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≪Oh andiamo hyung! ci metteremo poco, in negozietto è qui difronte, per favore!≫

Fu lì che Jimin vide tutte le sue convinzioni sgretolarsi in pochissimi secondi: resistere agli occhioni dolci di Taehyung, il suo migliore amico, era un impresa nella quale forse nemmeno il più cattivo dei cattivi sarebbe riuscito.

Jimin e Taehyung erano amici da un vita, erano come due fratelli ormai, inseparabilmente inseparabili, talmente tanto che, al compimento della maggiore età del minore dei due, Taehyung, avevano deciso di trasferirsi in un piccolo appartamento al centro di Seoul, per poi in seguito iniziare gli studi proprio in una delle università più importanti della capitale, la Seoul National University.

Il loro primo incontro, avvenuto anni prima, fu davvero memorabile:
era una di quelle mattine di febbraio dove, stranamente, il freddo non era troppo rigido e pungente.
Era una domenica, il giorno preferito del piccolo Jimin, il giorno che poteva passare al parco vicino casa, insieme alla sua mamma e, a volte, qualche amico.

≪mamma! mamma! l'altalena è libera, corri! corri!≫
con la piccola manina affusolata avvolta dal guanto blu, il suo colore preferito, Jimin, afferrò quella della mamma anch'essa circondata da un guanto color smeraldo, per poi iniziare a correre verso l'altalena, la sua giostra preferita.

≪Jiminie rallenta! potremmo sbattere contro qualche bambino e potresti farti male o far male a qual-≫
purtroppo le parole della mamma non ebbero l'effetto desiderato, infatti, in quel momento, Jimin si trovava sdraiato al suolo, sul piccolo strato di neve che ricopriva il parco, o meglio il bambino sotto Jimin si trovava sulla neve.
fu questione di pochi secondi e quel bambino sconosciuto, sotto il corpicino di Jimin, inizió a piangere.
≪oh m-mio dio! s-scusami t-tanto non ti
a-avevo visto≫
Jimin si spostò, spaventato: quel bambino stava piangendo e per colpa sua.
≪oh mamma piccolo, ti sei fatto male?≫
la mamma di Jimin si era accovacciata vicino al piccolino, aiutandolo a mettersi seduto.
il piccolo bambino, con gli occhietti stracolmi di lacrime, annuí, indicando poi con il suo indice il ginocchio destro e sussurrando un 'qui'.

Jimin, precedendo la mamma, poggió la sua mano sul punto indicato, per poi prendere a massaggiarlo, mentre con l'altra asciugava le poche lacrime rimaste sul viso di quel bambino, il tutto sotto lo sguardo intenerito della mamma.
≪mi dispiace t-tanto≫
il piccolino tirò su col naso per poi guardare la mano di Jimin sul suo ginocchio dolorante.

Doveva ammettere che quel bambino sembrava davvero un tipetto stravagante: aveva un pantalone blu scuro con delle tasche dello stesso colore, solo di qualche tonalità più chiara, una giacca rossa con anch'essa delle tasche, ma all'altezza del petto, di colore giallo e con una zip verde, i guanti di due colori diversi, uno come il suo e l'altro come quello della sua mamma.
insomma, sarebbe stato impossibile non notarlo, eppure Jimin non l'aveva mai visto qui.

≪Come ti chiami? È la prima volta che vieni qui?≫
il bambino alzò lo sguardo su Jimin.
≪s-ono Taehyung, mi-mi sono trasferito
d-da poco-o.≫
Ecco perché non lo conosceva, era qui da poco e, poverino, doveva anche esser senza nemmeno un amico.
≪Ehi che ne dici di venire sull'altalena con me?≫
gli occhi di Taehyung si illuminarono e il sorriso spuntò sulle sue labbra mentre prese ad annuire più e più volte.
≪C-certo!≫
≪Bene!≫
Jimin si alzò, porgendo la sua mano a Taehyung che fu subito afferrata.
≪Mamma io e tae andiamo
sull'altalena!≫
L'interpellata sorrise intenerità.
≪Va bene tesoro, io vado a sedermi sulla panchina se mi cercate!≫

Ma i due ormai erano troppo presi a ridere e giocare per sentire cosa la donna stesse dicendo.

Più Jimin osservava Taehyung, più si rendeva conto di quanto negli anni non fosse cambiato: era rimasto il solito bambinone stravagante e pieno di vita di sempre e Taehyung non aveva idea di quanto Jimin fosse felice di ciò.
Di quanto Jimin fosse felice di averlo al suo fianco.

≪Allora? Ti muovi?≫
alzando lo sguardo Jimin si ritrovò un Taehyung con il broncio e le mani sui fianchi, il piede che batteva a terra e un sopracciglio alzato, era esilarante, non si sa quale forza della natura lo trattenne dallo scoppiargli a ridere in faccia.
≪si, si andiamo!≫

Uscirono dall'ascensore arrivando nell'accogliente atrio del condominio in cui abitavano uscendo poco dopo dal grande portone principale e incamminandosi alle strisce pedonali mentre concordavano quale serie, delle tante iniziative, avrebbero guardato dopo aver preso gli snack preferiti di Taehyung al negozio h24 lì vicino, visto che il giorno seguente non avrebbero avuto la solita sveglia alle 6:00.

≪no dai! non voglio guardarla quella!≫
≪allora perché l'abbiamo iniziata se non vuoi mai guardarla Jimin!≫
≪perché tu volevi vederla!≫
≪ora pensa a guardare dove metti i piedi per favore≫
≪no ascolt-≫
≪Jimin attento!≫

successe tutto troppo velocemente:
la macchina troppo veloce, i fari troppo accecanti, lui troppo lento a capire, il clacson dell'auto, le mani di Taehyung che lo spingevano, il brusco contatto con l'asfalto, le urla, il sangue.

≪TAEHYUNG!≫

Jimin si svegliò di soprassalto, il cuore che batteva all'impazzata, la fronte imperlata di sudore, le mani tremolanti e in respiro affannato.

Aveva avuto un incubo.
L'ennesimo della settimana.

Guardò la sveglia che segnava le 4:37, si era svegliato prima, ma almeno oggi si era risparmiato la parte in cui Taehyung gli chiedeva perché l'avesse lasciato morire e lui, improvvisamente, smetteva di respirare.

Lo stesso incubo ogni notte da due anni.
Due anni nei quali aveva cambiato fin troppi psicologi e fin troppe cure.
Due anni nei quali le sue apnee notturne, gli attacchi di panico e le bende sulle braccia non erano ne diminuiti, ne cessati.
Due anni nei quali la malattia era stabile: non peggiorava e non migliorava, come avrebbe dovuto anche secondo i dottori.

Due anni dalla morte del suo migliore amico.

Si alzò dal letto, non avrebbe ripreso sonno, ormai lo sapeva, prendendo la solita dose di antidepressivi mattutina, dirigendosi poi verso la finestra con una sigaretta in una mano e nell'altra l'accendino.

"non dovresti fumare Jiminie, sei giovane e bello, perché rovinare i tuoi poveri polmoni in questo modo!"

non avrebbe dovuto lo sapeva, avrebbe dovuto smettere, ma il fumo sembrava essere l'unica cosa che riusciva a colmare il vuoto delle sue giornate.

aprí la finestra, accese la sigaretta e inizio a guardare il cielo fuori farsi, man mano, sempre più chiaro.

la sua voglia di andare all'università era pari a zero, come sempre d'altronde, ma aveva già perso un anno e non poteva permettersi di perderne anche un altro, scienze umanistiche non era una delle facoltà più difficili, ma nemmeno una delle più semplici.

"saresti potuto venire a belle arti con me, sarebbe stato più divertente e interessante di quella noiosa facoltà che hai scelto, mh."

Jimin aspirò l'ultimo tiro per poi buttare il mozzicone della sigaretta nel posa cenere vicino.

Guardandosi allo specchio, decise che sarebbe andato a farsi una lunga doccia calda, magari per smettere, inutilmente, di pensare e alleviare il dolore che in quel momento stava provando.

Posò un ultima volta lo sguardo sul cielo.

≪so che mi stai guardando ora, t-tae≫

I suoi occhi erano ormai lucidi e il nodo formatosi alla gola quasi gli impediva di respirare correttamente.

≪avrei d-dovuto ascoltare t-te tae, forse- forse ora s-saresti ancora q-qui.≫

♥︎
ehii come state?
spero davvero che questo capitolo iniziale vi sia piaciuto, anche se un po' triste.
il mio intento era scrivere un jikook per lo più allegra, ma penso di non esserci riuscita :').
spero comunque possiate apprezzare!
scusatemi per eventuali errori grammaticali e al prossimo aggiornamento! <3

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