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C'era qualcosa di insostenibile nelle cose, nelle persone, nelle palazzine, nelle strade, che solo reinventando tutto come in un gioco diventava accettabile. L'essenziale, però, era saper giocare e io e lei, io e lei soltanto, sapevamo farlo.
          	
          	Elena Ferrante, “L'amica geniale”

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C'era qualcosa di insostenibile nelle cose, nelle persone, nelle palazzine, nelle strade, che solo reinventando tutto come in un gioco diventava accettabile. L'essenziale, però, era saper giocare e io e lei, io e lei soltanto, sapevamo farlo.
          
          Elena Ferrante, “L'amica geniale”

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Quell'episodio mi è rimasto impresso nella memoria: sperimentai per la prima volta la forza di calamita che il mio corpo esercitava sui maschi, ma soprattutto mi resi conto che Lila agiva non solo su Carmela ma anche su di me come un fantasma esigente. Se in una circostanza come quella avessi dovuto prendere una decisione nel puro disordine delle emozioni, cosa avrei fatto? Sarei scappata via. E se mi fossi trovata in compagnia di Lila? L'avrei tirata per un braccio, le avrei sussurrato: andiamo via, e poi come al solito sarei rimasta, solo perché lei, come al solito, avrebbe deciso di restare. Invece, in sua assenza, dopo una breve esitazione mi ero messa al posto suo. O meglio, le avevo fatto posto in me.
          
          Elena Ferrante, “L'amica geniale”

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La scuola, fin dal primo giorno, mi era subito sembrata un posto assai più bello di casa mia. Era il luogo del rione in cui mi sentivo più al sicuro, ci andavo molto emozionata. Stavo attenta alle lezioni, eseguivo con la massima cura tutto quello che mi si diceva di eseguire, imparavo. Ma soprattutto mi piaceva piacere alla maestra, mi piaceva piacere a tutti.
          
          Elena Ferrante, “L'amica geniale”

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Abbandonò il suo strumento sul pavimento, quindi disse serio:
          – Fatto.
          – Bravo, – mormorai e mi venne in mente che viviamo per tutta la vita come se il nostro continuo misurare e misurarci rimandasse a una verità inconfutabile; poi in vecchiaia ci rendiamo conto che si tratta solo di convenzioni, tutte sostituibili in ogni momento con altre convenzioni, e l'essenziale è affidarsi a quelle che ci sembrano di volta in volta più rassicuranti.
          
          Domenico Starnone, “Scherzetto”

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Il mio corpo era stato vuoto sempre, fin dall'adolescenza, fin dall'infanzia, fin dalla nascita. Avevo preso un abbaglio su me stesso, ero diventato per mia caparbietà quello che non era adatto a diventare. Certo, avevo lavorato sodo e avevo avuto fortuna. Alle lodi dell'infanzia si erano saldati un discreto consenso e un cospicuo successo. Ma non c'era scampo, ero senza virtú, ero vuoto. Il precipizio non si trovava oltre la ringhiera, il precipizio era in me. E questo non riuscivo a sopportarlo. Il secchio me lo sarei calato dentro dalla bocca, pur di tirarmi via la vuotezza.
          
          Domenico Starnone, "Scherzetto"

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Io solo c'ero, fuori dal comune, gliel'aveva assicurato il maestro. E lei lo raccontava a mio padre, a chiunque, cosa che mi causava una grande contentezza. Di quella frase ero colmo fino agli occhi, ne sono stato colmo per tutta la vita, anche se dubbi ne ho avuti parecchi. Cos'erano realmente le grandi cose? Cosa le distingueva dalle piccole? Dov'era l'autorità che stabiliva se le mie cose erano grandi o piccole?
          
          Domenico Starnone, “Scherzetto”

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Avevo imparato a sfocare ogni sentimento, ridurre a quasi nulla la reattività, non sentire né amore né dolore, spacciare per comprensione l'assenza di ogni carnale, palpitante affettività.
          
          Domenico Starnone, “Scherzetto”

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Anche per quello avevo una mia disposizione: tacere per non urtare, per non indispettire, e parlare solo per essere d'accordo, per mostrare simpatia, per lodare, per essere amico di tutti, assolutamente di tutti, vale a dire di nessuno, e cosí apparire innocuo, e perciò frequentabile, e intanto accumulare disprezzo per chiunque, e nuocere di nascosto.
          
          Domenico Starnone, “Scherzetto”

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Se nel corpo di Mario la fisica e la chimica piú segrete erano gioiosamente violente, nel mio erano tristi, dolorosamente malinconiche, le loro equazioni e reazioni s'erano fatte sempre piú abusate, sempre meno risolte, come in esercizi di studenti svogliati.
          
          Domenico Starnone, “Scherzetto”