Prologo

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"Lurido essere, ridammi il cellulare!", dissi infastidita riferendomi al ragazzo davanti a me.

Sentii il sangue ribollirmi nelle vene alla vista del suo ghigno malefico. "Altrimenti che fai?", ridacchiò lui divertito dalla situazione. Sbuffai incredula. Eravamo studenti del primo anno dell'università e lui si comportava ancora come un ragazzino di quindici anni. "Non ho tempo di stare dietro alle tue sciocchezze, Taehyung. Ora ridammi il cellulare!", fu il mio ultimo tentativo di comportarmi da persona ragionevole, ma quando incrociai il suo sguardo realizzai che non avrebbe mollato la presa tanto facilmente, così concentrai tutte le mie energie nelle punte dei piedi e feci un salto degno da medaglia d'oro olimpionica. I miei piedi si trasformarono in un trampolino e, per un breve e intenso istante, riuscii a vedere la luce della vittoria davanti ai miei occhi. Peccato che non avessi calcolato una piccola variante nella mia equazione ormai quasi risolta. Infatti, se quel perfido non avesse indietreggiato facendomi atterrare nel cassonetto dell'immondizia, casualmente posto dietro di lui, sarebbe andato tutto secondo i miei piani.

Mi presi un minuto per metabolizzare ciò che era appena accaduto prima di tirare un urlo che fece girare l'intero istituto. Uscii da quel bidone con un aspetto a dir poco spaventoso e mi accorsi di avere una buccia di banana incastrata tra i capelli. Con lo sguardo fisso sul mio bersaglio, mi avvicinai lentamente con un leggero sorriso da psicopatica in volto. Non avevo più nulla da perdere. Presi una rincorsa e gli saltai addosso appiccicandomi a lui come un koala. Lo tirai per i capelli, mentre lui, disorientato e confuso, tentò invano di scollarmi di dosso. D'improvviso, squillò il telefono e sembrava che il tempo si fosse fermato. Io e Taehyung ci scambiammo uno sguardo di tregua e, palesemente scocciato, mi restituì il telefono.

"Dimmi tutto, mamma", risposi con un pokerface degno di Oscar. "Lyn, cerca di tornare presto oggi perché dobbiamo parlare", mi disse mia madre con un tono più serio del solito. A quelle parole la mia mente iniziò a viaggiare, cercando qualsiasi evento che mi avesse potuto chiamare in causa. Ma più ci pensavo e più non riuscivo a trovare nulla. Coprii il microfono del telefono, fulminando con lo sguardo Taehyung. "Ti è andata bene stavolta, ma la prossima non la passi liscia", sussurrai prima di riprendere la conversazione. Con quella sua solita espressione da spaccone, mi diede le spalle e tornò dal suo gruppetto di teppistelli.

"Va bene. Tanto ormai le lezioni sono finite, quindi cercherò di tornare al più presto". Riattaccai e, con il mio ultimo briciolo di dignità, mi girai verso la folla di gente che mi fissava e di corsa mi diressi verso l'uscita. Non riuscivo a credere di essere ricoperta di immondizia. Nella mia mente si proiettavano come titoli di coda una serie di insulti, i quali avevano come protagonista l'unico ed indiscusso principe del male.

~•~

Arrivai a casa, seguita da un tanfo insopportabile. Aprii la porta e vidi i miei genitori aspettarmi e bisbigliare qualcosa tra di loro. "Che succede?", chiesi preoccupata. Prima di rispondermi, si tapparono il naso e con un'espressione disgustata emisero dei versi di lamento. "Non ti chiederemo il motivo delle tue condizioni, ma subito dopo la nostra chiacchierata, di corsa a farti la doccia!", annuii senza replicare e mi avvicinai al tavolo, sedendomi tra loro. "Ascolta bene", cominciò mia madre. "Oggi tuo padre ha ricevuto una promozione dal suo capo", stavo quasi per congratularmi con lui, quando mia madre continuò il discorso. "Il problema è che ci dobbiamo trasferire negli Stati Uniti", aggiunse. Improvvisamente la mia mente si annebbiò e mi sentii confusa, spaventata da quelle parole. "Mi state dicendo che devo abbandonare la vita che ho qui?", chiesi incredula. Mia madre scosse leggermente la testa. "No, Lyn", sospirò. "Non sarebbe giusto per te cambiare scuola, amici e ambiente. Sei abbastanza grande per poter decidere da sola cosa fare della tua vita", continuò lei: "Per questo motivo lasciamo a te la scelta, tesoro". In cuor suo già conosceva la mia scelta e, per questo motivo, aveva un'espressione malinconica in volto. Già sapeva che, per quanto fosse difficile per me distanziarmi dalla mia famiglia, avrei comunque scelto di restare. Ormai qui avevo cominciato il mio percorso di studi universitari e sarebbe stato troppo difficile per me trasferirmi in un posto dove non avrei conosciuto né le persone né la lingua.

Una lacrima mi rigò il viso. "Mamma...papà...non voglio che ve ne andiate", i miei occhi affogarono in un mare di lacrime. "Lo so, tesoro. Anche per noi la scelta è stata molto difficile e avremmo desiderato tanto che tu venissi con noi", disse mia madre con un nodo alla gola, cercando di trattenere le lacrime. Mio padre si alzò in piedi e, avvicinandosi a me, mi diede un abbraccio. Mia madre poi si unì e restammo così per qualche minuto. L'idea di separarmi dai miei e vivere da sola mi spaventava. In fondo avrei dovuto trovare un lavoro e un equilibrio con lo studio.

"Lyn", sussurrò mia madre. Mi limitai a farle un piccolo cenno con la testa dato che persi la forza di parlare. Sapevo che se avessi aperto bocca sarei scoppiata nuovamente a piangere. "Io e tuo padre abbiamo pensato ad una cosa", cominciò lei, guardando mio padre come se stesse cercando la sua approvazione per andare avanti con la frase. "Stammi a sentire. Siccome sapevamo che avresti scelto di restare qui, io e tuo padre abbiamo parlato con la Signora e il Signor Kim". Già avevo capito ciò che avevano in mente. Mi staccai di colpo dal loro abbraccio. "No, non voglio assolutamente andare a vivere con quell'essere". La mia espressione cambiò in un secondo e le lacrime erano ormai del tutto assenti. "Quell'essere ha un nome, Lyn", disse mio padre. "Cioè voi volete che io, ragazza diciannovenne, vada a vivere con un ragazzo, altrettanto diciannovenne... Da soli?!".

Mia madre mi prese la mano. "Taehyung è un bravo ragazzo, ha già accettato la cosa e ha dato anche la sua disponibilità per aiutarti con il trasloco", disse lei. Non ero del tutto convinta della cosa. Sapevo che Taehyung avesse un appartamento vicino al campus, ma non mi sembrava il caso di infastidirlo. Inoltre la sua presenza mi dava sui nervi a scuola, figuriamoci a casa. "Pensaci su, Lyn. I signori Kim li conosciamo da anni, per cui ci fidiamo a lasciarti nelle mani di loro figlio. Inizialmente avevamo pensato di farti ospitare da loro, però purtroppo abitano ad oltre due ore di distanza da qui", spiegò mia madre. "E che problema c'è? Mi faccio due ore ogni giorno di treno", le dissi. "Lyn, significherebbe svegliarti alle quattro del mattino, farti due ore di treno e infine prendere la metro". Sospirai infastidita. Effettivamente diventerebbe troppo pesante dopo un po'. "Dai, tesoro. Sei una ragazza forte, sono sicuro che ti abituerai alla convivenza con Tae", disse mio padre dandomi una pacca di incoraggiamento sulla spalla.

I miei genitori avevano questo potere su di me: riuscivano sempre a convincermi anche quando sembravo irremovibile. In fondo non poteva essere così male la convivenza, giusto? Avremmo avuto stanze diverse e non avrei mica dovuto stargli sempre tra i piedi. Basterebbe solamente chiudermi in camera e uscire solo per andare in bagno o per prepararmi da mangiare.

Non lascerei mai che quell'individuo mi infastidisca anche a casa. Gli faccio vedere io chi davvero comanda.

"Va bene, allora. Accetto".

Una turbolenta convivenza (K. TH FF)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora