultato si rivela essere qualcosa anche solo di lontanamente soddisfacente oppure un flop totale. Attendo pareri e anche critiche, purché siano costruttive!

A presto (spero)!

ounceofbreath

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