Dietro il nome Dohko non c'è un volto, ma un'anima curiosa.
Un osservatore silenzioso che trasforma i pensieri in racconti, le emozioni in parole, e i desideri taciuti in confessioni scritte.
Non chiede di essere creduto, ma ascoltato.
Non cerca giudizi, ma sguardi che si lascino attraversare dal dubbio: e se fosse successo davvero?

Dohko non racconta per scandalizzare, ma per indagare ciò che si muove tra la fantasia e la realtà, tra il detto e il non detto.
Scrive di ciò che abita nei silenzi delle persone comuni, di ciò che la mente costruisce quando il corpo tace.
Ogni racconto è una finestra su un frammento di vita possibile, su un'emozione che nasce, si compie e svanisce lasciando un segno sottile.

La sua scrittura è diretta, intima, quasi visiva.
Racconta l'istante in cui l'immaginazione prende il sopravvento, e ciò che resta dopo: il battito, la memoria, il "vorrei fosse vero".
Nelle sue parole convivono curiosità e nostalgia, passione e malinconia, sogno e realtà.
Forse Dohko non esiste davvero.
Forse è solo la parte nascosta di chiunque abbia mai desiderato vivere una storia che non ha avuto il coraggio di scrivere.

Non importa chi sia.
Importa solo che leggendolo, ognuno possa riconoscersi almeno per un istante - e chiedersi, in silenzio, quanto di ciò che è scritto è davvero finzione.