Quando ho la febbre riguardo The Owl House e Dead Poets Society finché ho mal di testa. 
Decanto poemi che non riesco mai a imprimere su carta. Mi innamoro del suono delle parole.
Adoro il cioccolato, i Pinguini Tattici Nucleari, l'odore dei libri, ma anche Ariete e le altalene.
Sono parecchio caotica ma rassetto la scrivania ogni volta che sono nervosa perciò in genere è abbastanza ordinata. 
Sono infatuata del colore del cielo, della sua mutevole trama, del suo umore irriverente. Trovo che il contrasto tra il candore delle margherite e i prati brillanti sia l'opera d'arte più preziosa che la natura abbia mai creato.
Sono una «grafomane», una che «scrive tanto» come ha detto un mio insegnante ma che in realtà non fa mai abbastanza, non è mai abbastanza. 
Due sono le cose che più fra tutte mi incuriosiscono (e quindi finiscono nei miei testi): l'amore, in ogni sua sfaccettatura, e il coacervo di insicurezze, dubbi e pensieri che ho in testa. 
Il mio tipo di persona sono quelli che si fermano mentre ti allacci le scarpe. Quelli che si prendono tempo per conoscerti e poi ti dimostrano la loro attenzione nei piccoli dettagli. Quelli che sorridono con gli occhi, che si emozionano facilmente.
Il venerdì è il mio giorno preferito perché lo trascorro in biblioteca e poi tra le vie della città della mia scuola, insieme a persone che stanno curando ferite di cui non sono né responsabili né consapevoli. Sono grata di averle incontrate.
Le ore che trascorro lontana dalla negatività dei miei genitori sono quelle tendenzialmente serene. A scuola trascorro buona parte del tempo a scarabocchiare su un'agenda che a malapena si chiude per quanto spessa. A casa faccio di tutto tranne che uscire dalla mia stanza. Ci sto bene, che volete fare.
Sono convinta che si possa scegliere di essere felici.
Potete chiamarmi Josie, come quel barista di uno Starbucks norvegese che ha sbagliato a scrivere il mio nome, o Ivy, come l'edera, custode di storie. Questa, a grandi linee, sono io.