avrtlou
quando cala la notte e nessuno è sveglio l’unico ad esserlo è il tuo cervello.
ti affacci e vedi la luna. la guardi attentamente, le chiedi consiglio, la preghi di asciugarti le lacrime che scorrono inarrestabili, vorresti che ti strappasse via tutti i pensieri che arrivano con il calar del buio. quei pensieri intrusivi, ossessivi, che ti scavano dentro e che vorresti far scivolar via.
accendi una sigaretta, nella speranza di vederli bruciare, quando stai solamente danneggiando ulteriormente l’anima. quell’anima confusa, smarrita. non crede più in nulla.
trovi rifugio nel silenzio del mondo e vieni tormentato da quello della tua mente che ti gioca sempre brutti scherzi.
vorresti fermarla. vorresti essere lì, tra le stelle, essere coccolato dal bagliore di quella pietra luminosa; ma ti ritrovi a sentirti accecato dai lampioni, gli unici ad essere accesi, gli unici che sembrano darti quel senso di luce, di speranza, nell’attesa che tutto possa andar via insieme allo spegnersi delle luci. ma sei tu quello che si sta spegnendo, piano, in modo inevitabile e irrefrenabile. pare che tutto stia crollando a pezzi insieme alla notte.
ma poi arriva un altro giorno, uguale se non peggio del precedente, e ti ritrovi sempre nello stesso circolo vizioso con lo stesso desiderio: porre fine a tutto, perché non riesci a trovare un rimedio. quello spiraglio in fondo al tunnel che sembra farsi sempre più lontano, sempre più fioco e assopito dall’oscurità della galleria. in quel momento, forse come mai prima di allora, ti rendi conto della solitudine e della paura. la paura del buio, di non farcela, dell’insuccesso, della infelicità. ci provi a risalire dal baratro, ci provi ad aggrapparti con tutte le tue forze. con la luce del sole, però, corrono via tutte quelle insicurezze per dare vita ad un giorno nuovo, in attesa della prossima notte, che ti divorerà più dell’antecedente e ancor meno di quella successiva.
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avrtlou
è uno sfogo senza alcun filo logico, non ho neanche riletto. è un esercizio che ci faceva fare la mia professoressa di italiano alle superiori. scrittura creativa la chiamava.
lasciavi correre la penna sul foglio senza fermarti, senza rileggere, senza correggere, per un determinato periodo di tempo pre impostato.
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avrtlou
mia cara luna, prenditi i miei macigni e mettili al proprio posto, tappa i tuoi crateri come faresti con i miei. prenditi il mio dolore come se fosse la tua cura, come se fosse l’unico modo per riuscire a brillare, sera dopo sera, sempre di più.
mia cara luna, a te devo tanto, anche se neanche stasera sei riuscita ad asciugare le mie lacrime e rimarginare le mie ferite.
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