Ci sono tre tipi di persone che escono reduci dall'esperienza del bullismo: ci sono quelli che da ciò imparano solo che il più forte comanda e diventano bulli a loro volta, ci sono quelli che imparano ad ignorare tale problema e decidono di voltare la faccia altrove, e poi ci sono quelli che decidono che le ingiustizie vanno eliminate, e perciò combattono contro il bullismo con tutte le forze che hanno. Zacchy Andres ha quindici anni e ancora non sa da che parte potrebbe schierarsi o come ne uscirà da questa esperienza, sa solo di essere l'ultimo anello della catena alimentare a scuola e non passa delle belle giornate. Chiunque lo veda a scuola o in classe ne fa di lui il bersaglio per scherzi e battute molto offensive senza pensare che magari anche uno come lui ha un cuore, purtroppo non tutti nascono con la fortuna in tasca, e Zacchy questo lo sa fin troppo bene. Egli soffre di una malattia rara che rende il suo aspetto particolare: la porfiria, a volte chiamata vampirismo; la sua pelle è molto pallida e soffre molto la luce, ha i denti leggermente più sporgenti del normale a causa delle gengive leggermente ritratte e insomma tutto fa pensare di lui a un vampiro, e i suoi compagni sanno sempre la cosa sbagliata da dire.
Il lunedì mattina chiunque sprizza irritazione da tutti i pori, specialmente gli studenti che sentono già pesare l'inizio della settimana; trascinano i piedi mentre escono assonnati dal letto, consumano la loro colazione per poi ricaricarsi e scattare come campioni olimpionici per non perdere l'autobus e non arrivare in ritardo. Ma la stessa cosa vale per gli insegnanti e i bidelli che, anche se pagati per presentarsi a scuola ed affrontarne la mattinata, piacevole o non, strisciano fuori dai loro letti come larve cercando di ricordare i propri nomi. Zacchy mollò un ceffone potente alla sua sveglia appoggiata alla sedia di fianco al suo letto, per qualunque persona nel mondo il suono della sveglia segnerebbe solo la fine del piacere delle coperte e rispedirebbe nella vita reale i sognatori, ma per Zacchy il suono della sveglia segnava solo un lento ma atroce countdown verso l'inferno che lo attendeva in classe, di primo mattino si alza pensando a che razza di insulto si sentirà dire appena qualcuno di accorgerà della sua presenza, oppure pensa a che bigliettino scarabocchiato potrà trovarsi incastrato nell'armadietto appena lascerà i libri che non servono. Lasciando il suo letto caldo si diresse verso l'armadio per vedere cosa mettere addosso per non finire ustionato dal sole: il suo armadio traboccava di felpe nere e pesanti, cappelli e pantaloni scuri da fare invidia a un film in bianco e nero; non esisteva modo più anonimo di vestirsi. Ancora un po' assonnato si voltò verso l'anta dell'armadio con lo specchio e ciò che vide fu solo un ragazzo pallido con uno sguardo a metà tra il sonno e la voglia di morire in quel preciso istante, oltre alla sua espressione da gufo triste tipica dei suoi lineamenti facciali; sbuffando si mise un felpone con le tasche unite e un jeans scuro, afferrò il primo cappello che la sua mano riuscì a raggiungere ed uscì verso la cucina dove già da qualche minuto il suono delle voci dei suoi genitori e l'odore del cibo bussavano alla sua porta. Appena comparve fuori dalla sua stanza il suo cagnolone Beirut si piazzò davanti ai suoi piedi per ricevere le carezze del buongiorno, con un sorrisetto divertito Zacchy si chinò per grattargli la pancia: "Si bello, buongiorno anche a te"
"Buongiorno tesoro!"
"Ciao mamma, ciao papà."
"Come ti senti figliolo? Pronto per la scuola?", suo padre gli fece un cenno militare e sorseggiò il suo lungo caffè. Sua madre si avvicinò al marito e gli mollò una sberla dietro la testa con fare da rimprovero.
"Michael dai, si è appena svegliato! Tieni caro, prima di uscire mangiale finchè sono calde."
"No, non ho fame, esco subito, vado a piedi. Ciao."
Zacchy afferrò lo zaino più veloce che potè e allungò il passo fino alla porta seguito dal suo cagnolone scondinzolante. La mamma si irrigidì e seguendolo con lo sguardo cercò di persuaderlo: "Cosa? Ma non puoi uscire senza mangiare, fermati!"
Ma le sue parole non furono ascoltate, Zacchy era gia praticamente a metà fuori casa e salutò il suo cane per l'ultima volta finchè non scomparve chiudendosi la porta alle spalle.Una volta fuori dal cancello fece un lungo sospiro, non aveva mai detto ai suoi genitori degli atti di bullismo di cui era vittima ogni giorno, non era mai stato una persona aperta che parlava di ogni suo segreto, anzi, Zacchy era molto riservato e difficilmente raccontava qualcosa di sé, sia che si trattasse di una cosa bella o brutta. Camminò con le mani in tasca, la testa bassa e il respiro pesante; ogni tanto guardava avanti per assicurarsi di non andare a sbattere e abbassò il cappello sul volto per nascondersi il più possibile oltre che per proteggersi dalla poca luce del mattino. Non aveva molta strada da fare, la scuola era abbastanza vicina però con l'autobus era più comodo andarci, ma camminando da solo almeno poteva concedersi ancora qualche minuto per sé stesso prima di fronteggiare la cattiveria umana. Appena arrivò sotto un gazebo in mezzo al parco, ed essersi assicurato che non ci fosse nessuno nei dintorni, alzò lo sguardo verso il cielo e respirò profondamente, puntò i suoi occhi nocciola verso il vuoto pensando a come sarebbe stato bello essere libero come gli uccelli che gli stavano volando sopra, libero e privo di problemi. Se solo avesse potuto essere al loro posto, invece si ritrovava sulla terra ferma.
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A star inside (IN REVISIONE)
Подростковая литератураZacchy Andres ha quindici anni, soffre di una rara malattia, la porfiria, o sindrome del vampiro. Il suo aspetto fisico è molto particolare e per questo tutta la scuola lo prende di mira e lo bullizza ogni giorno. A causa di ciò Zacchy soffre di dep...