Fulmine a ciel sereno

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"Sono così colma d'amore stasera, che potrei accogliere ogni scintilla del cosmo, farla mia e trasformarla in fiamme. Il suo sguardo mi brucia ancora addosso alimentando un incendio immenso da far invidia alle stelle." Così scrissi quella sera: volevo dimostrarla questa superiorità, per una volta. Il letto era diventato troppo stretto, avevo bisogno di uscire e districare le ali.

Uscii, attraversai il campo e mi distesi al confine con il boschetto dietro la casa. Chiusi gli occhi, cercando di sentire il suo cosmo, la sua potenza, la sua presenza. I grilli mi fecero rumorosa compagnia durante questa mia prima meditazione; il vento s'insinuava cauto ma deciso tra le balze del mio vestito rosso, ardente.

Le gambe mi tremavano, sopraffatte dall'impetuosità dei miei sentimenti e inconsapevoli delle sorridenti sciagure.

All'improvviso, un battito, un accordo: sentivo il calore avvicinarsi, come una meravigliosa fantasia partorisce la mia insana follia. Aprii gli occhi e mi alzai sulle braccia: lo avevo avvertito e ora potevo vederlo, quella lucente creatura avvicinarsi con passo morbido e silenzioso, non curante delle fiamme. Guardandolo più da vicino, non assomigliava a nulla che la mia mente avesse mai concepito: superava ogni umana soglia immaginaria di piacere e virtù, ogni prematura immagine di perfezione angelica e fanciullesca fragilità. Le sue cosce dorate, slanciate sorreggevano un petto indurito, scalfito e sempre rimarginato, che aveva molte cose da raccontare. Le sue dita delicate accompagnavano la danza di un sottile foglio di carta, stretto per non farlo catturare dal vento.

Quel vento che tanto ammaestrava i suoi capelli ribelli, lunghi e corvini come la pece, dovette piegare il capo nel confronto con due pupille penetranti, fari vividi perfino nella nebbia più fitta, due pure ardenti scintille, calamite fatali avviluppate al nostro dio Amore. Era nostro già?

Assorta nella contemplazione spirituale di quei movimenti, fui destata da un tenero contatto di polpastrelli sulle mie gote dionisiache, pungente quanto piacevole.

Non poteva la mia timidezza reggere l'abbaglio di tale potenza, abbassai inesorabilmente lo sguardo, in cerca del più insignificante filo d'erba che potesse salvarmi da soccombenza certa.

un dolce semicerchio venne disegnato sulle mie guance avvampate, sollevandomi con delicatezza il mento e obbligandomi ad affrontare la mia Medusa: ancora oggi, sigillata nella custodia del ricordo, rimane la pietrificazione più edenica della (mia) Storia.

"Voglio condividere con te tutte le stelle del cielo, fondere le costellazioni, diventare uno l'equilibrio dell'altra" – si accovacciò davanti al mio viso, il suo sguardo direttamente tuffato senza sforzo alcuno nella mia anima – "ti ho scritto una poesia, la vuoi leggere?"

romantic beholdingsWhere stories live. Discover now