Someone to you

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Il suo petto sudato e affaticato si alzava e abbassava rapidamente in cerca d'aria, che mancava per colpa di quei cento servizi che il coach Washijō aveva preteso facesse Ushijima e ai quali poi avevano preso parte tutti i ragazzi del terzo anno, compreso lui.
La partita contro il Karasuno è stata una partita difficile, ma credeva che la sua squadra avrebbe vinto, grazie al suo capitano e a quell'alzatore irrispettoso e scostante nei suoi confronti. Invece avevano perso, per lui, per Semi, non c'erano più possibilità di ritornare in un campo e far vedere ciò che era in grado di fare, non solo come pinch server, ma anche come alzatore. Non poteva più farlo e gli faceva male; gli dava sui nervi che un ragazzo più giovane di lui gli avesse tolto il posto da titolare (anche se, ad essere sinceri con sé stessi, quel ragazzino aveva qualità che a lui mancavano), non voleva lasciare gli amici con cui aveva condiviso quei tre anni fatti di libertà e divertimento...

Semi sospirò, scosse la testa e si diresse verso lo spogliatoio convinto che non lo avesse notato nessuno: non si accorse che due occhi nocciola stavano seguendo ogni sua mossa da quando si era appoggiato al muro a quando si era allontanato.
Eita si lavò velocemente, convinto di andarsene prima di tutti così da non dover salutare e dire addio a quella palestra che lo aveva fatto sentire libero, quando uscì per cambiarsi i suoi piano andarono in fumo.

«SemiSemi, non si usa più salutare quando si finisce di fare l'allenamento?».
«Tendou.. Ciao, sto tornando a casa».
«Non così in fretta, che succede? Sai vero che potremo ancora allenarci prima della fine dell'anno?», strinse i pugni, Semi, e chiuse gli occhi, digrignando un po' i denti rispose: «Non sarà la stessa cosa! Non potremo più combattere su un campo, saranno solo stupidi allenamenti e amichevoli che non conteranno un cazzo!».
«Quindi il tuo intento oggi sarebbe di andartene da questa palestra senza salutare per non rimetterci piede, Semi-san?» eccolo, il kōhai che più gli aveva dato sui nervi da quando era arrivato, ora gli puntava il dito contro e lo accusava.
«Non dirmi che ti mancherei Shirabu. Sono commosso» l'ennesima risposta sarcastica, l'ennesima stilettata al suo cuore.
«Dopo tutto ciò che è successo? No, per niente», sapeva benissimo di cosa parlava, sapeva che ormai era passato, ma fece male comunque.
«E allora non rompermi i coglioni» detto questo si vestì velocemente e scappò da quella palestra per rinchiudersi in uno dei pochi luoghi che lo facevano sentire al sicuro: la biblioteca. Non che fosse un appassionato di lettura, ma era uno dei pochi posti in cui poteva stare tranquillo, tra le altre cose c'era un angolo nascosto che conosceva soltanto lui, E Kenjirō si ritrovò a pensare Semi, ma decise che non avrebbe dato peso a quel pensiero: dalla metà di quell'anno Shirabu aveva smesso di andare in quel posto, quindi sarebbe stato solo.
Non sapeva che un ragazzo alto con capelli rosso fiamma lo aveva inseguito per parlargli e non si sarebbe arreso solo perché Eita lo avrebbe trattato male.
«Quindi è qui che tu e Shirabu-kun vi nascondevate.»
«Cosa vuoi Satori?».
«Farti aprire gli occhi, questa storia sta dilaniando entrambi ma fate ugualmente i cazzoni.»
«Perché non lo fai a lui questo discorso?»
«L'ho già fatto ma è più testardo di un mulo.» «Cosa ti fa credere che con me cambierà qualcosa?»
«Non lo credo, so che sei orgoglioso Eita. Ma credo che tu abbia un po' di cervello per capire che tra qualche settimana noi ce ne andremo e non lo rivedrai più.»
Eita strinse i pugni: «Non mi interessa, ora lasciami solo».
Tendō se ne andò sconsolato e triste nel vedere uno dei suoi pochi amici commettere un errore che sicuramente avrebbe rimpianto in futuro.
In quel momento, vedendo uno dei suoi migliori amici allontanarsi, Semi decise che avrebbe continuato lo stesso a presentarsi agli allenamenti anche se questo lo distruggeva più di qualsiasi altra cosa al mondo.

6 anni dopo
Non sapeva nemmeno lui perché si trovava in quel bar, non riusciva a comprendere perché quella band sconosciuta lo avesse attratto così tanto all'interno di quel locale che mai e poi mai avrebbe frequentato.
Il gruppo che si sarebbe esibito quella sera gli era sconosciuto, non sapeva nemmeno chi fossero i componenti, eppure qualcosa nel nome di quella band gli aveva acceso un campanello nel cervello. "No, sono qui solamente per prendermi una meritata pausa dal tirocinio", questo si ripeteva Shirabu mentre prendeva posto ad un tavolino vicino al palco, ma spostato più lateralmente per non dover stare a guardare con la testa all'insù. "Bah, chi saranno mai questi Kami Myaku? E cos'hanno di così speciale? Guarda te se dovevo entrare proprio oggi in questo fottuto bar, è strapieno!".
Nemmeno il tempo di finire questo pensiero, che il proprietario del locale annunciò l'ingresso della band, Shirabu si paralizzò sul posto e desiderò che la sua frangetta sempre perfetta fosse più lunga in modo da coprirgli interamente la faccia. Sul palco, con un sorriso falso di circostanza, c'era Semi Eita; dopo quanto accaduto nello spogliatoio non si erano più rivolti la parola, si allenavano insieme, si cambiavano e se ne andavano senza parlarsi mai e a Shirabu l'altro mancava, mancava da morire.

Someone to you ~ SemiShiraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora