andreaz71

In ciascuno di noi c’è una piccola bambina o un piccolo bambino che soffre. Da piccoli, tutti abbiamo trascorso momenti difficili e molti hanno subito traumi. “Spesso cerchiamo di dimenticare i periodi dolorosi per proteggerci e difenderci da future sofferenze. Ogni volta che entriamo in contatto con l’esperienza della sofferenza, crediamo di non poterla sopportare e ricacciamo sentimenti e ricordi giù, in fondo al nostro inconscio. Forse non ci curiamo da diversi decenni di quel bambino dentro di noi. Ma il fatto che lo abbiamo ignorato non significa che non sia comunque lì.[..] Il bambino ferito chiede cura e amore, e noi invece ci comportiamo in modo opposto. Anche se abbiamo tempo, non torniamo a prenderci cura di noi stessi, ma cerchiamo di tenerci costantemente occupati.[..] La bambina e il bambino feriti sono presenti in ogni cellula del nostro corpo, non c’è cellula che non li contenga. Non è necessario andarli a cercare lontano nel nostro passato; è sufficiente che guardiamo in profondità e possiamo entrare in contatto con lei o con lui. La sofferenza di quel bambino o di quella bambina ferita abita in noi proprio ora, nel momento presente.[..] Ma proprio come in ogni cellula del nostro corpo è presente la sofferenza, così sono presenti anche i semi della comprensione risvegliata e della felicità.. C’è una lampada in noi…il respiro, i passi, il sorriso gioioso sono l’olio con cui accendiamo la lampada della presenza mentale: la luce si diffonde e l’oscurità si dissolve e cessa. Questa è la pratica che dovremmo imparare.” di Thich Nhat Hanh da Fare Pace con Se Stessi

andreaz71

In ciascuno di noi c’è una piccola bambina o un piccolo bambino che soffre. Da piccoli, tutti abbiamo trascorso momenti difficili e molti hanno subito traumi. “Spesso cerchiamo di dimenticare i periodi dolorosi per proteggerci e difenderci da future sofferenze. Ogni volta che entriamo in contatto con l’esperienza della sofferenza, crediamo di non poterla sopportare e ricacciamo sentimenti e ricordi giù, in fondo al nostro inconscio. Forse non ci curiamo da diversi decenni di quel bambino dentro di noi. Ma il fatto che lo abbiamo ignorato non significa che non sia comunque lì.[..] Il bambino ferito chiede cura e amore, e noi invece ci comportiamo in modo opposto. Anche se abbiamo tempo, non torniamo a prenderci cura di noi stessi, ma cerchiamo di tenerci costantemente occupati.[..] La bambina e il bambino feriti sono presenti in ogni cellula del nostro corpo, non c’è cellula che non li contenga. Non è necessario andarli a cercare lontano nel nostro passato; è sufficiente che guardiamo in profondità e possiamo entrare in contatto con lei o con lui. La sofferenza di quel bambino o di quella bambina ferita abita in noi proprio ora, nel momento presente.[..] Ma proprio come in ogni cellula del nostro corpo è presente la sofferenza, così sono presenti anche i semi della comprensione risvegliata e della felicità.. C’è una lampada in noi…il respiro, i passi, il sorriso gioioso sono l’olio con cui accendiamo la lampada della presenza mentale: la luce si diffonde e l’oscurità si dissolve e cessa. Questa è la pratica che dovremmo imparare.” di Thich Nhat Hanh da Fare Pace con Se Stessi

andreaz71

Chiamami con i miei veri nomi
          
          Non dite che domani me ne andrò,
          perchè oggi stesso continuo ad arrivare.
          Guardate bene: io arrivo in ogni istante per essere la gemma su un ramo di primavera,
          e l’uccellino con le ali ancora deboli che impara a cinguettare nel suo nido,
          e il bruco attorcigliato dentro un fiore,
          e la pietra preziosa nascosta nella roccia.
          Io arrivo sempre, per ridere e per piangere,
          per tremare e per sperare.
          Il ritmo del mio cuore è la nascita e la morte di tutto ciò che vive.
          Sono l’effimera che muta sulla superficie del fiume,
          e anche l’uccello che, tempestivo, la mangerà a primavera.
          Sono la rana che nuota spensierata nello stagno,
          e quella biscia che arriva silenziosa a divorarla.
          Sono il piccolo ugandese pelle e ossa con le gambette stecchite come canne,
          e il mercante di armi che all’Uganda vende ordigni di morte.
          Sono la profuga di dodici anni su una barca,
          che è violentata da un pirata e poi si getta in mare,
          e sono quel pirata, e il mio cuore è ancora cieco e senza amore.
          Sono un membro del Politburo, ho tutto il potere che voglio,
          e sono l’uomo che paga il “debito di sangue” alla sua gente
          morendo a poco a poco in un campo di lavoro.
          Come la primavera è la mia gioia, tanto calda
          da far sbocciare fiori su ogni sentiero della vita.
          Come un fiume di lacrime la mia pena, tanto copioso
          da riempire i quattro oceani.
          Chiamatemi con i miei veri nomi, ve ne prego,
          così potrò ascoltare tutto il mio pianto e tutto il riso insieme,
          potrò vedere la mia gioia e la mia pena come un’unica cosa.
          Chiamatemi con i miei veri nomi, ve ne prego,
          così potro svegliarmi,
          e la porta del cuore resterà spalancata:
          la porta della compassione.
          
          (Thich Nhat Hanh, monaco zen vietnamita, poeta e costruttore di pace)