Ultimamente l'attenzione era concentrata tutta su Sherlock e John, o meglio, solo su Sherlock, e John sembrava essere infastidito, a tal punto da non riuscire a portare avanti un dialogo calmo e pacato persino nei suoi pensieri.
Il suo piccolo segreto, che solo lui sapeva, non era propriamente il suo provare una forte gelosia, difatti di questo se n'era accorto persino Sherlock, così estraneo ai sentimenti altrui, eppure sembrava capire quelli di John, il suo segreto consisteva nel fatto che era geloso di Sherlock, non della sua fama e del suo successo, ma di lui. Il solo pensiero di sentirlo lontano da lui lo torturava fino a farlo impazzire.
Quella mattina si svegliò, stranamente felice, ripensò al sogno della notte precedente e sorrise ancora di più. A dire il vero molto spesso capitava di svegliarsi in quello stato, era felice persino di essere felice.
Poco dopo entrò Sherlock dandogli il buongiorno e spalancando le finestre, inondando la camera di luce. Si sedette sul letto affianco a lui sfoggiando uno dei sorrisi più belli al mondo. Il biondo si alzò sui gomiti e cercò di imprimere nella sua mente ogni piccolo particolare di quella scena, i suoi ricci semplicemente perfetti illuminati dal sole, il suo sorriso sempre così dolce, i suoi occhi azzurri cielo in cui perdersi dentro e i suoi modi di fare, spesso bruschi, ma che quel giorno sembravano la cosa più delicata del mondo.
"Buongiorno anche a te, Sherlock" rispose di rimando dopo qualche secondo.
"Dormito bene?" continuò il detective.
John arrossì, di certo non poteva raccontare il suo sogno, si limitò a balbettare qualcosa che risuonava vagamente come un "bene, grazie". Ultimamente i suoi sogni erano incentrati soprattutto sull'amico, gli capitava spesso, infatti, di sognare di rivelare al riccio i suoi sentimenti.
Il detective lo mise poi al corrente dell'intervista prevista per quel giorno, roteando gli occhi.
John si scurì, fissandolo involontariamente con odio. Sherlock sembrò accorgersene, infatti lo guardò con sguardo interrogativo.
"Odio queste situazioni, mi mettono a disagio" mentì.
"Non è vero - si limitò a dire Sherlock, diventando serio - quando menti il tuo tono di voce cambia e dici frasi vaghe, perciò stai mentendo."
Come diavolo aveva fatto ad accorsene?
"C'è qualcosa che devi dirmi?" chiese poi con tranquillità.
Doveva rimediare al più presto e, possibilmente, smettere di fissarlo incredulo come se avesse visto un gatto camminare sull'acqua, ma più si sforzava, più le parole sfumavano via dalla sua mente.
Fu questione di secondi, come risposta attirò Sherlock a sé e lo baciò, il quale ricambiò immediatamente sorridendo sulle sue labbra. Dopodiché si staccò dal più piccolo, guardandolo negli occhi con quel suo sguardo freddo e profondo e sussurrò una sola parola "Svegliati".
John aprì gli occhi, la felicità passò in pochi secondi, tirò un pugno al cuscino e tirò su le coperte nascondendosi tra esse, era stato tutto così reale.
"John, sbrigati, abbiamo un'intervista" sbuffò.
Sentì la porta di casa sbattere e poi il silenzio, segno che Sherlock era uscito.
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