Il sangue di Marco era sul lastricato del giardino della scuola, lo era dal giorno prima. Era un ragazzo di quarta, Luca sapeva solo questo di lui. Si ricordava i compagni del ragazzo che piangevano, mentre una ragazza era in ginocchio vicino alla chiazza rossa, li aveva visti dalla finestra; Luca era apatico, non sapeva cosa provare. Era asciutto, ormai, il sangue e il bidello non aveva il coraggio di pulirlo. A quanto pare ci era affezionato, a quel ragazzetto; Luca lo aveva sentito piangere nello stanzino.
Marco si era buttato giù dalla finestra della sua aula durante l'ultima ora, quando tutti erano troppo stanchi per accorgersi di lui che la apriva. Poi però è stato tutto veloce, troppo. Eppure il tempo sembrava scorrere più lentamente di quando quella di lettere parlava di Petrarca. Lui è salito sul davanzale, e tutti si sono girati. <<Scendi subito!>> aveva detto la Denotti, una giovane donna, single da una vita, appassionata del suo lavoro. <<Lei era una delle mie preferite>> aveva risposto il ragazzo con voce bassa, guardandola fissa negli occhi, <<credo che mi mancherà>>. Aveva gli occhi lucidi, si diceva per i corridoi, ma non aveva pianto. Si era girato verso la classe, che lo guardava inerte, tutti congelati. Marco avrebbe voluto fossero stati fermi così quella volta, quando invece avevano pubblicato la foto. <<Sapete come ho scoperto quella foto?>> la classe era stata zitta, mentre una ragazza, Marta, aveva rilasciato un singhiozzo. <<Mi mancherai anche tu, tesoro>> le disse il giovane. Giovane, troppo giovane, si disse Luca. <<Allora, lo sapete?!>> aveva urlato stavolta, tanto che i ragazzi della classe accanto lo avevano sentito. Dio, se solo fossero intervenuti...Ma no, forse non sarebbe cambiato niente. <<L'ha vista mio fratello. Il mio fratellino di otto anni, brutti stronzi. Gliel'ha mandata qualche suo compagno...E' venuto da me, dicendo che lo prendevano in giro perché suo fratello è frocio. Mi ha chiesto se lo fossi veramente e io...io non ho saputo rispondere>> c'era più silenzio di prima, se possibile. Un altro singhiozzo, Marco chiuse gli occhi, voltandosi dalla parte opposta rispetto a quella dove la ragazza che piangeva, la sua fottuta migliore amica, era seduta. <<Non erano fatti vostri. Non lo erano quella sera, non lo sono ora, di chi bacio o di chi mi scopo. A voi non cambia niente. Ma a quelli come voi non piace non essere al centro della fottuta attenzione di tutti, vero? No, voi lo odiate. E allora, perché no, scattiamo una foto a quel frocio che non risponde agli insulti, photoshoppiamola e postiamola sul fottuto internet mentre si bacia un ragazzo. Avanti, vero, perché no?>> un altro singhiozzo << Perché!? Rispondete cazzo. Perché non rovinarmi la vita, tanto non frega a nessuno! Sono solo il frocio asociale, a chi importa vero? E sapete cosa? Avete ragione, non importa neanche a me. Vi ho sempre odiati>>. Si era voltato verso la finestra ora, sempre in equilibrio sul sottile davanzale. Poi, sempre di palle, volse la testa alla prof, che lo guardava con le mani premute sulla bocca <<scendi, Marco, avanti. Scendi>> sussurrava. Lui non scese, ma le disse <<può dire a quella di matematica che mi dispiace veramente non poter finirle quel ritratto? Grazie. Passi un buon pomeriggio>>. Poi il delirio. O forse no, poi ci fu solo il silenzio, che fu poi rotto da un grido agghiacciante. Ecco, in quel momento, iniziò il delirio.
<<MARCO!>>
Lo aveva sentito anche Luca dalla classe al primo piano, dove stavano tutte le seconde, l'urlo di Marta. Il suo banco era vicino alla finestra, la quale era posta proprio sotto quelle della classe di Marco. Luca era distratto, quella mattina, e la lezione di spagnolo era veramente troppo noiosa per essere seguita. Dio, quanto avrebbe voluto essere stato attento, quando vide quell'ammasso scuro cadere dalle finestre del piano di sopra. Non era la prima volta che i più grandi lanciavano cose dalla finestra, e inizialmente pensò avessero rubato uno dei sacchi d'immondizia che stavano in bidelleria. Insomma, era l'unica cosa che poteva avere quella grandezza. Che quel Marco fosse colui che aveva buttato giù dalla finestra il presunto sacco, e la prof lo aveva sgridato? Si era sporto di poco, per vedere meglio, aspettandosi un mare di spazzatura, ma trovando sangue. Ce ne era tanto. Troppo. Gridò.
...
Luca superò la parte di lastricato macchiata, e andò in classe. Il giorno prima un suo compagno di scuola si era suicidato, gettandosi dalla finestra, e lui aveva visto il momento in cui il suo cranio si era spaccato contro il cemento. Tutto normale. Inspira, espira. Inspira, espira. Altre due volte, avanti, altre due. Due non bastano però, perché aveva fottutamente visto un ragazzo suicidarsi il giorno prima. Lo stesso ragazzo di cui gli era stata mandata una foto mesi prima, una foto di cui lui aveva riso. La foto non faceva ridere, però, era solo la foto di due ragazzi che limonavano durante una qualche festa a cui erano stati invitati solo quelli delle quarte e delle quinte. Era palesemente modificata e il corpo di Marco era stato sostituito con quello di qualche ragazza nuda presa dal web. La scritta "Marco puttana" lampeggiava in rosso, scritta in caratteri maiuscoli. Non faceva ridere, non più: Marco era morto, il suo sangue era sul lastricato a provarlo. Marco si era buttato dalla finestra, i professori piangevano e i compagni erano assenti, tutti. Aveva detto che li odiava, e Luca sapeva che era così.
Marco Lorenzi era un ragazzo di diciassette anni, omossessuale, che prendeva 5 in matematica ma sapeva disegnare magnificamente e suonare tre strumenti, oltre ad essere un portento a calcetto. Era una ragazzo che amava la sua famiglia e il suo fratellino, Davide, e che aveva solo un'amica, ma andava bene così. Eppure era conosciuto dai suoi compagni di scuola come 'il ragazzo della foto, quello frocio'. Nessuno parlava di quali erano le sue passioni, i suoi sport preferiti, o sapeva qualcosa di più rilevante di un titolo affibbiato da una foto photoshoppata, "il frocio puttana". Neanche quando è morto.
Ma nella lapide non c'era scritto quello, perché quello non era lui.
"Marco Lorenzi
02-03-2003/ 19-04-2020
Figlio amato e amico fidato, sarai per sempre nei nostri pensieri"
Luca ci contava fosse così, quel ragazzo sarebbe rimasto in testa a tutti loro per sempre, il senso di colpa ad accompagnarli.
Andò nel giardino, e si mise in piedi accanto alla macchia. Prese una bottiglietta e la svitò, rovesciandola sopra al sangue, che iniziò subito a sparire, andando a finire nel tombino accanto. Marco gli sarebbe mancato, perché non è vero che di lui sapeva solo la classe, anche se quella sera alla festa di suo fratello, dove erano stati invitati solo quelli di quarta e di quinta, lui era ubriaco e si ricordava la metà delle cose di cui avevano parlato, Luca si ricordava il suo primo bacio.
Addio, Marco Lorenzi.
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Il sangue sul lastricato|| Oneshot
General FictionIl sangue di Marco era sul lastricato del giardino della scuola, lo era dal giorno prima. Marco si era buttato giù dalla finestra della sua aula durante l'ultima ora, quando tutti erano troppo stanchi per accorgersi di lui che la apriva. Poi però è...