23 gennaio
Oggi dirò una banalità: riceveremo centinaia - se non migliaia - di giudizi in questa vita. Per lo più negativi. Sarebbe il caso prepararci, forse, ma è praticamente inutile. Ci siamo tutti dentro, fin dalla nascita. Prima i genitori, poi i professori, i colleghi e i datori di lavoro. Chi ci spiegherà la vita. Chi giudicherà il nostro valore. Chi si sentirà in dovere di dirci come vanno le cose.
Ci riempiranno di “se” e di “ma”, fino a farci dubitare di tutto.
La verità, secondo me, è che nessuno dovrebbe avrebbe avere questo diritto: il diritto di confonderci, di farci titubare. Nessuno di noi è nato è per seguire gli altri. Nessuno di noi è nato per inseguire il sì di qualcuno.
Perché più cerchiamo approvazione, più diamo agli altri un potere immenso.
Forse la vera libertà è smettere di chiedere il permesso di essere chi siamo. È avere il coraggio di stare in piedi da soli, di amare ciò che siamo senza bisogno di conferme. Che non significa essere sordi ai consigli o ai feedback, ma riuscire a distinguere ciò che costruisce da ciò che distrugge.
Forse è difficile, forse è impossibile. Forse a parole è tutto più semplice. Forse è per questo che scriviamo. Per lasciare una testimonianza: il segno tangibile che, nonostante tutto, non ci siamo ancora arresi.