{ Ai confini della razionalità }
Sono sempre stata rinchiusa dentro una gabbia piena di spilli e lame a doppio taglio. Ho assaggiato il sapore del mio stesso sangue quando un giorno, uno di essi, mi ferì gravemente il lato destro della mia spalla. Sistemai tutto con estrema cura e volontà d'animo.
Ero delineata da un piccolo spazio di cui non sapevo dare il nome fin quando, un ragazzo della mia stessa età, mi disse che ciò che mi teneva dentro era la mia razionalità di vivere. Il mio schematizzare sempre tutto e tutti. Il mio voler rimanere in quel piccolo spazio dove mi obbligavo ad essere normale con degli aghi.
Ciò che veramente non sapevo era il come fossi finita lì dentro e quando. Ne facevo parte da quando ero nata oppure ero finiti lì cadendo giù da un albero?
Lui mi guardò e sorrise come se avesse compreso prima di me ciò che volevo sapere da tempo. Si schiarì la voce e si mise ad un palmo da me; quasi volesse sentire ancora di più l'odore dei miei sentimenti scappati via dal mio cuore. Era... Strano. Ma lui continuò a immergere gli occhi nei miei e dopo istanti in cui dovetti trattenere il respiro, decise di parlare.
Poggiò la sua grande mano nel mio piccolo e fragile petto e sussurrò dolcemente al mio orecchio quasi volesse cullarmi da tutto quello che mi stava distruggendo.
<< Lasci che il tempo mi chiami per ritornare da lei sempre alla stessa ora. Sempre nello stesso posto. Sempre in mezzo a questa tempesta di emozioni. Io sarò sempre qui ad aspettarla e a ricordarle che non ci saranno mai catene del tempo a tenermi lontano da lei. O spazi troppo grandi per non essere annegati in un qualcosa di più grande di lui >> Si allontanò dal mio viso con un sorriso leggero sul volto, poi, con la stessa leggerezza di una piuma superò di nuovo il mare di razionalità che ritornava a riempire ciò che avevo appena vissuto.
