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La testa letteralmente nel cuore di un uragano, con mille lame che le trapassavano il cranio da una tempia all'altra. Un martello spietato la stava battendo a terra, e il vociferare del festival non era altro che un dolore lancinante alla fronte. La musica, la luce del sole che filtrava rossa nella tenda, non erano altro che un fastidio per lei che ancora non aveva avuto il minimo coraggio di aprire gli occhi. Respirava calma, tentando di placare quella nausea causata probabilmente dalla disidratazione e dalla fame.
Ubriacarsi senza la minima coscienza di starlo facendo, a stomaco completamente vuoto e all'inizio di un festival di sei giorni non era stata una delle sue idee migliori.

"Mai più." mormorò tra sé e sé. La bocca era impastata, la voce quasi assente, e si rese conto che forse la causa principale della nausea era quel gusto ripugnante che aveva tra i denti.
Ora che era più o meno sveglia, tentò di ricostruire i fatti, ma nella sua mente erano vuoto e confusione totali: ricordava degli sconosciuti estremamente amichevoli, forse anche troppo, che le offrivano una, due birre, poi shots di vodka a qualche gusto nauseante ma che per qualche motivo lasciavano un desiderio di averne ancora. Malibù e whiskey, di quelli di bassa qualità però. Ricordava frammenti di risate sghembe e di tintinnii di bottiglie vuote. Aveva avuto fortuna che quei ragazzi non avessero disciolto nell'alcol qualche sostanza stupefacente.
Camelia si toccò la fronte: era madida di sudore, ma nonostante i quasi quaranta gradi, aveva brividi costanti di freddo. Si strinse in quel sacco a pelo così morbido, così profumato di cannella da ricordarle i pomeriggi invernali passati tra le coperte in quel letto che le era sempre sembrato enorme ma estremamente comodo. Così caldo e dolce da ricordarle che lei aveva portato con sé solo un materassino gonfiabile e un lenzuolo, ma non un sacco a pelo.
Lei era in un sacco a pelo. Fece un grande errore: aprire gli occhi di scatto inconsapevole delle condizioni di luce con il sole allo zenit. Ma dopo un breve momento di bruciore, le sue pupille si adattarono alla luminosità circostante e le permisero di scrutare attentamente l'ambiente. Era in una tenda, di un rosso cremisi, su quello nessun dubbio. Il sacco a pelo era stato aperto, a quanto pare con l'intento di coprire due corpi dato che, giù dal materasso dove sembrava avesse dormito fino a quel momento, c'erano dei vestiti appallottolati e un lenzuolo stropicciato. Non capiva se le metteva più ansia il fatto di aver dormito con qualcuno, o il fatto di trovarsi in una tenda sconosciuta. Magari il proprietario era un depravato, magari aveva approfittato del suo stato di pseudo incoscienza per allungare le mani.
La zip dell'entrata si stava aprendo, e ora la sua mente era concentrata esclusivamente su quello. Con il cuore in gola, osservò una maglietta nera con delle spille da balia scivolare dentro: era la sua, l'aveva riconosciuta per le macchie di candeggina che la facevano somigliare alla superficie lunare.

"Spero tu abbia ancora la mia maglietta addosso! Avvertimi se posso entrare."

Era una voce giovane, maschile e profonda, quasi più intrisa di paura e imbarazzo che di perversione, come temeva lei. Camelia ispezionò la maglia di Batman che indossava: odorava di uomo, decisamente doveva essere di quella persona che ancora non si era mostrata alla luce della tenda.

"Entra pure, penso mi cambierò dopo." mormorò, raccogliendo la sua maglia, stupendosi di quella strana curiosità che aveva sostituito in un nonnulla la diffidenza e il terrore di essere finita tra le grinfie di un depravato. Non avrebbe più bevuto: quegli sbalzi la stavano rintronando più di quanto già non fosse.
Dalla cerniera fecero capolino due occhi azzurri, talmente accesi e brillanti da essere quasi del colore del mare estivo, subito seguiti da un sorriso timido e premuroso ornato da un piercing, ed infine da una figura snella e alta, i capelli corvini in netto contrasto con la pelle pallida arrossata dal sole e le iridi ceruleo. Quel ragazzo teneva in una mano un porta bibite con due bicchieri colmi, nell'altra un cartone della pizza chiuso ma dal quale usciva un odore talmente invitante che concentrò tutti i pensieri di Camelia in un unico punto.

"Vistele condizioni in cui eri ieri sera, ho pensato potessi aver fame al risveglio. Purtroppo non è molta, però è sempre meglio di stare altro tempo a stomaco vuoto." disse quel giovane tatuato, muovendo qualche passo incerto verso la ragazza e sedendosi proprio davanti a lei. Le passò una coca-cola ghiacciata e aprì il cartone, mettendolo al centro. Pizza con le patatine fritte: la adorava.
Ma prima di concedersi a quel tripudio di sapori, Camelia scrutò e studiò attenta quello sconosciuto che le si era parato davanti. Il ragazzo si sentì trafitto da quegli occhi color nocciola, e cominciò a guardarsi attorno intimorito: forse era una ragazza permalosa e manesca. Magari stava rischiando di essere linciato per averla messa a dormire accanto a lui.

"Tu chi diavolo sei? Perché mi trovo nella tua tenda? E soprattutto, perché non sto indossando la mia maglietta? Che diamine hai fatto, pervertito che-"
"Frena frena frena!" la bloccò, mentre Camelia stava cominciando a scagliarsi su di lui. "Mi chiamo Andrew, Biersack se ti interessa il cognome. Ti ho trovata dolorante qui vicino, nel cuore della notte, che strisciavi nel tuo vomito in cerca di un appiglio per rimetterti in piedi. Pensavo sarebbe stato meglio portarti fuori dalle grinfie di chi davvero avrebbe potuto avere delle cattive intenzioni, quindi ti ho caricata in spalla e ti ho portata alla mia tenda, ti ho aiutata a cambiare la maglia e la tua l'ho lavata stamattina presto, così che potessi trovarla asciutta quando ti saresti svegliata. Ti prego non mi ammazzare, volevo solo essere gentile!"

Andrew si stava riparando giocosamente, mentre Camelia sprofondava pian piano in un baratro di imbarazzo con la cannuccia tra i denti e lo sguardo basso. Prese un sorso: era stata scortese e pure acida con il ragazzo che l'aveva praticamente salvata dall'estinzione. 

"Scusa." balbettò timidamente. "E grazie per non avermi lasciata praticamente morire in mezzo a quel macello. Te ne sono debitrice."

Andrew la guardò di sottecchi, poi sorrise, ora più sollevato di prima. La sua espressione si fece innocente e rilassata: si morse il labbro, proprio dove un anellino scintillante gli bucava la pelle, e cominciò a sorseggiare anche lui la sua bibita. Camelia non toglieva lo sguardo dai suoi piedi, non osava guardarlo per l'imbarazzo e per il timore che lui potesse essersela presa per quello stupido atteggiamento con cui si era approcciata.
Poi si fece coraggio.

"Scusa davvero per come mi sono comportata." mormorò sincera. "Probabilmente i postumi stanno mandando in tilt il mio umore. Scusa davvero, giuro che non sono così stronza come sembro."

Il ragazzo quasi si soffocò a quell'affermazione: rise in maniera genuina, così lei capì che forse non se l'era presa con lei. Aveva solo bisogno di una piccola conferma.
Si soffermò per un momento sulle sue braccia: due maniche di tatuaggi gli decoravano gli arti come se quest'ultimi fossero delle tavole d'artista. Tatuaggi di vari tipi, prevalentemente in monocromo ma tra i quali spiccavano fiere delle macchie di colore acceso. Anche sulle dita aveva dei segni, ma non riuscì a distinguerli perché la sua voce profonda e pacata attirò la sua attenzione, provocandole un brivido lungo la schiena: era davvero attraente quel timbro.

"Figurati, non devi né preoccuparti, né sdebitarti. Ci sono passato anche io, so cosa si prova." la rassicurò lui con un sorriso ammaliante ed educato. Bevve un altro sorso, mentre Camelia lo fissava con la stessa intensità con cui un cagnolino guarderebbe un biscotto: la mascella scolpita gli dava un'aria da duro, in netto contrasto con l'impressione che invece le stava dando.
Andrew trattenne un rutto silenzioso, porgendo le sue scuse e indicando poi il cartone della pizza.

"Conviene mangiarla, altrimenti si fredda e diventa gommosa." constatò, prendendone una fetta e invitando Camelia a fare lo stesso. Lei annuì, mettendosi sull'attenti per poi rilassarsi immediatamente.
Non appena l'addentò sentì lo stomaco rilassarsi e festeggiare per aver ricevuto di nuovo del sano nutrimento e non alcol.

"Grazie infinite per la pizza. Cavolo, sei un angelo sceso in terra." esultò la ragazza, tirandosi indietro i capelli e assaporando pezzo per pezzo quella pietanza che tanto adorava. "Dimmi quanto ti devo che appena torno alla mia tenda ti ripago."
"Stai scherzando spero! Facciamo che oggi offro io, e non ammetto insistenze da parte tua!" si impose il giovane. Camelia tentò in tutti i modi di controbattere, ma non ci fu nulla da fare: quello era risoluto e cocciuto, e dalla sua posizione non si sarebbe mai spostato. Camelia non poté far altro che ringraziarlo e continuare ad addentare con voracità la pizza che le era stata offerta.

"Ti piace? Era l'ultima rimasta, per questo non è molta."

"Scherzi? L'adoro! È credo il mio gusto principe di quando ho voglia di qualcosa di, sai, ciccione."

Andrew rise sotto i baffi per la piega e il tono che stava prendendo quell'incontro.

"Posso sapere come ti chiami?"
"Certo! Scusa se non mi sono ancora presentata. Io sono Camelia."

crown of thorns.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora