Lui:
Era la sera del 14 febbraio ed eri da sola, a teatro.
Indifferente a qualsiasi tipo di commento sul “ma vai da sola?”, tu te ne stavi fiera e tranquilla, seduta al tuo posto e in attesa che lo spettacolo incominciasse.
Mi sono avvicinato con cautela, chiedendoti se il posto vicino al tuo fosse libero.
Mi hai sorriso e hai annuito e io sono rimasto stregato.
Ho attaccato bottone e parlato del più e del meno fino a che le luci si sono abbassate. E poi durante tutto lo spettacolo ho riso con te, tutte le volte che qualcosa ti divertiva.
Una volta finito, alla luce chiara dei lampadari del teatro, ti ho chiesto se potessi accompagnarti alla metropolitana e tu, stupendomi, hai risposto “volentieri”.
Abbiamo chiacchierato fino alla fermata: eri bellissima, con l’ombrello a coprirti dalla pioggia e le punte dei capelli leggermente arricciate per l’umidità.
Ti ho chiesto il numero, ma tu, presa in contropiede, hai abbozzato una scusa e mi hai chiesto di cercarti su un qualche social, lasciandomi solo un cognome.
Ti ho cercata, ma invano. Avrebbe potuto essere una bellissima storia d’amore, la nostra, ma tu sei fuggita come un alito di vento primaverile e sei corsa giù dalla scale della metropolitana, lontana da me e da quello che saremmo potuti essere.
Lei:
Avrebbe potuto essere una bellissima storia, ma sono troppo codarda per lasciarmi andare e troppo cinica per credere all’amore.
È successo davvero, ieri sera.