0. 𝘛𝘳𝘦 𝘮𝘦𝘴𝘪 𝘥𝘰𝘱𝘰

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Seokjin era impegnato a scartabellare nelle scatole del magazzino del suo negozio di tatuaggi. Notó con disprezzo che gli inchiostri delle tonalità del verde e dell'arancione avevano cominciato a scarseggiare, perció, dato che non poteva fare altrimenti appuntó mentalmente di riferirlo a Taehyung, così che potesse ordinarne delle nuove confezioni.

Afferró un vasetto di verde scuro e aprì la porta che dava sulla sala, piena di poltrone reclinabili e lettini per far accomodare i clienti, felicemente esposti alle torture dei suoi aghi.

In uno di quelle poltrone era seduta Hwasa, le gambe lunghe incrociate, con i tacchi sfavillanti ai piedi. Si era tagliata i capelli poco sotto la linea del mento dopo l'ultima volta che l'aveva vista. Se fosse possibile la trovava ancora più attraente.
In quei tre mesi trascorsi dall'ultima esibizione fra Yoongi e Taehyung, erano successe tante cose.

Yoongi era stato contattato da un'importante orchestra di Seoul, e gli era stato espressamente richiesto di unirsi alla compagnia e partire per un tour europeo. Probabilmente non sapeva che durante quell'ultima esibizione, la zia avesse avuto la sensibilità di invitare anche degli esponenti di rilievo come loro.
Jimin d'altro canto, lo seguì.

Namjoon, era sempre il solito vecchio Namjoon. Una costante, come la punteggiatura di un testo, dove il suo migliore amico riusciva a scindere e separare gli eventi della sua vita burrascosa solo con una battuta stupida o una partita a Mah Jong a tarda notte. Era come se Namjoon stesso si preoccupasse di correggere e rallentare la sua vita, tramite l'inserimento di virgole e punti di sutura.
E Seokjin era profondamente grato per quelle virgole.

E a parte il compito di editor della sua esistenza, Namjoon si era anche comprato un cane, constatando quanto si sentisse solo nel suo piccolo appartamento.
Per la precisione un Welsh Corgi, con il pelo scuro su tutto il corpo e la testa di un chiarissimo beige, un po' tozza e squadrata.

- Sembra una castagna - disse fra la risate, la prima volta che lo vide.
- Non sembra una castagna -
- Assomiglia più lui alle castagne delle castagne stesse -
- Povero Light, prima o poi zio Jin ti adorerà - sussurró Namjoon al suo cucciolo, inginocchiandosi per accarezzarlo.
- Light? Pensavo avessi superato la fase di Death Note nel duemiladieci -
- Death Note non si supera mai - Seokjin annuì sovrapensiero.
- E scusa, io dovrei essere Ryuk? -

Suo fratello, Taehyung, era sempre, profondamente e perdutamente innamorato di Jungkook. Non che avesse mai avuto qualche dubbio al riguardo. Quei due erano diventati praticamente inseparabili.
Non che l'amore peró fosse in grado di guarire tutte le ferite, come si ostinavano a credere i romantici o gli stolti. Nonostante non gliene avesse ancora parlato, Taehyung nascondeva qualcosa.

Era impossibile non notate l'ombra scura che gli colava sullo sguardo e sul volto ogni volta che veniva menzionato l'ultimo duetto con Yoongi. Si riprendeva subito, scrollando i capelli e facendo finta di nulla. Non che Seokjin fosse così stupido da non notarlo.

- A cosa pensi? - Hwasa lo riportó sulla terra. La donna era crucciata, un'espressione interrogativa formulata dalle sopracciglia arcate, tentando di capire quale fosse il problema che stesse logorando l'anima al ragazzo di fronte a lei.
- Troppe cose - rispose il tatuatore.
- Ne vuoi parlare? -
- Non siamo qui per parlare ma per farti un tatuaggio, o sbaglio? -
- Sei incapace di parlare mentre tatui una persona? -
- Ho bisogno di concentrazione, ma grazie per la proposta - Seokjin aveva fra le mani la carta velina con disegnato sopra i mughetti richiesti da Hwasa.
- Sull'avanbraccio quindi? - la donna annuì, porgendole il braccio destro.

Seokjin, con mani attente, calibró per una trentina di secondi la giusta posizione del mazzo di fiori, poi premette l'inchiostro sulla pelle ambrata della donna.
- Perché i mughetti? - il viola era sinceramente curioso di quella risposta. Solitamente non erano i fiori che andavano per la maggiore.
- Siamo qui per farmi un tatuaggio, non per parlare, giusto? - replicó Hwasa.
- Touchè - Seokjin rise.

~

- Tae? - parló Jungkook. Il castano, per tutta risposta, si voltó verso il suo ragazzo.

A Jungkook si spezzó il cuore. Vederlo così, lo sguardo lucido di lacrime amare, i capelli spettinati a furia di passarci dentro le mani capricciose, le borse nere sotto gli occhi stanchi, era a dir poco struggente.

Taehyung era in bilico, il corpo malfermo e ritto in mezzo al salotto dell'appartamento di Jungkook. Da una mano sporgeva il suo violino, lo strumento che avevano comprato insieme quella che sembrava una vita fa. Nell'altra mano, l'archetto di crini di cavallo. Non era la prima volta che facevano una cosa del genere, e ogni dannata volta si ripeteva sempre la stessa storia.
Il violinista lo guardó negli occhi e sorrise tristemente.

- Ricorda che ti amo, per qualsiasi cosa sono qui fuori dalla porta, ok? - a quelle parole, Taehyung annuì quasi per inerzia.
Con il cuore rotto e la mano già sulla maniglia, il più piccolo era già con mezzo corpo fuori dalla porta.

- Jungkook - la voce di Taehyung lo fermó.
- Ti amo anche io - continuó. Con i singhiozzi del pianto che stavano per sgorgare fuori dalla sua gola arsa, Jungkook annuì e si chiuse la porta alle spalle.

Che la musica torni per guarirti, Taehyung.

Nota autrice
Tanto lo sapevano anche i miei vicini di casa che non sarei mai riuscita trattenermi.
Vi è mancata vero?

𝘖𝘶𝘳 𝘓𝘢𝘴𝘵 𝘚𝘰𝘯𝘨 - 𝘚𝘦𝘲𝘶𝘦𝘭Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora