Recensione di Dangerous
Ci sono storie che brillano per le loro trame intricate e altre che colpiscono direttamente al cuore attraverso personaggi che sembrano parlare con la nostra stessa voce interiore. Dangerous è una di queste storie. Non è solo una sequenza di eventi o una descrizione di ambienti sfavillanti; è un tuffo nelle vite di ragazzi che, nonostante la patina dorata delle loro esistenze, lottano con paure, solitudini e segreti che non osano confessare nemmeno a sé stessi.
L'ambientazione è chiara fin dalle prime righe: New York, con il suo fascino spietato e i suoi angoli oscuri. Ma non è tanto la città a raccontare questa storia quanto i personaggi che la abitano. Kiara, Nolan, Noah e Nicole non sono solo adolescenti privilegiati con vite perfette: sono frammenti di un mosaico complesso, ciascuno con una crepa che lascia intravedere la loro fragilità.
Kiara è l'immagine della perfezione gelida, una bellezza eterea che cela un'anima tormentata. Nolan, con il suo fisico atletico e il suo sorriso da copertina, rappresenta il lato più sfacciato e spensierato della giovinezza dorata, mentre Noah è il suo opposto: intenso, riflessivo, con un cuore troppo grande per la gabbia dorata in cui è cresciuto. E poi c'è Nicole, la ragazza perfetta, la cheerleader dalla bellezza mozzafiato e dall'intelligenza tagliente, che incarna l'apice dell'apparenza in un mondo dove l'apparenza è tutto.
Eppure, dietro ogni battuta scambiata nei corridoi della scuola, dietro ogni serata trascorsa tra lussi e promesse vuote, si cela un vuoto che nessuno riesce davvero a colmare. È qui che Dangerous trova la sua forza: nella capacità di trasformare il dramma interiore in parole che risuonano come echi nelle stanze più buie della mente.
La narrazione scivola veloce, come una notte a Manhattan, lasciando dietro di sé una scia di domande senza risposta. Perché a volte, ciò che è "dangerous" non è una minaccia esterna, ma qualcosa che si annida silenziosamente dentro di noi