Lo scrittoio coloniale

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La mia voglia di scoprire ancora i tesori di quella bottega appartenente ai garbati signori T ancora non era sedata. Sentivo che avrei sicuramente trovato qualche altra cosa di  interessante, di diverso, originale, unico. E  così cominciai di nuovo a girare in quel ambiente a tratti polveroso, a volte misterioso, mentre cercavo con lo sguardo qualcosa, notai qualcuno che si muoveva insieme a me, ebbene era lui il mio fido compagno, gatto Gustavo, che non mi mollava, si affiancava a me e sembrava essere anche lui desideroso di scoprire qualcosa di nuovo. Il signor T ci raggiunse e con un sorriso annunciò che aveva chiuso il negozio ma io potevo tranquillamente restare a curiosare. Fui contenta di poter stare ancora tra quelle strane pareti, anche perché se fossi uscita da là non so né dove sarei andata, né tantomeno ciò che mi sarebbe potuto accadere. Accettai ed il signor T si congedò momentaneamente dicendo:" devo fare i conti, vado a chiudere la cassa e domani sarà un altro giorno" Lo assecondai anche con una certa fretta perché  Gustavo era sparito dalla mia vista ed ero curiosa di capire dove era andato a cacciarsi, con la sua calma innata. Arrivai al fondo del negozio e l'unica cosa interessante che vidi fu uno scrittoio in stile coloniale, con tantissima polvere e qualche ragno si era anche divertito a ricamare con il suo filo di seta più di qualche ragnatela. Questi erano tutti segni palesi che quello scrittoio non veniva toccato da tantissimo tempo e forse i signori T lo avevano proprio dimenticato lì nel fondo del loro negozio. Mi avvicinai con curiosità, mi resi subito conto che era un piccolo capolavoro aveva parecchi cassetti, credo che fosse di legno di ciliegio, le sue forme erano sinuose ed era molto spazioso, mentre ero intenta ad osservare questo mobile sentii un rumore sordo o più precisamente un tonfo e si alzò una nuvoletta di polvere che mi fece starnutire, cercai di capire, Gustavo con le sue possenti zampe era praticamente atterrato sull'ampia superficie rivestita di cuoio  di quella bella scrivania. Sornione mi guardava, io lo osservavo ma non capivo che cosa voleva farmi notare. Con un altro balzo arrivò a terra e cominciò a strusciarsi contro la mia gamba destra e con quella coda robusta mi indicava qualcosa, osservai meglio e la coda come un'antenna tesa indicava uno dei cassetti, esattamente il terzo e fu così che lo aprii. Al suo interno c'era una bella lente d'ingrandimento con impugnatura in ottone finemente lavorata, un paio di occhiali da lettura rotondi con montatura  in tartaruga assai sofisticati, aprii di più quel cassetto e scoprii un taccuino di pelle lavorata chiuso, con un elastico un po'usurato dal tempo e poi un vecchio pennino  con un pennacchio color ocra, veramente sfizioso! Capii che in quel cassetto c'era tutto il set di quella scrivania più il taccuino. Una forte curiosità mi avvolse al punto tale che fu come se qualcosa mi spingesse dentro l'angusto spazio di quel cassetto.  E poi non so... Udivo  il suono lontano di baolè, di bonghi africani, un vento caldo mi scompigliava i capelli, vedevo polvere rossa volteggiare intorno a me, la mia pelle era calda sotto quel sole cocente e l'aria era profumata, era un odore ipnotico dalle note fortemente speziate, sentivo l'odore deciso delle erbe secche e di resine, in altre parole sentivo ancestrali echi aromatici che attraversavano le mie narici e scendevano fino al cuore.  Non avevo intrapreso solo un singolare nuovo viaggio verso quella terra antica e magica che è l' Africa, sentivo dentro di me una profonda e calda pace che mi faceva tornare " a casa", forse mi stavo ricongiungendo a quella natura incontaminata e bellissima che ha visto l'alba del mondo. Sentivo sulla mia pelle il silenzio, i suoni e gli odori di quella terra atavica. Aprii gli occhi e vidi colori intensi, abbaglianti di una tale intensità che mi lasciarono stordita. Ero arrivata nel cuore del mondo e vicino  a me nella sua cesta da viaggio gatto Gustavo, lo tirai fuori, lo presi in braccio e lo accarezzai dolcemente, sentivo battere forte il suo cuoricino. Gustavo era emozionato, insieme eravamo arrivati chissà come in quella terra madre del mondo intero, bella da morire e piena per noi adesso di cose da scoprire. Eravamo in due io e Gustavo, Gustavo ed io. Avevamo il desiderio forte di assaporare tanta bellezza. Mi resi conto di essere sul piazzale antistante una stazione ferroviaria, quindi pensai che Gustavo ed io eravamo arrivati in quel posto singolare in treno, oppure chissà. Mi resi conto di essere in una città e voltandomi notai il palazzo della stazione, compresi che era un vero e proprio capolavoro, piccola ma graziosa, constatai una particolarità architettonica, era abbellita con ricchi dettagli in ferro battuto, seppi più tardi che era un gioiello dell'architettura coloniale sormontata da una cupola in rame, appariva come un edificio signorile i cui colori dominanti erano il bianco ed il verde pistacchio, sicuramente la mano che l'aveva disegnata era stata davvero geniale, in seguito scoprii che l'architetto era Gustave Eiffel, una meraviglia! Io e il gatto dal pelo fulvo eravamo lì un po' frastornati ma felici. Questa era l'Africa, più che un continente un pianeta e noi chissà da quale parte eravamo. Non ci restava che aspettare e cercare di capire, qualcosa sarebbe accaduto. Già aspettare, e forse proprio in quel piazzale antistante la stazione stavamo aspettando qualcosa o qualcuno. Gustavo mi fissava ed io fissavo lui, non avevamo bagagli, eravamo solo noi smarriti ad osservare quelle persone di un'altra epoca, di un altro colore che ci passavano davanti e ci osservavano incuriositi, avevano notato, forse, qualcosa di strano? Non sapevo dare una risposta ma non riuscivo a muovermi da lì. Capimmo sin da subito che in quel posto c'era un'atmosfera vivace, quasi disincantata, quel posto era un crogiuolo di razze, il punto d'incontro di tante culture di varie latitudini della terra, ero arrivata, anzi eravamo arrivati in un posto singolare della grande madre Africa. Un calessino cigolante si avvicinò e l'uomo a cassetta mi fece segno di salire, mi disse:" signorina, sono venuto a prenderla per ordine della mia padrona, la signorina Beatriz". Salii  con il mio, ormai, inseparabile Gustavo e attraversammo una città davvero speciale, a pochi metri dalla stazione c'era un rumoroso ed allegro mercato delle spezie e dai sacchi esposti dai mercanti oltre ad odori forti che contraddistinguevano le varie spezie come: zenzero, cannella, chiodi di garofano, c'erano i colori caldi che dipingevano quel mercato allestito dalla povera gente con compratori ancora più poveri, ma una cosa mi colpì tutti erano sorridenti e garbati e nessuno ,dico nessuno andava di corsa, godevano del loro tempo. Mi resi conto che ero lontana dalla mia dimensione, quello che caratterizzava la frenesia della vita occidentale di tutti i tempi, mi  piacque quel mercato che avevo visto passando, quel posto mi affascinava. Dopo qualche minuto quel calessino cigolante arrivò davanti ad una elegante casa con  una ampia scalinata esterna e un largo patio, le imposte erano un po' usurate dalla brezza marina che puntualmente le investiva, infatti quella casa guardava verso il mare blu cobalto di quel angolo d' Africa e forte saliva l'odore di salsedine e dall'altra parte della strada si intravedeva uno stralcio di spiaggia dalla sabbia fine e dorata, ne rimasi colpita e mentre osservavo una voce alle mie spalle disse:" finalmente siete qui!  Rafael vi ha portato a casa! Pensavo di non poter rivedere più questo adorato gatto, il mio Gustavo, che è ormai un gatto adulto e non più cucciolo come lo ricordavo io!" Gustavo nella sua cesta era davvero impaziente e lo feci uscire, lui andò dritto verso Beatriz e gli saltò addosso, lei lo prese ed iniziò ad accarezzarlo amorevolmente, si erano forse ritrovati? Non sapevo cosa pensare, quella donna graziosa e dal tratto gentile era forse la sua padrona? Tante domande mi ronzavano nella testa a cui non sapevo rispondere. La giovane donna mi invitò ad entrare, oltrepassai l'uscio e mi trovai in un ambiente accogliente dai colori caldi, dominava l'arancio, il giallo ocra, tutti i toni caldi dell'Africa si erano ritrovati in quella casa dal deciso stile coloniale, nell'aria c'era poi un forte odore di cedro che penetrava forte nelle mie narici e quasi mi stordiva. Si sentiva molto il caldo  dentro l'ampio studio dove la padrona di casa ci portò c'era una grossa pala attaccata al soffitto che girava lentamente e muoveva l'aria producendo un po' di frescura, anche le imposte socchiuse aiutavano a mantenere nella stanza una temperatura accettabile. Beatriz si sedette su una comoda sedia che era proprio dietro uno scrittoio, anzi lo scrittoio coloniale. Ci guardava divertita e mi fece accomodare su un'altra sedia proprio di fronte a lei e iniziammo a parlare del più e del meno, feci i complimenti per quel ambiente accogliente, la padrona di casa si alzò e aprì la finestra dietro di lei, rimasi ad ammirare un panorama mozzafiato che si apriva su un mare trasparente e calmo che lambiva dolcemente le coste di quella bellissima città. Gatto Gustavo si arrampicò su per la gamba di Beatriz che chinandosi amorevolmente su di lui lo sollevò prendendolo in braccio, mi avvicinai anche io a loro due e con fare garbato Beatriz mi disse:" domani mattina andremo presto al porto e ci imbarcheremo per una meravigliosa avventura che adesso non voglio rivelarti, ti dico solo che quando salirai in camera tua troverai degli indumenti da escursione che domani dovrai indossare ed una valigia già pronta da portare con te. Non aggiungo altro. Rimasi sorpresa, ma soprattutto incuriosita, il nostro incontro terminò così mi congedò senza neanche guardarmi, era sempre lì in piedi davanti a quella finestra con lo sguardo che si bagnava in quel mare blu perdendosi dietro ai suoi pensieri con gatto Gustavo che stava comodamente tra le sue braccia lisce e profumate. Mi ritirai quasi con timore, non sapevo bene dove andare quand'ecco una cameriera alquanto" in carne" mi disse:" signorina  mentre il dolce "profumo" d'Africa pervadeva non solo le mie narici ma tutto il mio corpo. Entrai, una stanza fresca, un grande letto avvolto da una bianca zanzariera, l'ambiente era davvero accogliente e lì nell'angolo su un elegante tavolinetto di forma ottagonale troneggiava un grosso cesto di frutta esotica, spiccavano: ananas e banane, era invitante, c'era anche un'ampia stanza da bagno con una vasca comoda per un buon bagno profumato. ai piedi del letto trovai la valigia e su una poltrona c'era ben sistemato il completo in stile safari e anche un bel paio di stivali di cuoio, sul soffitto lenta e cigolante si muoveva una pala di legno che smuoveva leggermente l'aria. C'era, poi, un settimino in legno scuro con sgargianti maniglie dorate, aprii distrattamente un cassetto e trovai raffinata biancheria intima ed un pigiama arancio di morbido cotone, che decisi di indossare per la notte, era davvero bellissimo! C'era poi una grossa porta finestra con le imposte socchiuse, la spalancai e aprii con fare sicuro le persiane, vidi di nuovo il mare calmo e guardai l'orizzonte limpido, una linea che delimitava quella splendida terra, l'Africa! I miei pensieri cominciarono a liberarsi, mi sentivo "a casa", ero felice di stare là, volevo che quel momento non passare mai, stavo ritrovando me stessa, stavo capendo che durante questo viaggio così diverso non solo "in giro" per il mondo ma "in giro" per le epoche avevo capito la vera essenza della mia vita, mi sentivo realizzata non solo come essere umano ma anche come donna perché questo percorso che casualmente avevo intrapreso mi aveva portato a scoprire la funzione "dell'essere donna" attraverso il tempo e di come noi, le donne, abbiamo costruito la nostra conquista del mondo esclusivamente maschile nel percorso del tempo un tassello alla volta per formare  quel magnifico mosaico di una storia scritta, interpretata e vissuta da milioni di donne a tutte le latitudini di questa meravigliosa terra che affonda la sua radice femminile nella grande madre Africa. Mi sentii in perfetta armonia sia con me stessa che con quello che sarebbe successo il mattino seguente. Mi accorsi che era ormai tardi, era l'imbrunire , un vento caldo e salmastro sconvolse i miei capelli ed anche i miei pensieri. Chiusi le imposte e anche la porta finestra, l'odore del mare, però, era rimasto tra quelle eleganti pareti, mi avvicinai al cesto di frutta e gustai un dolcissimo acino d'uva bianca, mi diressi verso il bagno e dopo qualche  istante mi trovai immersa in quella grande vasca. Non scesi per cena e dormii profondamente, il mattino seguente erano circa le 5:30, quando alcuni rumori mi svegliarono, mi alzai e aprii di nuovo la grande porta finestra  e le imposte, il mare sembrava una grossa distesa di oro liquido, il grande sole stava sorgendo e la notte lasciò il posto ad una stupenda giornata, quando rientrai trovai sul settimino un vassoio con una ricca colazione, sorseggiai un buon tè  accompagnato da ottimi dolcetti ed infine gustai un'ottima spremuta di pompelmo rosa. Il tutto era servito in stoviglie raffinatissime, tutte rigorosamente in porcellana bianca e un bellissimo bicchiere in vetro azzurro come il mare. Ero felice e anche curiosa, mi rinfrescai e mi vestii con gli indumenti coloniali, dopo qualche minuto, guardandomi allo specchio, quasi nascosto, vidi la mia immagine così abbigliata e mi sentii una vera esploratrice pronta per scoprire un mondo diverso dal mio. Scesi e trovai Beatriz pronta, con il bagaglio in mano e gatto Gustavo nella sua cesta da viaggio, la giovane donna mi disse:" faremo una bella esperienza, voglio imbarcarmi in questa avventura forse impossibile secondo molti ma non per me". Le sue parole mi fecero riflettere parecchio, pensai durante il tragitto da casa al porto ma non riuscii a trovare una risposta. Prima di scendere dal calessino guidato dal suo domestico Rafael la giovane donna continuò il suo discorso dicendomi:" vedi mia carissima amica noi donne siamo forti, tenaci e curiose, io mi definisco una donna viaggiatrice più che esploratrice, viaggio nella grande Africa, ho un forte desiderio di conoscenza ed è più forte delle paure e delle convenzioni sociali di questa mia epoca, quelli che stiamo vivendo per noi donne sono anni duri, incontriamo continuamente difficoltà, ostacoli e pregiudizi, anche se siamo, ormai, all'inizio del XX secolo, il tempo della modernità, ma la nostra società pseudo moderna non vede di buon occhio una donna che viaggia da sola poiché  secondo i più va contro i costumi ed il codice morale di questo tempo. Io, però, voglio sfidare le convenzioni, della società in cui vivo, voglio scardinare lo stereotipo di donna di questo tempo. E' per questo che mi fa tanto piacere condividere con te donna del XXI secolo, questo viaggio per affermare la mia autonomia uscendo fuori da quel ruolo di "angelo del focolare" che mi sta tanto stretto, mi piace far capire a te donna del futuro quali furono le battaglie delle donne del passato. Capirai con me intraprendendo questo viaggio africano quante difficoltà pratiche e non affronteremo. Sarà una grande avventura e spero che un giorno sarò ricordata come una donna simbolo di indipendenza, di libertà di movimento e soprattutto con un ruolo attivo nella società.  Ho scelto di viaggiare, cara amica mia, perché solo così mi sento veramente parte attiva di quel mondo che sto conoscendo. Ti dico anche che durante questo nostro viaggio annoterò su questo taccuino i fatti salienti e non di questa esperienza". Il nostro viaggio iniziò su una malandata dau, al timone c'era un giovane africano dal sorriso accattivante e dal portamento elegante, ci accolse con garbo, sarebbe stata la nostra guida e l'avventura al femminile iniziò. Durante quel breve viaggio per mare, forse un paio d'ore, quella donna  mi raccontò che tutto era iniziato per la sua passione per la botanica che l'aveva portata a raccogliere piante, fiori e semi in giro per il mondo fino a giungere in Africa. Arrivammo in un luogo suggestivo tra non poche difficoltà e tanto caldo, la nostra guida ci portò in un ambiente incontaminato, lungo il percorso dalla spiaggia al grande prato attraversammo qualche villaggio con poche capanne fatiscenti costruite con fango e paglia, la povertà si  risorsa, il sorriso, e di conseguenza scoprii che la loro  vera ricchezza era il rapporto umano "vero" che   li legava con un unico filo e che sapevano regalare anche a due viandanti come noi. fummo ospitate per poche ore e capii che per quelle persone il tempo non ha importanza, loro vivono e percepiscono solo il presente e non sono schiavi del tempo come gli uomini della nostra epoca che vivono nell'opulento occidente. Fu proprio là in quel territorio che viene anche chiamato "il continente nero", nel momento del tramonto quando tutto viene avvolto dal drappo rosso del sole calante che ebbi la certezza di essere io stessa schiava del tempo e del suo rigido scorrere tra scadenze, giorni, orari, che ci rendono la vita impossibile, ci ritroviamo ad essere ossessionati dal passare inesorabile dei minuti della vita che non possiamo fermare e che spesso ci annientano. Lì tra quelle genti "colorate" ho scoperto che forse l'uomo può creare il tempo e soprattutto lo può gestire, in questo modo è il tempo ad essere a sevizio dell'uomo. Finalmente sono riuscita a capire che è importante vivere a pieno la nostra vita senza essere ossessionati dalla folle corsa con il tempo, per il tempo, contro il tempo. Entrando in questa dimensione lontana dal mio tempo ho potuto toccare con mano l'importanza della vita e di come viverla nel migliore dei modi perché è breve, perché è bella, perché è unica. Con questa donna decisa l'avventura sarebbe stata sensazionale. E così fu perché sin dal primo momento che arrivammo in quel posto lontano e incontaminato, Beatriz sembrava essere completamente immersa in quella dimensione ricca di molteplici  e di sfaccettature e di scenari diversi che sicuramente lasciavano in lei un segno profondo tanto che mi confessò una sua sensazione circa questa terra dicendo appunto come l'uomo africano e il paesaggio si fondono in un tratto unico, o meglio, formano un insieme inscindibile e armonioso perdendosi l'uno nell' altro. Questo capii e notai in quello spazio silente, incontaminato e libero che avevo davanti ai miei occhi increduli e quasi incapaci di contenere quell'immensità. Una voce alle mie spalle disse:" qui in questo luogo non ci sentiamo ingabbiate né fisicamente né tantomeno nell'animo, vero mia carissima compagna di avventura?" Mi girai quasi timorosa perché stentavo a riconoscere la voce di Beatriz, che sembrava lontana... e provai una strana sensazione che non saprei descrivere, forse quella donna mi intimoriva un po', non riuscivo a capire. Guardandola bene vidi che aveva tra i capelli un bellissimo fiore dal colore intenso, viola, era una stupenda margherita, alzai gli occhi e notai che di lato, rispetto a noi, c'era una collinetta ricoperta di un denso tappeto di questi fiori: gialli, arancioni, rosa, bianchi, una gamma di colori travolgenti che non riesco a descrivere con le parole. Beatriz ne aveva raccolti diversi, mentre la nostra guida aveva allestite due tende per noi e fuori aveva sistemate due comode sedie ed un tavolinetto da campo, tutto era perfetto. Beatriz  si avvicinò alla guida e gli sussurrò qualcosa, il giovane si allontanò con il suo passo quasi regale. poi si avvicinò a me e disse:" carissima questo paesaggio sembra uscito dalla tela di un pittore impressionista, cattura tutti i miei sensi, vedi qui non ci sono solo margherite variopinte, fiori selvatici che non hanno nome, ma anche aloe, erbe perenni e gigli dal profumo intenso ma delicato, penso che madre natura qui si svela in tutta la sua bellezza, creando qualcosa di unico e imperdibile". Io aggiunsi:" ho notato che questo posto particolare, quasi magico, oltre a colorarsi di fiori, si popola di farfalle dalla bellezza travolgente, di api laboriose e uccelli di tante specie diverse". Mentre parlavamo un'aquila maestosa solcò quel cielo terso e una gazzella con passo elegante apparve a qualche metro da noi, con lo sguardo la seguii e mi accorsi che poco più in là si intravedeva il deserto, quindi il nostro accampamento e la collinetta di fiori erano un "ritaglio" di terra verde e fecondo, mentre il resto era aridità. Beatriz mi mostrò un giglio bellissimo definendolo così:" questo fiore di rara bellezza che fiorisce molto raramente e dura pochissimi giorni, noi siamo state fortunate a poterlo ammirare". Sentii un morbido batuffolo che si strofinava contro la mia gamba, era gatto Gustavo, anche lui era affascinato da tanta bellezza, lo presi in braccio e il suo nasino roseo era sporco di polline giallo, anche lui aveva voluto sentire l'odore della sconfinata Africa. Mi sentii felice, tutti e tre guardammo verso l'orizzonte che questa volta era una linea colorata, ogni colore era, forse, un fiore che la mia amica Beatriz era venuta a studiare. Forte l'emozione salì fino alla gola e poi una lacrima bagnò il mio viso accaldato e si posò sul soffice manto rosso di gatto Gustavo. Lui si girò verso di me ed io lo strinsi forte ed insieme attraversammo quel orizzonte colorato e lasciammo lì Beatriz mentre inforcava gli occhiali  rotondi con quella montatura di tartaruga così originale per ripararsi dal sole accecante, lei l'esploratrice che aveva sfidato la società "bigotta" del suo tempo aprendo una strada nuova alle donne del futuro, le donne amanti dell'esplorazione e dei viaggi impossibili per molti ma possibili per loro. Nel viaggio di ritorno così surreale tra profumi, colori e bellezza tornammo da dove eravamo venuti, tra  la polvere e le ragnatele che adornavano quel vecchio scrittoio coloniale e una cosa mi colpì, il vecchio taccuino era spalancato e su una pagina ingiallita dal tempo e in bella grafia c'era scritta questa frase:" l'esplorazione è il motore che guida l'innovazione (Edith Widder). Lessi ad alta voce la frase e gatto Gustavo si strinse più forte a me ed io a lui, Rimanemmo a lungo a fissare quel vecchio diario di viaggio. E poi chissà cosa ci riserva ancora questa meravigliosa avventura nel tempo e se avrà un seguito .Non so,  e per ora mi fermo torno al mio tempo assai incerto.  

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