Scrivere fissa tutto ciò che l’animo gentile dello scrittore teme di perdere.
Diventa sfogo nella misura in cui la profondità di uno scrittore spesso impedisce di centrare a pieno un argomento tortuoso.
Diventa conforto quando lo scritto esorcizza una paura e se la pone di fronte, fissata, incancellabile, così da ricordarsi sempre che non può più farlo cedere, perché ormai l’ha tirata fuori e l’ha bloccata lì.
Diventa ispirazione, emozione, sprono e riflessione per gli altri quando è solidale.
Diventa la più libera espressione di se stessi quando si decide di gestirla in base alle proprie regole, perché si può, perché la diversità la distingue.
Diventa distrazione salvifica quando lo scrittore si perde nel vortice dei suoi pensieri, ricordandogli di non finire mai nel disincanto, perché lei è lì su carta, tangibile e pronta a tenerlo ancorato alla realtà.
E lo scrittore..
lo scrittore diventa possessore e conoscitore,
ispira e apprende, si lascia accarezzare da tutte le cose non dette ma fissate nell’esistenza. E le legge a bassa voce, per non perderne la verità, come quando ha imparato a leggere gli occhi della persona che ha di fronte.
Vive,così, dell’interpretazione di tutte le anime fissate tra le parole, per questo tocca sempre gentilmente.
Perché quando si scrive della propria anima, non le si creano mai confini. Così tu ci leggi quello che superi.
E il lettore..
Il lettore ci legge ciò di cui ha bisogno in quell’istante, aprendo la propria anima al non confine.
E s’appaga l’animo.
Scrivere è la pace.