La sveglia suona e io sono costretta ad alzarmi, anche se avrei preferito restare a letto a pensare alla bambola di cenerentola che avevo lasciato nella vecchia casa, era un pezzo della mia infanzia ma mia madre quando aveva voluto trasferire aveva detto che dovevo crescere e l'aveva lasciata li. Beh, almeno la bambina che andrà a vivere li sarà felice di avere un giochino, anche se con la metà dei capelli che dovrebbe avere una bambola normale, senza una gamba e anche nuda. Mi alzo e improvvisamente sento un mal di testa incredibile, la sera prima ero stata in discoteca -cosa che non faccio mai- con Sabrina, la mia vicina di banco, e tra musica a tutto volume e solo tre ore di sonno sono uno straccio. Esco dalla stanza e vado in cucina dove inizio ad accendere la macchinetta del caffè, inserisco la capsula del caffè e resto ad ascoltare il rumore del caffè che fa il suo corso. Sono messa proprio male. Quando è pronto lo bevo e prendo un pezzo di torta avanzata da qualche giorno prima. Quando finisco vado in camera mia e inizio a vestirmi: apro l'armadio di legno di ciliegio, ne prendo dei pantaloncini corti e grigi e li metto, faccio lo stesso con una maglietta nera un po' vecchia. Mi faccio una coda alta con i miei capelli lisci e mori e poi esco di casa. Vivo in un appartamento in periferia, il centro città mi è sempre piaciuto ma non mi posso permettere una casa in centro e non per viverci da sola, i miei genitori tornano due volte al mese ma per il resto io vivo da sola. Quando sarò maggiorenne i miei dicono che mi compreranno una casa in centro, contro le mie richieste di non pagarmi nulla al di fuori della scuola, e a quel punto io potrò andare a correre la mattina nei parchi vicino a quelle zone. La periferia mi piace comunque molto, i miei genitori fanno un lavoro onorabile, mia madre è la vicecapo di un'importante agenzia immobiliare e mio padre è un ingegnere meccanico, anche lui onorabile, ma potrebbero essere due scavatori di miniere in Congo che il mio stile di vita non cambierebbe di una virgola. In periferia ho avuto modo di conoscere persone di un agio sociale diverso dal mio e questo mi piace, mi piace conoscere gente più svantaggiata e provare ad aiutarla, per questo preferisco la periferia.
Inizio a camminare sempre più velocemente e dopo cinque minuti inizio la mia corsa quotidiana. Soprattutto d'estate mi piace correre la mattina, non solo perché se non mi vado a fare una corsetta sono irritabile, mezza addormentata e divento grassa come un rinoceronte, ma anche per sentire l'aria fresca di mattina sulla pelle, per sentirmi viva. Passo davanti a diversi negozi e case, le macchine sono poche ma frequenti e il caldo sfinente non mi ha ancora raggiunta, poi lo vedo. Lo vedo in tutto il suo splendore che fa stretching stendendo una gamba su un palo e allungandosi toccando la punta. Indossa una maglietta bianca e pantaloncini neri con strisce grigie che gli lasciano intravedere le gambe muscolose, lo fisserei per ore a-
Cado sul marciapiede come una pera e atterrando cerco di pararmi con la mano, ma nel farlo il polso si storce in modo strano e pericoloso e provo un dolore fulmineo e intenso.
"AIAH!" grido ripetutamente, cavolo fa un male cane il polso! Poi vedo arrivare verso di me lui, con un espressione preoccupata, curiosa e perché no, anche un po' divertita Christofer, che poco prima era dall'altro lato della strada a fare stretching. Adesso mi ricordo che anche io l'avrei dovuto fare.
"Tutto bene Giulia?" ma allora se lo ricorda il mio nome...
"Non proprio, il polso mi fa malissimo" lui mi porge una mano per aiutarmi ad alzare ma poi si ricorda che il polso mi fa male e mi prende con entrambe le mani sotto le ascelle e senza difficoltà mi alza da terra. Come diavolo ha fatto?
"Vieni, a casa mia ho un kit di pronto soccorso" mi tiene stretta alla vita e mi conduce in una casa poco distante da dove sono caduta, con la facciata bianca e leggermente vecchia e sporca. Mi fa entrare dalla porta e dopo una rampa di scale arriviamo davanti a una porta in legno chiaro, che lui apre con un mazzo di chiavi. Il dolore al polso è lancinante, ma la presenza costante e calorosa di Christofer lo allevia. L'interno dell'appartamento è più bello di quanto immaginavo: il salotto all'entrata non è molto spazioso, ma è molto bello, vi è un divano in pelle grigio e al suo fianco un tavolino di legno marrone, la televisione è sopra una mensola rettangolare bianca. Moderno ma caloroso. Sopra alla mensola vi sono una sfilza di fotografie che rappresentano lui insieme ad altri ragazzi e ragazze, tutti biondi con occhi verde chiaro, dalla pelle chiara come neve e dal fisico slanciato come lui. Mi chiedo se siano fratelli, si assomigliano davvero molto. In un'altra foto vi è rappresentato lui insieme a una donna, lei è più bassa di circa due palmi di mano ma i tratti del viso sono simili. Ha zigomi alti, i capelli chiarissimi, quasi bianchi, la pelle leggermente più rosata e con due guanciotte rosse, gli occhi verde-azzurro chiari sono identici, non vi è una parte differente, sono uguali. In quella foto sono entrambi in costume, su una spiaggia dal mare chiaro e limpido. Non mi trattengo dal guardare il fisico scultoreo di Christofer, addominali scolpiti e pettorali lisci e ben allenati, è sorprendente come possa avere un fisico tanto muscoloso e non minuto, da uomo quando il suo viso è tenero e dolce e i lineamenti quasi ancora da bambino cresciuto. Un bambino dalla bellezza angelica e misteriosa, ma pur sempre un bambino. Avvampo quando mi sorprendo a fantasticare sulla bellezza di Christofer, che in tanto è nell'altra stanza e lo vedo in piedi su una sedia a cercare il kit di pronto soccorso. Il polso mi fa sempre malissimo ma sto cercando di distrarmi il più possibile, perciò torno alle foto. In un altra foto vi è un bambino di circa dieci anni, con un braccio che circonda la spalla di uno più piccolo di circa cinque anni. Il più grande indossa una maglietta rossa a maniche corte e dei pantaloncini di jeans anch'essi corti, è sicuramente Christofer, gli occhi e i lineamenti sono uguali. L'altro bambino deve essere per forza il fratello, si assomigliano come due gocce d'acqua. Nelle altre foto ci sono diversi ragazzi, tutti che sembrano nordici assieme a Christofer, diverse foto di lui con una squadra di basket, in divisa, con la palla in mano tutti allegri, questi ultimi sembrano mediterranei. Ma in molte altre foto vi è solo lui, spesso vicino a un tramonto in spiaggia o mentre gioca a basket, ma mi soffermo a guardare la foto con la donna in spiaggia ancora per un po'. I suoi occhi sono gioiosi, e non malinconici come spesso sono quando lo vedo, anche mentre mi conduceva a casa sua era con lo sguardo perso nel vuoto, nei suoi pensieri, ma li sembrava realmente felice, senza preoccupazioni. Una mano calda mi si posa sulla spalla e un alito caldo e profumato mi arriva all'orecchio.
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Improvviso come il vento
RomanceGiulia ha 17 anni e a 14 ha dovuto lasciare la squadre di basket maschile con cui giocava da quando ne aveva 10 per andare in una femminile. I suoi ex compagni di basket sono i suoi migliori amici con cui si è formato un gruppo molto affiatato che l...