MariaPalmalazzarino
Dove sei?perche’ non favelli?
@LordSilvius
7
Works
5
Reading Lists
650
Followers
Buongiorno a tutti voi. Oggi vi lascio il pensiero, su ciò che riguarda la scrittura, di Aravind Adiga: "Ogni libro è una specie di lotta, ed è un miracolo quando esce. Vedete, i poveri sognano per tutta la vita di avere abbastanza da mangiare e di apparire come i ricchi. E cosa sognano i ricchi? Perdere peso e apparire come i poveri. Il libro della tua rivoluzione è nella tua pancia, giovane indiano. Sputalo e leggilo. Invece, se ne stanno tutti seduti davanti a televisori a colori a guardare pubblicità di cricket e shampoo. La storia della vita di un povero uomo è scritta sul suo corpo, con una penna affilata. In termini di istruzione formale, potrei essere un po' carente. Non ho mai finito la scuola. Sono un imprenditore autodidatta, il migliore che ci sia, fidatevi. In un certo senso, essere uno scrittore a tempo pieno è meno divertente perché non c'è più un ufficio dove andare, non c'è una routine fissa, non c'è un orario. Può essere piuttosto isolante. Strani pensieri si formano nel tuo cuore quando passi troppo tempo con vecchi libri. Quando scrivevo "La Tigre Bianca", vivevo in un edificio praticamente identico a quello descritto in questo romanzo, e le persone presenti nel libro sono le stesse con cui vivevo all'epoca. Quindi non ho dovuto fare molte ricerche per trovarle. In un certo senso, il giornalismo può essere sia utile che dannoso per uno scrittore di narrativa, perché il tipo di scrittura che si deve fare come giornalista è molto diverso. Deve essere chiaro, inequivocabile, conciso, e come scrittore spesso si cerca di fare cose più ambigue. Trovo che scrivere narrativa sia spesso un antidoto al leggere e scrivere troppo giornalismo. È sempre stato molto difficile per gli scrittori sopravvivere commercialmente in India, perché il mercato era molto piccolo. Ma oggi non è più così. È uno dei mercati letterari più dinamici e in più rapida crescita al mondo, soprattutto in lingua inglese."
Aravind Adiga è uno scrittore e giornalista indiano. Subito dopo essersi dimesso dal suo incarico al Time, Adiga inizia a scrivere il suo romanzo d'esordio, The White Tiger che, pubblicato nel marzo 2008, vince il Booker Prize quello stesso anno. Adiga è il quarto autore indiano a vincere il premio, dopo Salman Rushdie, Arundhati Roy e Kiran Desai. Spinto principalmente dalla vittoria del Booker Prize, l'edizione indiana con copertina rigida di The White Tiger ha venduto più di 200.000 copie. Il libro ha ricevuto il plauso della critica. USA Today lo ha definito "uno dei libri più potenti che abbia letto negli ultimi decenni", paragonandolo a Native Son di Richard Wright e Invisible Man di Ralph Ellison. Il Washington Post lo ha definito: "una descrizione scottante dei meccanismi interni della corrotta classe alta indiana: fresca, divertente, diversa. Il secondo libro di Adiga, Between the Assassinations, è una raccolta di racconti ambientata in una città costiera immaginaria in India ed è stato pubblicato in India nel novembre 2008 e negli Stati Uniti e nel Regno Unito a metà del 2009. Il suo terzo libro, Last Man in Tower, è stato pubblicato negli Stati Uniti nel settembre 2011. Il suo romanzo successivo, Selection Day, è stato pubblicato negli Stati Uniti nel gennaio 2017. Amnesty, pubblicato nel febbraio 2020, è un romanzo su un immigrato clandestino dello Sri Lanka che vive in Australia ed è stato selezionato per il Miles Franklin Award 2021.
Dove sei?perche’ non favelli?
Buongiorno a tutti voi. Oggi vi lascio il pensiero, su ciò che riguarda la scrittura, di Aravind Adiga: "Ogni libro è una specie di lotta, ed è un miracolo quando esce. Vedete, i poveri sognano per tutta la vita di avere abbastanza da mangiare e di apparire come i ricchi. E cosa sognano i ricchi? Perdere peso e apparire come i poveri. Il libro della tua rivoluzione è nella tua pancia, giovane indiano. Sputalo e leggilo. Invece, se ne stanno tutti seduti davanti a televisori a colori a guardare pubblicità di cricket e shampoo. La storia della vita di un povero uomo è scritta sul suo corpo, con una penna affilata. In termini di istruzione formale, potrei essere un po' carente. Non ho mai finito la scuola. Sono un imprenditore autodidatta, il migliore che ci sia, fidatevi. In un certo senso, essere uno scrittore a tempo pieno è meno divertente perché non c'è più un ufficio dove andare, non c'è una routine fissa, non c'è un orario. Può essere piuttosto isolante. Strani pensieri si formano nel tuo cuore quando passi troppo tempo con vecchi libri. Quando scrivevo "La Tigre Bianca", vivevo in un edificio praticamente identico a quello descritto in questo romanzo, e le persone presenti nel libro sono le stesse con cui vivevo all'epoca. Quindi non ho dovuto fare molte ricerche per trovarle. In un certo senso, il giornalismo può essere sia utile che dannoso per uno scrittore di narrativa, perché il tipo di scrittura che si deve fare come giornalista è molto diverso. Deve essere chiaro, inequivocabile, conciso, e come scrittore spesso si cerca di fare cose più ambigue. Trovo che scrivere narrativa sia spesso un antidoto al leggere e scrivere troppo giornalismo. È sempre stato molto difficile per gli scrittori sopravvivere commercialmente in India, perché il mercato era molto piccolo. Ma oggi non è più così. È uno dei mercati letterari più dinamici e in più rapida crescita al mondo, soprattutto in lingua inglese."
Aravind Adiga è uno scrittore e giornalista indiano. Subito dopo essersi dimesso dal suo incarico al Time, Adiga inizia a scrivere il suo romanzo d'esordio, The White Tiger che, pubblicato nel marzo 2008, vince il Booker Prize quello stesso anno. Adiga è il quarto autore indiano a vincere il premio, dopo Salman Rushdie, Arundhati Roy e Kiran Desai. Spinto principalmente dalla vittoria del Booker Prize, l'edizione indiana con copertina rigida di The White Tiger ha venduto più di 200.000 copie. Il libro ha ricevuto il plauso della critica. USA Today lo ha definito "uno dei libri più potenti che abbia letto negli ultimi decenni", paragonandolo a Native Son di Richard Wright e Invisible Man di Ralph Ellison. Il Washington Post lo ha definito: "una descrizione scottante dei meccanismi interni della corrotta classe alta indiana: fresca, divertente, diversa. Il secondo libro di Adiga, Between the Assassinations, è una raccolta di racconti ambientata in una città costiera immaginaria in India ed è stato pubblicato in India nel novembre 2008 e negli Stati Uniti e nel Regno Unito a metà del 2009. Il suo terzo libro, Last Man in Tower, è stato pubblicato negli Stati Uniti nel settembre 2011. Il suo romanzo successivo, Selection Day, è stato pubblicato negli Stati Uniti nel gennaio 2017. Amnesty, pubblicato nel febbraio 2020, è un romanzo su un immigrato clandestino dello Sri Lanka che vive in Australia ed è stato selezionato per il Miles Franklin Award 2021.
Buongiorno a tutti voi. Oggi vi lascio il pensiero, su ciò che riguarda la scrittura, di Arundhati Roy: "Peccato per la nazione che deve mettere a tacere i suoi scrittori per aver espresso le proprie opinioni. Peccato per la nazione che deve incarcerare chi chiede giustizia, mentre assassini di comunità, assassini di massa, truffatori aziendali, saccheggiatori, stupratori e coloro che approfittano dei più poveri tra i poveri, vagano liberi. In un'epoca in cui l'opportunismo è tutto, in cui la speranza sembra perduta, in cui tutto si riduce a un cinico accordo commerciale, dobbiamo trovare il coraggio di sognare. Di riconquistare il romanticismo. Il romanticismo di credere nella giustizia, nella libertà e nella dignità. Per tutti. Usa la tua arte per combattere. Narrativa e saggistica sono solo tecniche diverse di narrazione. Per ragioni che non comprendo appieno, la narrativa mi abbandona. La saggistica mi viene strappata via dal mondo doloroso e distrutto in cui mi sveglio ogni mattina. Gli scrittori credono di selezionare storie dal mondo. Comincio a credere che sia la vanità a farglielo credere. Che in realtà sia il contrario. Le storie selezionano gli scrittori dal mondo. Le storie si rivelano a noi. La narrazione pubblica, la narrazione privata: ci colonizzano. Ci commissionano. Insistono per essere raccontate. Narrativa e saggistica sono solo tecniche diverse di narrazione. Per ragioni che non comprendo appieno, la narrativa mi sfugge danzando, e la saggistica viene strappata via dal mondo dolorante e distrutto in cui mi sveglio ogni mattina. La letteratura è l'opposto di una bomba nucleare. Lo scrittore è l'ostetrica della comprensione. Faccio quello che faccio e scrivo quello che scrivo, senza calcolare cosa valga cosa e così via. Fortunatamente, non sono un banchiere o un contabile. Sento che c'è un momento in cui è necessario fare una dichiarazione politica, e io la faccio."
Arundhati Roy è una scrittrice indiana di lingua inglese e un'attivista politica impegnata nel campo dei diritti umani, dell'ambiente e dei movimenti anti-globalizzazione. Nel 1997 ha vinto il Premio Booker col suo romanzo d'esordio, Il Dio delle piccole cose (The God of Small Things). Il suo secondo romanzo, a 20 anni dal precedente, si intitola Il ministero della suprema felicità (The Ministry of Utmost Happiness) ed è uscito in contemporanea in Italia, USA e Regno Unito nel giugno 2017. Iniziato nel 1992, Il dio delle piccole cose viene completato nel 1996. Dedicato alla madre, è un libro in parte autobiografico. La maggior parte dei capitoli descrive l'infanzia di Arundhati nel villaggio di Ayemenem, in Kerala. La pubblicazione di questo romanzo catapulta Roy sulla scena letteraria internazionale e viene selezionato fra i libri dell'anno dal New York Times e il romanzo diventa un successo commerciale: Roy riceve mezzo milione di sterline in anticipo e, uscito a maggio, alla fine di giugno risulta pubblicato in 18 paesi. Il dio delle piccole cose riceve recensioni esaltanti dai principali periodici statunitensi come il New York Times e il Los Angeles Times, e da riviste canadesi come The Toronto Star. Il Time lo segnala fra i cinque migliori libri del 1997. Nel Regno Unito, però, le recensioni sono meno positive, e l'assegnazione del Booker Prize provoca polemiche: uno dei giudici, Carmen Callil, definisce il romanzo "esecrabile", aggiungendo che non avrebbe mai dovuto raggiungere la shortlist. In India, il libro viene criticato dal primo ministro del Kerala E. K. Nayanar, che ne attribuisce il successo non a meriti letterari, ma al "veleno anticomunista" contenuto nelle sue pagine; sempre in Kerala, un avvocato cristiano siriaco denuncia la scrittrice per oscenità.
Buongiorno a tutti voi. Oggi vi lascio il pensiero, su ciò che riguarda la scrittura, di Albert Camus: "Di tutte le attività umane, scrivere è quella per cui è più facile trovare scuse per non iniziare: la scrivania è troppo grande, la scrivania è troppo piccola, c'è troppo rumore, c'è troppo silenzio, fa troppo caldo, troppo freddo, troppo presto, troppo tardi. Nel corso degli anni ho imparato a ignorarle tutte e a iniziare semplicemente. Non è la lotta che ci obbliga a essere artisti, è l'arte che ci obbliga a lottare. Quelli che scrivono con chiarezza hanno dei lettori, quelli che scrivono in modo ambiguo hanno dei commentatori. Senza cultura e la relativa libertà che ne deriva, la società, anche se fosse perfetta, sarebbe una giungla. Ecco perché ogni autentica creazione è in realtà un regalo per il futuro. Un romanzo non è mai altro che una filosofia tradotta in immagini. Lo scopo di uno scrittore è evitare che la civiltà distrugga sé stessa. Dopo che tutti i diversi professori hanno fatto del loro meglio per noi, il posto dove acquisire conoscenza è nei libri. La vera università di questi giorni è una collezione di libri. Dando troppa importanza alle buone azioni si finisce col rendere un omaggio indiretto e potente al male: allora, infatti, si lascia supporre che le buone azioni non hanno pregio che in quanto sono rare e che la malvagità e l'indifferenza determinano assai più frequentemente le azioni degli uomini...Il male che è nel mondo viene quasi sempre dall'ignoranza, e la buona volontà può fare guai quanto la malvagità, se non è illuminata. Gli uomini sono buoni piuttosto che malvagi, e davvero non si tratta di questo; ma essi più o meno ignorano, ed è quello che si chiama virtù o vizio, il vizio più disperato essendo quello dell'ignoranza che crede di saper tutto e che allora si autorizza a uccidere.”
Albert Camus è stato uno scrittore che divenne noto per il suo giornalismo politico, con romanzi e saggi pubblicati nel corso degli anni Quaranta. Le sue opere più note, tra cui "L'Étranger" e "La Peste", sono esempi della sua filosofia dell'assurdo. Camus vinse il Premio Nobel per la letteratura nel 1957. La tubercolosi, che lo colpisce giovanissimo, gli impedisce di frequentare i corsi e di continuare a giocare a calcio, sport nel quale eccelleva come portiere, oltre a ostacolare l'altra sua passione, quella di attore teatrale. Il 4 gennaio 1960 Albert Camus muore in un incidente d'auto. Ma sulla sua morte alcuni hanno espresso seri dubbi su un possibile attentato del KGB, per le sue ripetute denunce sull'invasione sovietica in Ungheria e per un discorso in favore del Nobel allo scrittore dissidente Boris Pasternak. Nelle sue tasche fu trovato un biglietto ferroviario non utilizzato, segno che probabilmente aveva pensato di usare il treno, cambiando idea all'ultimo momento. In passato aveva più volte sostenuto che il modo più assurdo di morire sarebbe stato proprio in un incidente automobilistico.
Buongiorno a tutti voi. Oggi vi lascio il pensiero, su ciò che riguarda la scrittura, di Chinelo Okparanta: "Ho capito che per molte persone assistere a una lettura è come guardare la televisione alla fine di una lunga giornata. Non vogliono essere tristi, ma ridere. Probabilmente preferiranno le sitcom ai film horror. Così ho imparato che, mentre la maggior parte della narrativa può contenere un bel po' di tristezza, conflitto e tragedia, in un contesto di lettura, il pubblico medio sembra in grado di tollerare solo un po' di tristezza. Preferirebbero di gran lunga che la lettura fosse sexy, divertente e spiritosa. La vita è dura di questi tempi. C'è più che abbastanza tristezza nel mondo, quindi non posso biasimarli. La felicità è come l'acqua. Cerchiamo sempre di afferrarla, ma ci scivola sempre tra le dita. Quando viviamo nella nostra piccola bolla privilegiata, è comodo fingere che tutto vada bene nel mondo, che tutti godano degli stessi privilegi che abbiamo noi. Dimentichiamo convenientemente che ci sono altri, a volte i nostri stessi vicini di casa, che soffrono in modi che noi non tocchiamo. La vergogna è il potere che diamo agli altri perché lo esercitino su di noi."
Chinelo Okparanta è una scrittrice nigeriano-americana nata a Port Harcourt, in Nigeria, dove è cresciuta fino ai 10 anni per emigrare poi negli Stati Uniti insieme alla sua famiglia. Chinelo ha studiato alla Pennsylvania State University e attualmente è professoressa associata di inglese e scrittura creativa alla Bucknell University, a Lewisburg, sempre in Pennsylvania. L'autrice ha esordito nel 2013 con la raccolta di racconti La felicità è come l’acqua, pubblicata in Italia da Racconti Edizioni, a cui ha fatto seguito nel 2015 questo suo romanzo d’esordio, Sotto gli alberi di udala. Nel 2017 la rivista Granta l’ha selezionata come una dei migliori 21 autori americani sotto i 40 anni. Nel 2014 ha ricevuto l’O. Henry Prize ed è stata premiata due volte con il Lambda Literary Award.
Buongiorno a tutti voi. Oggi vi lascio il pensiero, su ciò che riguarda la scrittura, di Ngugi wa Thiong'o: "Il bello della scrittura è che quando scrivi romanzi o narrativa, le persone possono vedere che i problemi di una regione sono simili ai problemi di un'altra regione. Potremmo apprezzare reciprocamente le nostre lingue. E il problema del disagio causato dalle nostre lingue scomparirebbe. In termini linguistici, l'inglese è molto dominante rispetto alle lingue africane. Questo di per sé è un rapporto di forza – tra lingue e comunità – perché la lingua inglese è determinante nel percorso verso il successo. Se un romanzo è scritto in una certa lingua, con certi personaggi di una determinata comunità e la storia è molto bella o illuminante, allora quell'opera viene tradotta nella lingua di un'altra comunità: allora i lettori iniziano a vedere, attraverso la loro lingua, che i problemi descritti lì sono gli stessi che stanno affrontando loro. Possono identificarsi con personaggi di un altro gruppo linguistico. Scrivere in lingue africane è diventato un argomento di discussione in conferenze, scuole, aule; la questione viene sollevata di continuo, quindi non è più "nascosta", per così dire. Fa parte del dibattito in corso sul futuro della letteratura africana. Le stesse domande si pongono nelle lingue dei nativi americani, nelle lingue native canadesi, e in alcune lingue europee marginalizzate, come l'irlandese. Quindi, quello che pensavo fosse solo un problema o una questione africana è in realtà un fenomeno globale che riguarda i rapporti di potere tra lingue e culture. Per me è stata una rivelazione, in senso pratico, scoprire che si poteva scrivere in una lingua africana e raggiungere comunque un pubblico che andava oltre quella lingua attraverso l'arte della traduzione. Scrivo per quelle persone in Kenya, ma anche a Irvine e a New York. A ogni scrittore piace trovarsi nei pressi del luogo in cui svolge la sua opera."
Così, mentre si trova nel carcere di Kamiti, Ngugi scrive il suo primo romanzo in gikuyu, Caitaani mũtharaba-Inĩ ("Diavolo in croce") su alcuni rotoli di carta igienica. Dopodiché pubblicòa il saggio Decolonizing the Mind: The Politics of Language in African Literature ("Decolonizzare la mente: la politica della lingua nella letteratura africana"), in cui sostiene l'importanza delle lingue africane in letteratura. Infine pubblica una delle sue opere di maggior successo, Matigari, una satira basata su una fiaba tradizionale kikuyu. La sua ultima opera (la prima dopo circa un ventennio di silenzio), Wizard of the Crow, vine pubblicata nel 2006. Ngugi muore nel 2025 all'età di 87 anni e di lui hanno detto che è un titano della letteratura africana.
Ngugi wa Thiong'o, noto anche come James Ngugi, è stato uno scrittore, poeta e drammaturgo keniota, considerato uno dei principali autori della letteratura africana e ha scritto romanzi, opere teatrali, racconti, saggi e opere per bambini, sia in inglese che in lingua kikuyu. Per questo fu più volte proposto come candidato al premio Nobel per la letteratura. Ngugi scrive il suo primo romanzo, Se ne andranno le nuvole devastatrici (Weep Not, Child), durante gli anni di studio all'Università di Leeds, in Inghilterra. Il successivo The River Between affronta per la prima volta il tema della rivolta dei Mau-Mau, ponendola sullo sfondo di una storia d'amore contrastata dal conflitto fra cristiani e non-cristiani. Ma la svolta letteraria e politica viene con A Grain of Wheat "Un chicco di grano", romanzo nel quale Ngugi esprime per la prima volta posizioni esplicitamente marxiste-fanoniste. Nel libro rappresenta la difesa della proprietà collettiva della terra come strumento fondamentale di riscatto per il popolo keniota. Anche in questo caso ambienta la storia nel Kenya della ribellione Mau-Mau, descritta in toni quasi epici. Poco tempo dopo la pubblicazione di A Grain of Wheat, Ngugi rinnega la propria fede cristiana e l'uso della lingua inglese, abbandona anche il suo nome "coloniale" James Ngugi e adotta quello completamente kikuyu di Ngũgĩ wa Thiong'o. Successivamente inizia a scrivere esclusivamente nella lingua nativa del suo popolo, il kikuyu, e in swahili, e inizia a esprimere posizioni politiche sempre più apertamente ostili al potere politico di quegli anni. Riesce, tuttavia, a ottenere e mantenere una cattedra presso l'Università di Nairobi. Però l'opera teatrale Ngaahika Ndeenda ("Mi sposerò quando lo vorrò",) causa il suo arresto, ordinato dal vicepresidente Daniel arap Moi.
Buongiorno a tutti voi. Oggi vi lascio il pensiero, su ciò che riguarda la scrittura, di Assia Djebar: "A volte mi assale la paura che questi fragili momenti della vita svaniscano. Sembra che io scriva contro la cancellazione. Scrivere in una lingua straniera mi ha riportato alle grida delle donne che si ribellavano silenziosamente nella mia giovinezza, alle mie vere origini. Scrivere è una delle forme più antiche di preghiera. Scrivere significa credere che sia possibile comunicare con gli altri, che si possa risvegliare la loro generosità e il loro desiderio di fare meglio. Scrivere è un'attività autodidatta. Consultare altre persone ti insegna solo a dipendere dalle loro reazioni, che possono essere legittime o meno. Smetti di cercare l'approvazione... Impara a valutare il tuo lavoro con occhio imparziale... le lezioni che acquisirai saranno ancora più preziose perché avrai padroneggiato la tua arte dall'interno."
Assia Djebar, pseudonimo di Fatima-Zohra Imalayène, è stata una scrittrice, poetessa, saggista, regista e sceneggiatrice algerina. Esponente del pensiero femminista, il tema principale delle sue opere è la condizione della donna in Algeria. Considerata una delle più influenti scrittrici maghrebine, è stata la prima autrice del Maghreb a essere ammessa all'Académie française. Assia scrive il suo primo romanzo, La soif, nel 1957. Ma per timore della reazione della sua famiglia, sceglie di scrivere con lo pseudonimo di Assia Djebar: “assia” significa consolazione e “djebar” intransigenza, uno dei 99 nomi del profeta Maometto. Nel 1958 pubblica il suo secondo romanzo, Les impatients, e nel 1959 il generale de Gaulle in persona chiede la sua ammissione all’École, per "meriti letterari". In quello stesso anno inizia a studiare e insegnare storia moderna e contemporanea del Maghreb alla facoltà di lettere di Rabat Assia muore nel 2015 per complicazioni dovute all'Alzheimer a 78 anni, nella capitale francese dove ha trascorso buona parte della sua vita.
Buongiorno a tutti voi. Oggi vi lascio il pensiero, su ciò che riguarda la scrittura, di Karl Ove Knausgård: "Non mi interessano le parole o il loro significato. Mi interessa scomparire completamente, non essere affatto consapevole di me stesso. È così che funziona la musica per me. È puramente emotiva. Arriva dritta al cuore. Non ci sono spiegazioni. È così e basta. Dire ciò che si ritiene che gli altri vogliano sentirsi dire è, ovviamente, una forma di menzogna. Viviamo nel migliore dei mondi. Eppure, è come se avessimo perso qualcosa lungo il cammino: il senso della vita. Non posso saperlo con certezza, potrei essere l'unico ad averlo perso. Forse tutti gli altri vivono il presente, pensando di stare bene. Comunque, questo mi ha motivato a scrivere i libri. Penso che la letteratura migliore abbia un nucleo che non può essere legato a un tempo o a un luogo, ma che può generare molti significati e traduzioni. Cerco di scrivere di piccole cose insignificanti. Cerco di scoprire se è possibile dire qualcosa al riguardo. E ci riesco quasi sempre quando mi siedo e scrivo di qualcosa. C'è qualcosa in quella cosa di cui posso scrivere. È molto simile a una prova. Un esercizio, in un certo senso. Penso che ci siano molte somiglianze tra scrittura e musica. La musica è molto più diretta e molto più emotiva, ed è questo il livello a cui voglio arrivare quando scrivo. La scrittura è molto più intellettuale, indiretta e astratta, in un certo senso. La cosa strana della scrittura è che è così facile scrivere un romanzo. È davvero facile. Ma è arrivare al punto in cui è facile che è difficile. La parte difficile è arrivarci. Quando suoni, non pensi, cerchi solo di suonare e di immergerti nella musica. Per me è lo stesso quando la scrittura procede bene. È lo stesso tipo di sensazione. Sono semplicemente immerso nella musica. Non sono le parole, non sono le frasi, non ne sono consapevole. Allora va bene.
Nei romanzi moderni cerco di non lasciarmi andare e di essere qui, ed è per questo che scrivo della mia vita e di me stesso. Ma anche quando lo faccio, c'è sempre un elemento di sparizione in un luogo che non sono io. È "l'altruismo della scrittura". Accade raramente, ma quando succede, ne vale davvero la pena. Un problema dei miei romanzi è che, fin dall'inizio, sono infantili e incredibilmente infantili. Ci sono infantilismo, stupidità, mancanza di saggezza, fantasie. Allo stesso tempo, è lì che si trova la mia creatività. Se cercassi di controllarla e renderla più matura, non verrebbe affatto bene. Sarebbe poco interessante, privo di vivacità.”
Karl Ove Knausgård è uno scrittore norvegese diventato noto in tutto il mondo per una serie di sei romanzi autobiografici, intitolati Min Kamp: "La mia lotta". Dal completamento della serie Min Kamp nel 2011, ha pubblicato anche una serie di quattro libri autobiografici dedicati alle quattro stagioni, oltre a lavori critici sull'arte di Edvard Munch. Ha vinto il Premio Brage nel 2009, il Jerusalem Prize nel 2017 e il Premio Nordico dell'Accademia svedese nel 2019. L'uscita di questo romanzo ha suscitato molto scalpore e molti dibattiti in Norvegia soprattutto perché Knausgård ha descritto dettagliatamente la vita privata della sua famiglia e di alcuni suoi amici e conoscenti. Tuttavia il romanzo ha riscosso un grande successo con molte critiche favorevoli prima ancora che l'ultimo volume fosse pubblicato. Può quindi considerarsi uno dei più grandi successi norvegesi mai pubblicati. Il suo secondo romanzo, En tid for alt (Un tempo per ogni cosa, ha vinto svariati premi, ricevendo anche una nomina per il Premio letterario del consiglio nordico, uno dei premi più prestigiosi a livello letterario per gli stati nordici paragonabile all'IMPAC. Questo romanzo è stato considerato dalla critica newyorchese "un romanzo strano, irregolare e meraviglioso".
Buongiorno a tutti voi. Oggi vi lascio il pensiero, su ciò che riguarda la scrittura, di Linda Olsson: "Spesso si tratta di cose semplici, non è vero? Dicono che dipingere e fotografare siano prima di tutto un vedere. Scrivere sia osservare. La tecnica è secondaria. A volte la semplicità è la più difficile. Prenditi dei rischi! È questo il vero significato della vita. Dobbiamo perseguire la nostra felicità. Nessuno ha mai vissuto la nostra vita; non ci sono linee guida. Fidati del tuo istinto. Accetta solo il meglio. Ma poi cercalo attentamente. Non lasciartelo sfuggire. A volte, le cose belle ci arrivano in modo così silenzioso. E niente arriva completo. È ciò che facciamo di ciò che incontriamo che determina il risultato. Ciò che scegliamo di vedere, ciò che scegliamo di salvare. E ciò che scegliamo di ricordare. Non dimenticare mai che tutto l'amore della tua vita è lì, dentro di te, sempre. I ricordi sembrano affiorare senza un ordine particolare, senza un tempo preciso. Ieri può sembrare lontano quanto l'anno scorso. La mia vita ora è fatta di frammenti, alcuni dei quali sono così accecanti nella loro intensità da rendere tutto il resto indistinguibile. È come se la mia esistenza si fosse estinta in un lampo, e poi il mio universo fosse diventato incomprensibile. Voglio ricordare tutto. Ma forse ho bisogno di più tempo. Concedermi un po' di riposo. Prendere un po' di distanza, per vedere se riesco a individuare uno schema. E affrontare la verità su ciò che è realmente lì."
Linda Olsson è una scrittrice svedese che vive ad Auckland, in Nuova Zelanda. Olsson ha pubblicato nel 2005 il suo primo romanzo Let Me Sing You Gentle Songs, un best seller internazionale che è stato tradotto in 15 lingue. Scrive sia in inglese che in svedese e inizialmente aveva seguito un corso di scrittura creativa a Londra che la incoraggiò a scrivere racconti e, dopo essere arrivata in Nuova Zelanda, vince un concorso di racconti indetto dal Sunday Star Times nel 2003. Quindi si laurea al Master in Scrittura Creativa presso l'Università di Auckland, studiando con Witi Ihimaera e nel 2005 completa il suo primo romanzo Let Me Sing You Gentle Songs (poi ristampato come Astrid and Veronika nel 2007), pubblicato in 25 paesi con il diventare in Svezia un best seller. I suoi romanzi successivi: Sonata for Miriam, The Kindness of Your Nature e The Blackbird Sings at Dusk hanno avuto anch'essi un successo internazionale. Ha completato il suo quinto romanzo, A Sister in My House, nell'aprile 2016. Con lo pseudonimo di Adam Sarafis,la Olsson ha collaborato anche con Thomas Sainsbury al thriller Something is Rotten.
Buongiorno a tutti voi. Oggi vi lascio il pensiero, su ciò che riguarda la scrittura, di Steve Toltz: "Il mio obiettivo di scrittura è semplicemente questa disperazione di riuscire a fare il più possibile. Non è mai una cosa comoda e rilassata. Soprattutto perché conosco così tanto della storia che voglio raccontare e mi sento così lontano dalla fine. In realtà mi sembra lontana cento anni, e ogni ora che non lavoro è un'altra ora che mi separa dalla fine. Non ho un grande rispetto per la realtà o per l'acquisizione dei "fatti" come mezzo per costruire una storia. Negoziare con i ricordi non è facile: come scegliere tra quelli che ansimano di essere raccontati, quelli che stanno ancora maturando, quelli che già si stanno appassendo e quelli destinati a essere mutilati dal linguaggio e a uscirne polverizzati? Cerco di schematizzare. Sono pigro. Annoto i punti di ogni capitolo o serie di capitoli, ma cambiano sempre. Per me è un luogo di evoluzione. Non so davvero chi siano i personaggi. Non so davvero di cosa tratti la storia. Schematizzo e questo mi fa solo muovere. È come se disegnassi mappe false, che poi si rivelano corrette. Abbiamo questa idea atomica del processo, per cui vogliamo credere che il creatore del libro o della serie abbia avuto questa geniale idea fin dall'inizio. Come se ci fosse qualcosa di meno se nasce dal processo di scoperta. Scrivo narrativa, non c'è garanzia che ciò che dico sia veritiero. Come artista puoi usare il tuo disagio, le tue nevrosi e le tue difficoltà e trasformarle in qualcos'altro. Senza questo, sei solo nevrotico e a disagio. Credo che esistano due tipi di scrittori. Credo che ci siano scrittori che sono dei veri e propri narratori e poi ci sono quelli che semplicemente elaborano le loro ossessioni. Credo di essere una combinazione di queste due cose. Sono sempre stato interessato alla paura e credo che sia il principale fattore motivante di tutto, quasi. Dal sesso alla politica."
Steve Toltz è uno scrittore australiano e A Fraction of the Whole ( Una parte del tutto in Italia) è stato il suo primo romanzo ed ha ottenuto un grande successo di critica. È un romanzo comico che racconta la storia di una famiglia di emarginati australiani. La narrazione del romanzo alterna tra Jasper Dean, un ragazzo filosofico e idealista, che cresce per tutto il romanzo, e suo padre, Martin Dean, un filosofo e recluso descritto all'inizio del romanzo come "l'uomo più odiato di tutta l'Australia". Questo è in contrasto con Terry Dean, lo zio di Jasper, che Jasper descrive come "l'uomo più amato di tutta l'Australia". Il romanzo abbraccia l'intera vita di Martin e diversi anni successivi (un intervallo mai specificato nel testo, ma che inizia dopo la Seconda Guerra Mondiale e termina nei primi anni 2000), ed è ambientato in Australia, Parigi e Thailandia. Il romanzo è stato ripetutamente paragonato favorevolmente al romanzo vincitore del premio Pulitzer di John Kennedy Toole A Confederacy of Dunces . A Fraction of the Whole è stato selezionato per il Man Booker Prize e per il Guardian First Book Award del 2008. Il suo secondo romanzo, Quicksand, pubblicato nel 2015, ha vinto il Russell Prize, mentre il suo terzo, Here Goes Nothing, è stato inserito nella longlist per il Nib Literary Award 2022.
Both you and this user will be prevented from:
Note:
You will still be able to view each other's stories.
Select Reason:
Duration: 2 days
Reason: