Forse fu per via della selva di tegole e comignoli su cui affacciava la finestra, o forse fu per via della notte in attesa al di là del vetro, che Alfonsina, con un balzo, salí sul letto.
Sei mesi prima Carles l'avrebbe scacciata stizzito, lanciandole un rimprovero.
Sei mesi prima Monica avrebbe sbuffato nel sonno, il suo respiro così caldo.
Così vicino.
"Mangi male Carles" aveva sentenziato Pibe mentre disossava il coniglio finito in casseruola quella sera, prima che la luna sorgesse sui tetti di Santiago.
"Troppi conservanti, troppa robaccia chimica" aveva aggiunto, con un cenno del mento alle confezioni di prosciutto che sbucavano dalle borse della spesa. "Prendi mio zio Ernesto: è morto a novantatre anni, mangiando come un bue e scolandosi un litro di vino al giorno. E fotteva ogni santa notte. Mai passata una in bianco."
Eppure nel cuore della notte, nelle ore lente in cui il sonno rimaneva lì ad un palmo di naso da Carles, la digestione diventava l'ultima delle ragioni plausibili.
"L'insonnia", aveva spiegato il dottor Aguilar scribacchiando la prescrizione sul blocco di carta intestata, "deriva da uno stato di stress prolungato e accumulato nel tempo. Dovresti cercare di rilassarti Carles, provare a cambiare aria." Si era sporto sulla scrivania spingendo il foglio zeppo di zampe di gallina verso di lui.
"Prenditi una settimana di vacanza. Ho sentito che Marbella è meravigliosa in questo periodo dell'anno. Intanto prova con questo: venti cinque gocce prima di metterti a letto."
Carles rincasò con una piccola speranza ripiegata in tasca e un dubbio che gli ronzava in testa mentre appoggiava la boccetta sul comodino.
Quella sera stessa mentre lui cenava da solo, Alfonsina chiuse la questione spingendo il flacone di sonnifero oltre il bordo del ripiano.
( Sottofondo : Luna de Santiago - Carles Benavides )