Ho deciso più o meno all'età di nove anni che da grande avrei fatto la scrittrice. Non un attimo di indecisione. Appena scoprii cosa mi piaceva fare, presi un quaderno e una matita e cominciai a scrivere. A quei tempi ero molto piccola e quindi molto entusiasta di una scoperta del genere, naturalmente. Vedevo i miei compagni che disegnavano e creavano capolavori che manco Caravaggio, altri che sapevano fare dei discorsi da Oscar davanti a tutta la classe senza vergognarsi per niente (cosa che io non sarei riuscita a fare neanche sotto tortura), o magari alcune mie compagne femmine che avevano una voce d'angelo e che stavano sempre in prima fila durante le performance musicali delle recite scolastiche. Fatto sta che mi sentivo inutile in mezzo a tutti quei talenti. Finché un giorno la mia maestra di italiano ci ha fatto fare un tema e al momento della riconsegna si è complimentata con me, perché secondo lei avevo 'un bel modo di scrivere'.  A quel punto mi ha chiesto se leggevo molti libri. Io in effetti in quel periodo non facevo altro che leggere, ma non avevo mai pensato di scrivere. La maestra, però mi fece venire quest'idea, che a quei tempi consideravo geniale.
Naturalmente, come ho detto, a quei tempi ero giovane e ingenua, ma ci sono molte cose che ho imparato solo con il tempo. Una di queste è che non si può mai essere migliore degli altri, semmai si può essere diversi dagli altri. All'inizio, quando ormai quest'idea di fare la scrittrice mi era già entrata in testa, ogni volta che leggevo un libro pensavo "Cavolo, io non riuscirò mai a scrivere così bene". E così entravo in depressione e non scrivevo più per un certo periodo. Ci ho messo un sacco di tempo però per capire che non devo cercare di scrivere meglio degli altri, ma devo scrivere in modo diverso dagli altri. Ogni scrittore ha il suo stile e il suo modo di esprimersi. E così ho cominciato ad elaborare uno stile non proprio da best-seller, ma avendo la consapevolezza che fosse mio e di nessun altro.