Come prima cosa quella mattina Dahlia si mise a sedere, tenendosi però ben stretta nel piumone caldo. In realtà non faceva freddo, era dicembre si, ma nell'appartamento il riscaldamento era acceso, com'era normale che fosse d'altronde. Probabilmente era un'azione priva di senso mossa dal suo inconscio, data dall'abitudine, anche perché la ragazza non dava esattamente l'idea di essere una tipa freddolosa.
Si stropicciò gli occhi con le mani chiuse a pugno per poi decidere che fosse il momento giusto per alzarsi, il che fu confermato anche dall'espressione formatasi sulla faccia di lei dopo aver controllato l'orario sullo schermo del cellulare. E anche se nella stanza faceva buio si leggeva sul suo volto un'importante informazione: era in ritardo.
A piedi scalzi si avviò verso la porta d'uscita pensando che forse avrebbe dovuto arrabbiarsi. Quello era il giorno del serpente e lei avrebbe dovuto essere già per strada, o anche meglio nel suo studio a sistemare gli ultimi preparativi prima dell'arrivo del suo cliente. Certo, anche lei, come aveva potuto accettare una commissione la mattina presto?!
Ancora corrucciata girò la maniglia, tirò la porta verso di se, ritrovandosi il viso di Riccardo davanti. Fu così inaspettato che tirò un urlo, senza neanche fare troppo caso a quell'espressione tetra che traspariva dal volto dell'uomo. Iniziò a realizzare la cosa in quegli ultimi attimi di vita di quel grido che venne strozzato dalla mano di lui, il cui indice le premette sulle labbra, mentre la guardava dritta negli occhi.
"Shhh" sussurrò Riccardo, mentre con l'altra mano spinse quanto più delicatamente si possa immaginare la donna all'indietro, facendole capire di dover indietreggiare, mentre già distoglieva lo sguardo.
Ma lei, proprio da quel rapidissimo scambio d'occhiate, era rimasta come paralizzata perché in quei grandi occhi castani in cui lei era abituata a vedere amore e sicurezza ora c'era qualcos'altro.
Le si raggelò il sangue nelle vene mentre con voce tremante gli chiese che avesse. Ma non ci fu nessuna risposta. Le passò affianco, sfiorandole la spalla con il braccio, mentre raggiungeva il suo telefono, abbandonato sul comodino. Si chinò appena in avanti e allungò il braccio per raccoglierlo, ma una volta preso non si volto. Anzi lo alzò, al di sopra della scapola, come se per qualche strano motivo avesse voluto mostrarle ad ogni costo di averlo preso. Poi lo riabbasso, compose un breve numero e prima di portare il telefono all'orecchio parlò.
"Sto chiamando il 118" disse mentre premeva il pulsante verde. Dahlia ascoltandolo ne ebbe la conferma, quel tono di voce, così basso da sembrare lontano, sembrava nascondere una certa inquietudine. Era come se lui le stesse parlando dal fondo di un abisso profondo metri e metri e nella cui oscurità si nascondeva qualcosa di tremendamente spaventoso. Per non parlare proprio dello stesso numero che stava componendo.
"Aspetta! Che sta succedendo?" chiese cercando di avvicinarsi e continuare preoccupata con un "Ti senti male?". Ma lui non ebbe il tempo di spiegarle nulla, o meglio, sarebbe arrivato un momento migliore per parlarne ma non era sicuramente quello, perché dall'altra parte qualcuno al centralino dell'ospedale aveva già risposto.
"Salve. Si, si, credo che sia un'urgenza... il mio coinquilino è morto..."