1. L'algoritmo mancante

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algoritmo (ant. algorismo) s. m. [dal lat. mediev. algorithmus o algorismus, dal nome d'origine, al-Khuwārizmī, del matematico arabo Muḥammad ibn Mūsa del 9° sec.]. Qualunque schema o procedimento matematico di calcolo; più precisamente, un procedimento di calcolo esplicito e descrivibile con un numero finito di regole che conduce al risultato dopo un numero finito di operazioni, cioè un insieme di istruzioni che deve essere applicato per eseguire un'elaborazione o risolvere un problema. 

{ Estratto dal dizionario Treccani }

Cos'è la solitudine?

Ak267 non lo sapeva ed essere un umanoide non aiutava.

Creato dal genio di un uomo che dietro di sé non aveva lasciato nulla se non Ak267 stesso, un'intricata combinazione di materiale denaturato e polimeri, egli era in tutto e per tutto un umano per forma ma non per sostanza.

Nel corso della sua esistenza, dopo che il suo creatore era venuto a mancare, aveva cominciato a notare un certo difetto che lo riguardava.

Aveva provato a cercarlo tramite estenuanti debugging di ogni sua parte corporea, a partire dalla sua unità centrale di elaborazione; comprese però che il problema non proveniva dalla matrice principale.

Anche se l'addestramento delle numerose reti neurali che componevano il suo cervello non era minimamente paragonabile alla complessità computazionale di un vero essere umano, era dotato di un intelletto superiore alla media statistica dell'ultimo censimento del quoziente intellettivo terrestre.

Sinapsi e assoni a parte, sapeva che il suo vuoto non era dovuto alla mancanza di neurotrasmettitori, ormoni o ioni. Era conscio che l'efficenza dei suoi impulsi elettrici era maggiore rispetto a quelli generati dai potenziali umani, perciò la velocità di ragionamento e reazione al pericolo erano discretamente più rapide del campione originario.

Eppure Ak267 avvertiva che qualcosa mancava.

Coglieva l'assenza di un adeguato sviluppo della rete che gli permettesse di comprendere appieno il suo problema. Come se una parte del suo intero processo di elaborazione avesse un piccolo ma sostanziale buco.

Un algoritmo mancante.

Ak267 non riusciva a spiegarsi come, ma intuiva che il difetto dovuto a questa lacuna si ampliava e dilagava attraverso i suoi circuiti e apparati biomeccanici, come un tumore maligno.

Trascorreva le calde e umide giornate della fase di plenipolaris a scervellarsi di capire quale e dove fosse l'inghippo, per venire a capo del difetto e liberarsene una volta per tutte.

Uno di quei giorni fu estremamente rovente, a detta dei suoi sensori di temperatura e Ak267 decise di controllare se non fosse proprio la sensoristica a essere danneggiata.

L'unico modo per scoprirlo era calibrarla all'esterno.

Uscì per una passeggiata dal laboratorio in cui viveva, una struttura parallelepipeda il cui piano terra era privo di finestre e rivestito di specchi; mentre il secondo era stato costruito con gli stessi materiali legnosi e celluloidi della giungla, per assomigliarle il più possibile.
Il tetto, infine, era una replica esatta delle chiome di Corvino Barbuto, alberi centenari dai tronchi giganteschi e dalle chiome talmente irsute da risultare impenetrabili.

Questo genere di trucco permetteva allo stabile di essere praticamente invisibile ad occhi indiscreti, i quali si fermavano spesso su Emipolaris per bracconaggio o traffico di schiavi.

Ad Ak267 non interessava, non aveva mai considerato la possibilità di essere braccato, tantomeno con le qualità eccezionali di cui era provvisto.

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⏰ Ultimo aggiornamento: May 30, 2021 ⏰

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